la Repubblica, 30 marzo 2025
Showroom Tesla assediati Da New York a Berlino monta la protesta anti-Musk
«Elon Musk is stealing from you», ti sta derubando: c’era scritto proprio così sui cartelli col faccione dell’uomo più ricco del mondo su sfondo rosso, che ieri a mezzogiorno, centinaia di persone scaldate pure dalla temperatura estiva, hanno sventolato davanti al Tesla Showroom di Manhattan, fra bandiere a stelle e strisce e pure uno stendardo azzurro con su scritto «la Nato è importante, ci tiene al sicuro». Mentre altri stringevano sagome di cartone a forma di pietre tombali per ricordare i tagli alla sanità pubblica voluti dal cosiddetto Doge, il dipartimento dell’efficienza governativa guidato proprio dal miliardario diventato uno dei più stretti consiglieri del presidente americano Donald Trump.
Protetto da un ampio cordone di polizia il lussuoso punto vendita all’ 860 di Washington Street è rimasto assediato per ore da un migliaio di persone che scandivano slogan come «No more Swastikars», il soprannome con cui qui molti ormai chiamano Tesla, oppure «Più soldi alla sanità meno ai miliardari»; fra la curiosità dei turisti intenti a farsi selfie in quel Meatpacking District che un tempo era il malfamato quartiere delle macellerie e oggi è un’area alla moda trasformata dal passaggio dell’High Line e dalla presenza del Whitney Museum di Renzo Piano.
E quella di New York è stata solo una delle almeno cinquecento manifestazioni “Tesla Takedown” – smantelliamo Tesla – organizzate contemporaneamente in tutta l’America (ben 50 nella sola California) ma anche a Berlino, Londra e Parigi in Europa, oltre a Toronto e Montreal in Canada e fino in Australia da un movimento che si descrive decentralizzato e di base, pur col sostegno operativo di Action Network, la no profit che offre piattaforme organizzative a istanza progressiste. Un appuntamento collettivo, voluto dopo decine di proteste sporadiche davanti ai concessionari e gli atti di vandalismo sempre più frequenti – una settimana fa a Los Angeles cinque veicoli Tesla sono stati incendiati in un’officina locale in quello che le autorità hanno definito «attacco mirato». Venerdì a New York su una serie di Tesla parcheggiate in strada sono state incise svastiche sulle fiancate – addirittura definiti dal presidente Donald Trump «atti di terrorismo domestico». Tanto da spingerlo ad organizzare una sorta di spot commerciale alla Casa Bianca, facendosi fotografare all’interno di una delle auto, affermando irritualmente di volerla comprare. Atteggiamento condiviso pure dalla ministra della Giustizia Pam Bondi: che ha addirittura creato una task force specifica che si occupa solo di attacchi alle Tesla.
Ecco perché gli organizzatori ci tengono a sottolinearlo: «La nostra è una protesta pacifica ma alimentata dalla rabbia per i tagli al governo federale operati da Musk. Intendiamo colpirlo nel suo punto debole, l’azienda sua principale fonte di ricchezza, anche grazie ai tanti sussidi pubblici che gli ha procurato» dice a Repubblica Alice Hu, organizzatrice newyorchese. E racconta pure di aver ricevuto «numerose minacce online» da quando è stata indetta la manifestazione di Manhattan. È capitato pure a Valerie Costa, l’ambientalista che una settimana fa aveva organizzato una protesta anti Tesla a Seattle. Musk l’ha presa personalmente di mira in un suo post su X chiamandola «criminale» pur senza formulare altre accuse specifiche e gli odiatori della rete lo hanno subito seguito, scatenandosi sugli account della donna. «Quando la persona più potente del mondo ti attacca, non importa più a nessuno quale sia la verità», ha risposto lei.
D’altronde Musk sembra essere piuttosto nervoso, come ha scritto ieri The Hill: intento a rilanciare l’immagine sua e del Doge partecipando a trasmissioni tv. Ben conscio del fatto che la sua recente svolta politica – insieme al saluto pseudo-nazista il giorno dell’insediamento di Trump lo scorso gennaio – ha provocato un crollo nelle vendite di auto Tesla (in Europa addirittura giù del 49%). E le azioni in picchiata in Borsa gli hanno già fatto perdere perso circa 100 miliardi di dollari, il 25% del suo patrimonio complessivo, inquietando non poco gli investitori. Una crisi da attribuire pure a un prodotto che sta invecchiando male, oggetto di pochi aggiornamenti negli ultimi 10 anni. E le azioni politiche intraprese col Doge stanno però dando una bella spinta. Sebbene – dicono gli analisti del settore – l’imposizione dei dazi al 25% sulle importazioni di auto prodotte fuori dagli Stati Uniti appena annunciati da Trump, potrebbero dare una nuova spinta positiva al titolo. «Ecco perché ci siamo dati l’obiettivo di ridurre con le nostre proteste le vendite di Tesla» ti dice ancora Hu. «Meno denaro a quel Musk che solo poche settimane fa ha definito l’empatia un bug, Significa sottrargli potere».