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 2025  marzo 30 Domenica calendario

In arrivo anche ai fornitori italiani le lettere anti diversità degli Usa

Estende suoi effetti in Europa e in Italia la svolta che Donald Trump ha prescritto alla pubblica amministrazione del suo Paese definendo «discriminazione illegale» le precedenti politiche del personale chiamate «Diversità, equità e inclusione» (Dei) e «Diversità, equità, inclusione e accessibilità» (Deia).
Neppure al di là dell’Atlantico, secondo l’amministrazione conservatrice della Casa Bianca, andrebbero adottati principi in base ai quali agevolazioni per determinate assunzioni e assegnazioni di ruoli vanno riservate a categorie svantaggiate per motivi di genere, etnici, disabilità e altro. Washington, comunque, non può dare lavoro a chi gestisce così i suoi dipendenti.
Comunicazioni che pongono la rinuncia ai criteri di diversità e inclusione come condizione per poter ricevere appalti statunitensi sono già state inviate in Spagna e Francia. Anche l’Ambasciata degli Stati Uniti a Roma è tenuta a spedirne a imprese italiane fornitrici di beni e servizi.
Ieri il Corriere della Sera ha domandato alla sede diplomatica di via Veneto se messaggi di questo tipo sono partiti o stanno per partire nel nostro Paese, in particolare con la richiesta di far sapere entro cinque giorni se le aziende in questione rispettano l’ordine esecutivo del presidente americano di non seguire le politiche Dei e Deia. Non sono risultate eccezioni rispetto a Madrid e Parigi.
«L’Ambasciata degli Stati Uniti a Roma non esprime commenti su specifiche operazioni di Ambasciata. Il nostro impegno con i partner locali è conforme alle politiche e alle procedure del governo statunitense», ci ha risposto il portavoce della sede di via Veneto rimandando al Dipartimento di Stato per ulteriori informazioni.
La reazione
Parigi: inaccettabile
La sede di via Veneto: noi in linea con le politi-che del nostro governo
Al quotidiano spagnolo El País, poche settimane fa, un collega del diplomatico aveva spiegato: «L’Ambasciata in Spagna, come tutte le nostre ambasciate nel mondo, sta comunicando ai nostri fornitori locali di prodotti e servizi il nuovo quadro basato sui recenti ordini esecutivi firmati dal presidente Trump. Vogliamo garantire che i nostri contratti rispettino tutte le leggi federali antidiscriminazione e che i fornitori non gestiscano programmi che promuovono la diversità, l’equità e l’inclusione che violano le leggi federali».
Dopo che lettere sono state spedite ad aziende locali, ieri a Parigi il ministero del Commercio estero ha giudicato «inaccettabili» le «ingerenze americane nelle politiche di inclusione delle imprese francesi, come le minacce di dazi». Il Financial Times nel frattempo aveva intercettato uno dei testi americani. «Se non accettate di firmare questo documento, vi saremmo grati di fornirci gentilmente motivazioni dettagliate che saranno inoltrate al nostro ufficio legale», c’è scritto.
Con l’altolà, un tocco di garbo diplomatico nella formulazione. Perentorio, a tratti brutale, invece l’ordine esecutivo del 21 febbraio firmato dal presidente degli Stati Uniti Trump in materia. «Pericolose, degradanti e immorali» sono gli aggettivi con i quali il provvedimento liquida «preferenze» basate «sulla razza e sul sesso sotto le mentite spoglie della cosiddetta “diversità, equità e inclusione”».
Secondo Trump le agevolazioni «minano anche la nostra unità nazionale, poiché negano, screditano e minano i tradizionali valori americani di duro lavoro, eccellenza e risultati individuali».
Criteri che ritenevano un valore la «diversità» erano stati adottati anche nella Cia. Trump li ha colpiti senza distinzioni: «Ordino a tutti i dipartimenti esecutivi e alle agenzie di porre fine a tutte le preferenze, mandati, politiche (...) linee guida (...) e requisiti discriminatori e illegali. Ordino a tutte le agenzie di far rispettare le nostre leggi sui diritti civili di lunga data e di combattere le preferenze, mandati, politiche, programmi e attività Dei illegali del settore privato».