Corriere della Sera, 30 marzo 2025
«Meno latte, più burrata» Così i prodotti Granarolo si adeguano ai nuovi gusti
La gente beve meno latte? Daremo loro la burrata. Fare impresa vuole dire restare in campo nel mondo che cambia. Lo sa bene Gianpiero Calzolari, presidente di Granarolo. «Quest’anno ci concentreremo su un investimento importante che abbiamo fatto in Puglia. Uno stabilimento che stiamo riconvertendo – racconta —. Originariamente imbottigliava latte, ora si tratterà di produrre anche burrata e stracciatella con il marchio Perla. La burrata è diventata un prodotto iconico del made in Italy. Vogliamo essere leader nel mondo con questo tipo di produzione. Per questo stiamo investendo molto, oltre che in tecnologia, sulla formazione delle nostre persone: chi prima imbottigliava latte ora diventerà maestro nella produzione di una delle più invidiate specialità italiane».
Granarolo ha 15 stabilimenti in Italia e nove all’estero. Impiega 2.500 persone ed esporta il 40% dei suoi prodotti. Per la società emiliana dell’alimentare i dazi Usa sono una moneta a due facce, limiterebbero l’esportazione verso gli Stati Uniti delle Dop prodotte in Italia ma potrebbero anche trasformarsi in una opportunità. «Dagli Stati Uniti arrivano 6-7 milioni di fatturato», spiega Calzolari.
Una quota ridotta se parametrata al fatturato complessivo che nel 2024 è stato di 1,72 miliardi di euro, 103 milioni in più rispetto all’anno scorso. Complessivamente Granarolo ha esportato per 550 milioni verso l’Europa, per 136 verso il resto del mondo. Essere presenti in poco meno di 80 Paesi significa diversificare il prodotto e gestire una complessità notevole. Ma diversificare ha anche importanti vantaggi. Tornando agli Usa, Granarolo in Connecticut ha uno stabilimento che produce ricotte, mascarpone, mozzarelle. «Lo abbiamo rilevato tre anni fa e ora lo abbiamo allineato ai nostri standard di sicurezza alimentare, formando su aspetti legati alla qualità del prodotto anche il personale. Noi europei abbiamo molto da insegnare. Oggi pensiamo di poter raddoppiare le capacità produttive dello stabilimento».
In tutto questo, il fiore all’occhiello dell’export resta la Francia. «Siamo partiti 12 anni fa e adesso siamo il terzo marchio Oltralpe, dopo di noi anche molte etichette francesi», spiega Calzolari.
Granarolo ha avviato un piano di investimenti che da qui al 2028 mobilita circa 300 milioni. Un Innovation center aprirà i battenti a Bologna entro il 2028. «Qui si concentrerà tutta l’attività di innovazione del gruppo – conferma Calzolari —. Metteremo anche in cantiere una piattaforma completamente automatizzata per la logistica. E poi stiamo rinnovando in modo importante lo stabilimento che produce yoghurt e latte a Pasturago, alle porte di Milano. Questo piano ci porterà nel 2028 a superare i 2 miliardi di fatturato. D’altra parte, non abbiamo alternative: abbiamo consapevolezza che o noi siamo sistematicamente innovativi o il mercato ci sfugge dalle mani».
Nel 2024 l’utile è stato pari a 9,7 milioni con un margine operativo lordo di 82 milioni. «Per marginalità siamo in cima alla classifica dei competitor, ma il nostro è un settore con margini strutturalmente contenuti – spiega Calzolari —. Per questo la sfida del mercato è ancora più forte».