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 2025  marzo 30 Domenica calendario

I sorrisi, il plauso alla premier e quei 5S “da cancellare” L’altra opposizione di Calenda

El fundator avanza nel seminterrato del Roma Life Hotel, troppo angusto per contenere la folla di curiosi stipati come mai s’era visto, con l’aria di chi ha vinto prima ancora di cominciare.
Alle 11 del mattino, aspettando Giorgia Meloni – che in passato aveva sempre declinato ma stavolta carramba, verrà certamente, ancorché in ritardo – Carlo Calenda in grisaglia azzurrina ha già dispensato brevi dichiarazioni, lunghe interviste e battute volanti a decine di telecamere, giornalisti e blogger convenuti da ogni dove per assistere al secondo congresso di Azione. Evento non proprio memorabile e tuttavia trasformato in una convention all’americana in cui sono gli ospiti i veri protagonisti, quelli che ti svoltano la giornata. Due ministri di Fratelli d’Italia; diversi esponenti del Pd di rito esclusivamente riformista; nessuno del M5S né di Avs, con cui l’istrionico leader centrista ha sempre coltivato l’arte del conflitto. L’apertura dei lavori – e anche questo è un segnale – affidata non a un big di partito come sarebbe naturale, bensì all’esponente di un’altra forza politica, per ora alleata solo sulla carta: la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno, la dem più critica nei confronti di Elly Schlein e della sua linea anti-riarmo.
Ha studiato ogni dettaglio, il segretario della formazione più moderata fra quelle schierate (in teoria) all’opposizione. Ha ambizioni da ago della bilancia, stare un po’ di qua e un po’ di là a seconda dell’uzzolo del momento, e glielo si legge in faccia. È la prossemica a tradirlo. Le chiacchiere affettuose scambiate con la presidente del Consiglio, seduta accanto e trattata come una regina. Gli abbracci a Paolo Gentiloni, che lui vorrebbe federatore del centrosinistra, al quale a un certo punto dice: «Vogliamo fare l’alternativa insieme? Domani mattina, ma con te». I complimenti a Lorenzo Guerini, che tiene la barra dritta sulla difesa europea contro «le pulsioni populiste di una certa sinistra». Cortesie corrisposte con lo stesso trasporto innanzitutto da Meloni, che si spella le mani mentre ascolta Calenda offrirsi al governo, «che noi appoggeremo ogni qualvolta varerà un provvedimento giusto». A partire dal nucleare: «Fatelo e lo voteremo».
Non riesce a crederci, l’inquilina di Palazzo Chigi. Ride. Si accarezza i capelli dinnanzi al leader di Azione che dal palco la cosparge di miele dicendosi «contento di averla qui perché difendere l’Ucraina stando al governo, signori, non è cosa facile». Persino quando attacca Trump che «ha passato il guado tra democrazia e autocrazia, vuol demolire l’Europa e predarla insieme a Putin», le offre un alibi. «Se fossi al posto di Meloni proverei a tenere questo rapporto fino all’ultimo. Lo stanno facendo Macron e Starmer, che lo chiamano tutti i giorni, non ci inventiamo eccezionalità, tutti stanno appresso agli Stati Uniti». La premier fa sì con la testa. Ma poi non si trattiene e applaude forte allorché Calenda sbotta: «Mi dicono che apro alla destra. Ma come funziona la democrazia? Che non si parla con un avversario perché è un nemico? Se funziona così l’abbiamo già persa la democrazia». Meloni è in brodo di giuggiole. Specie quando la controparte più morbida precisa: «La mia è un’opposizione intransigente ma di merito, non credo si possa nutrire solo di aggressioni personali».
È un crescendo rossiniano.
Come se gli sguardi grati della presidente del Consiglio esaltassero l’ex ministro dello Sviluppo. Spingendolo al frontale con Giuseppe Conte. «Chiunque sostenga che esiste la pace senza la forza o è un ignorante che non conosce la storia o è un pusillanime che vuole lucrare sul voto delle persone», imbruttisce i toni il padrone di casa. Clap, clap, clap: Meloni e Giovanni Donzelli, in visibilio, si uniscono all’ovazione della platea. Fino allo zenit: «Perché non stiamo nel campo largo?», domanda retorico Calenda. «Perché c’è il M5S. L’unico modo per averci a che fare è cancellarlo», alza i toni. Invitando «gli amici del Pd» a porsi loro «il problema». Che evidentemente non è ilsuo. Lui ha deciso di stare da un’altra parte. Indicata dall’urlo lanciato dal loggione mentre la premier abbandona la sala: «Con questa opposizione governerà altri vent’anni».