repubblica.it, 30 marzo 2025
“Mio figlio al nido leggeva già i cartelli stradali”: i bimbi plusdotati, spesso incompresi a scuola
«Mio figlio ha cominciato a leggere al nido, mi leggeva i cartelli stradali mentre viaggiavamo in automobile. Inquietante, vero?», alza la testa una mamma seduta in terra, mentre prende appunti. Un’altra ha scoperto la plusdotazione del figlio quando aveva tre anni, perché «aveva grandissimi disagi sociali, a scuola picchiava tutti, mordeva le maestre. Abbiamo chiesto un supporto e la nostra neuropsichiatra ha suggerito di fargli fare una valutazione: è venuto fuori che aveva le capacità intellettive di un bimbo di sei. A scuola si annoiava: voleva fare giochi diversi, puzzle, inventarsi storie di galeoni». Marco, plusdotato di 15 anni, dal palco racconta: «Quando ho trovato un contesto di gentilezza sono stato meglio». Sono supersensibili, curiosi, pieni di energia, hanno un fortissimo senso della giustizia, il loro cervello viaggia velocissimo, ma spesso la scuola li vede solo come un problema. Collezionano note, hanno difficoltà relazionali. Sono difficili da gestire per i genitori, «perché – racconta una mamma – per tanti aspetti mio figlio è molto più grande della sua età, ma per altri resta un bambino di tre anni, che fa gli scherzi di un bambino di tre anni e ha l’emotività di un bambino di tre anni». Un’altra mamma, Valeria Vila, sottolinea l’importanza di una valutazione precoce: «Mio figlio adesso ha 13 anni e arriva a casa con una nota diversa ogni giorno – spiega – Combina guai per divertirsi, perché si annoia, me lo dice. Mia figlia minore invece, anche lei plusdotata, frequenta le elementari montessoriane e si è sempre trovata bene. Oggi si era offerta di accompagnarmi qui per darmi un supporto emotivo, ha detto proprio così. E ha 10 anni».
C’era la fila fuori dalla porta, ieri mattina, alla sala Stabat Mater dell’Archiginnasio per “Non chiamateli geni”, il primo convegno organizzato dall’associazione Gifted, fondata dai genitori di bambini plusdotati (per adesso gli iscritti sono un centinaio). Si sono conosciuti su Facebook, e incontrarsi – ripetono tutti – è stato fondamentale. Il primo passo. Molti di loro hanno riletto anche la propria storia personale. Perché molto spesso è una faccenda genetica, questa storia della plusdotazione. «Per combattere la noia io da piccola ho studiato di più – ricorda Ligia Gabani, 36 anni, mamma di un bimbo plusdotato – le unghie colorate e le band musicali non mi interessavano, io volevo ascoltare musica classica e leggere Dante, ma poco a poco mi sono conformata. Ho proprio preso la forma delle altre bambine». L’antropologo Riccardo Vedovato dal palco cita un esperimento che fanno in India, «dove cercano i bambini gifted nelle aree rurali per favorire la crescita della nazione. Invece qui – sottolinea – la plusdotazione è qualcosa che non tutti possano permettersi, perché le certificazioni costano». Trecento euro a test, di media.
Per l’assessore Daniele Ara quello della plusdotazione «è un tema relativamente nuovo, sul quale vorremmo accendere di più i riflettori. L’Asl – precisa – è prudente su molte certificazioni». Isabella Conti, l’assessora regionale alla scuola, sottolinea la necessità di «avviare un protocollo per intercettare i bambini plusdotati e supportare gli sforzi delle famiglie». La psicoterapeuta Paola Tinelli parla di «sviluppo asincrono». Sono bambini «con abilità cognitive avanzate, una sensibilità intensificata e una profonda consapevolezza che possono portarli a sentirsi difettosi». Di qui la necessità di creare per loro piani personalizzati, Come, lo spiega Silvia Giordano, formatrice specializzata: «Prima media, lezione sulla fotosintesi clorofilliana. Uno studente alza la mano e chiede: ma le piante possono fare la fotosintesi anche di notte? La classe scoppia a ridere. Io gli chiedo perché ha fatto questa domanda. E lui risponde: perché la luna brilla della luce riflessa: quindi mi chiedevo se ci fossero piante capaci di fare la fotosintesi anche così. Questi bambini vanno ascoltati».