Corriere della Sera, 30 marzo 2025
Noi due Gialappi
amiano David (lo imita Giovanni Vernia), Marcella Bella (incarnata da Brenda «Annalaisa» Lodigiani), Massimo Cacciari (di Ubaldo Pantani), Antonino Cannavacciuolo (Max Giusti lo alterna con Borghese, arriva anche Renato Zero ma non manca De Laurentiis): sono i nuovi ospiti – le nuove parodie – del GialappaShow da domani (ogni lunedì, alle 21.30) su Tv8. Tra i comici due nuovi acquisti, Carlo Amleto e Giulia Vecchio («con una particolare Monica Setta che intervista donne che spaccia per famosissime ma non conosce nessuno, a cui fa domande indelicate a base di sesso e morte»).
Le voci sono sempre quelle dei Gialappi (Giorgio Gherarducci e Marco Santin), la conduzione è affidata al solito – fenomenale – Forest: «Un grandissimo professionista, non sembra ma è un perfezionista, ha un’aria da cialtrone ma è tutt’altro che così – spiegano Santin e Gherarducci —. Siamo uniti da un grande affiatamento anche umano: in fondo Forest è pirla come noi».
Il GialappaShow è una delle poche isole comiche felici rimaste: «Credo sia per una questione economica – riflette Gherarducci —: i programmi comici sono costosi e in tv si spende sempre meno. Da noi ci sono 14 autori, dietro le quinte c’è un grande lavoro, sembra tutto improvvisato ma in realtà è tutto scritto. La trasmissione comica – eccetto lo Zelig dei tempi d’oro – non fa mai ascolti oceanici, è adatta a un pubblico senziente che in tv è sempre minoritario. Non c’è crisi, né di comicità né di satira: semplicemente i talk show costano molto meno e le reti vanno sul sicuro».
Carlo Taranto (avevano cominciato tutti insieme a Radio Popolare negli anni 80) non fa più parte del trio da due anni: «Carlo da un po’ di tempo era meno presente – spiega Santin —. Già da qualche anno aveva fatto un passo indietro e il suo contributo si era via via assottigliato: preferiva stare collegato dalla Liguria e alle Iene – complice il ritardo del segnale – riusciva anche a intervenire poco. A Rai dire Niùs (2017) si era anche sfilato come autore. Poi credo che il Covid sia stato il fattore scatenante che lo ha spinto a smettere di lavorare». Una scelta di vita insomma. Nessun litigio nascosto. «Anzi. Abbiamo scritto insieme il nostro libro (Mai dire noi), sempre collegati online, ma lui ormai non si muove più da lì». Aggiunge Gherarducci: «Ci manca soprattutto nelle radiocronache e nei Sanremo, ma non gli chiediamo più se vuole tornare, sappiamo già la risposta, ma questa rimane sempre casa sua». La geometria delle decisioni è rimasta comunque a tre: «Oggi – in caso di dubbi – prendiamo ancora le decisioni a maggioranza perché siamo sempre in tre, ci affianca il capo-progetto Lucio Wilson: lui fa da ago della bilancia».
Sono passati 35 anni ma l’impianto del programma è sempre quello dei loro Mai dire. I cambiamenti fondamentali sono però due: «Oggi abbiamo più servizi girati in esterna, abbiamo ampliato la parte di fiction. E poi abbiamo velocizzato gli interventi, facciamo cose più brevi, non oltre i tre minuti: la soglia di attenzione nostra e del pubblico si è ridotta. I monologhi da 5 minuti non funzionano più, la durata si è adeguata alle nuove esigenze e – anche se non abbiamo cambiato con quell’intento – le pillole comiche in questo modo sono facilmente “vendibili” sui social. Abbiamo anche un pubblico di ragazzini che non guardano la tv ma ci cercano sul web».
Il politicamente corretto invece lo ignorano: «Si può fare satira e ironia senza pensare ai veti del politicamente corretto – riflette Santin —. Il limite è quello del buongusto, l’insulto gratuito non è nel nostro dna. Oggi ci sono molti freni e paletti, ci sono cose che in teoria rispetto a prima non si potrebbero dire, ma noi abbiamo una soluzione infallibile: ce ne freghiamo altamente».