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 2025  marzo 30 Domenica calendario

Bugiardi smascherati

Non dire bugie! Le bugie hanno le gambe corte. E il naso lungo. La menzogna è sanzionata fin dalla prima infanzia: e tuttavia quello fra vivere e mentire – mentire un po’, mentire se proprio serve, mentire (forse) a fin di bene – è un nodo inestricabile. E raccontare e mentire in che rapporto stanno? Nel suo Impostori (Raffaello Cortina), la sociologa Gabriella Turnaturi muove dalla più nobile delle imposture: quella che ha un ufficio narrativo. In altre parole, la letteratura. E confessa nelle prime righe la sua passione per le spy- story. Vicende in cui «il discrimine tra vero e falso è sottilissimo, dove si simula e si dissimula, dove maschera e volto si confondono». La ricerca della verità resta un’illusione? Ma se questo accade in un romanzo di le Carré è un conto; se accade nel mondo che ci ostiniamo adefinire reale, tutto si complica.
Nell’era del metaverso, delle intelligenze artificiali e soprattutto della post-verità, quel discrimine diventa una questione epocale. Che si riflette sul piano delle relazioni e delle emozioni: Turnaturi ci fa osservare come su una piccola, spesso inoffensiva impostura, si gioca il racconto di noi a noi stessi; la nostra memoria – la memoria del Sé – è «una miscela di ricordi, avvenimenti ed emozioni» con qualche margine, spesso esorbitante, di libertà creativa. Ma se il nostro io diventa una maschera o produce uno sdoppiamento, si apre uno spazio affascinante e ambiguo di inganno e di auto-inganno. Né basta entrare in una relazione di empatia con i potenziali ingannati: bisogna intanto convincersi che sia vero il falso che propugniamo e modelliamo. Bisogna che ci sia un soggetto disposto a credere all’impostura, ma anche un impostore che crede parecchio a sé stesso. Un patto di fiducia “storto” e insieme estorto.
Turnaturi cerca nella realtà storica e nella finzione esempi di esseri umani in grado di costruire identità alternative, maschere congegnate con impressionante dedizione e precisione. Appropriazioni indebite di nomi e esistenze altrui: come nel caso perturbante di quel Martin Guerre scomparso, a metà sedicesimo secolo, da un piccolo villaggio della Guascogna e riapparso misteriosamente anni dopo. Il redivivo Martin Guerre è solo un uomo che si spaccia per lui; e tuttavia riesce a farsi accettare dalla famiglia, a vivere come se fosse davvero lui il ritornato. Almeno fino a che uno zio, innervosito da questioni finanziarie, comincia a sospettare. Ma perché – si domanda Turnaturi – una comunità familiare e un intero villaggio hanno potuto credere a lungo a un falso Martin? L’impostura viene alimentata e consolidata dal desiderio altrui: in questo caso, la necessità di «ripristinare consuetudini, ruoli sociali ben radicati». Nel villaggio c’è bisogno di ritrovare Martin e chi si presenta al posto suo viene accolto, concorrendo al trionfo di una clamorosa fandonia. La storia si ripete, e Turnaturi sposta il cursore temporale mostrandoci altri casi eclatanti, come quello di Tom Castro che finse di essere chi non era (diventando alla lunga un personaggio di Borges e di Zadie Smith), o di Anna Sorokin, giovane truffatrice/ impostora capace di inventarsi (e di vivere) una vita non sua. E ancora: l’inquietante Enric Marco, protagonista del romanzo di Javier Cercas L’impostore, di professione meccanico, sindacalista, affabulatore e seduttore, riuscito a convincere il mondo di essere sopravvissuto a un campo di concentramento nazista. «La vicenda di Marco – conclude Turnaturi – fa riflettere su come, in ogni tipo di impostura o di affermazione carismatica, risulti vincente la capacità di comprendere e sentire ciò che gli altri desiderano, pensano e sognano».
Di nuovo: non c’è inganno possibile senza un interlocutore o una platea che si disponga ad accoglierlo e avallarlo. E se «mentire fa parte della lotta per la sopravvivenza», come indica sibillina l’epigrafe che Turnaturi pesca da Faulkner, verrà da chiedersi – al fondo di questa traversata nel paesaggio dei grandi bugiardi – se non siamo un po’tutti, di tanto in tanto, nella parte degli ingannatori e degli ingannati, dei persuasori e dei persuasi. Pifferai o topi, a seconda delle circostanze. A seconda dei contesti. A seconda dei desideri. Nel luogo di lavoro, nelle relazioni affettive, in ogni spazio di conquista – emotiva, economica, politica – può darsi una dialettica fra l’impostore e chi accetta di farsi sedurre o truffare dal falso ben raccontato. Chi è più colpevole? Turnaturi lascia aperta la domanda, esplosiva in un’epoca che disporrebbe degli strumenti per non sospendere l’incredulità, come si fa di fronte a una fiaba o in genere alla fiction; e invece si lascia stordire, condizionare, guidare dalle menzogne.