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 2025  marzo 30 Domenica calendario

Vi spiego perché la salute è solo una

«La salute è una sola» vuol dire tante cose. L’espressione One Health, la congiunzione di queste due parole, rinvia a un insieme interconnesso di preoccupazioni, problemi, concetti e pratiche, alcuni espressione di saperi antichi, millenari, altri invece decisamente moderni, tutti coniugati e sintetizzati in quest’utile formula coniata quasi per caso nel 2003 dal dottor William B. Karesh, veterinario e conservazionista della fauna selvatica con una grande esperienza internazionale. «La questione della salute degli esseri umani, del bestiame o della fauna selvatica», diceva, «non può più essere affrontata per compartimenti stagni». Il tema era un focolaio di Ebola che si era diffuso tra gli umani e presumibilmente tra i gorilla nell’Africa equatoriale. «La salute è una sola. E per trovare soluzioni serve la collaborazione di tutti, a tutti i livelli». L’espressione trovata lì per lì da Karesh è diventata uno slogan, e oggi indica un importante settore scientifico, medico, veterinario ed ecologico. Il lavoro da fare richiede la massima urgenza, ma la società ha ancora bisogno di essere convinta. In questo senso possiamo dire che One Health è quasi un movimento.
Non c’è prova migliore dell’urgenza e della necessità di One Health delle notizie più recenti nel campo delle malattie infettive. Uno degli ultimi lanci di agenzia, per esempio, proprio mentre sto scrivendoquesto capitolo, viene dall’Ovest degli Stati Uniti: «Influenza H5N1 nei gatti del Colorado». Un altro esempio è di pochi giorni fa, dalla Repubblica Democratica del Congo: «Un’altra epidemia di Ebola?». I virus influenzali che infettano gli esseri umani (ce ne sono tre) e gli ebolavirus che ogni tanto diffondono il terrore (ce ne sono cinque) appartengono a due famiglie di virus molto diverse, ma hanno una cosa in comune: sono zoonotici. Per zoonosi si intende una malattia infettiva di animali non umani che può essere trasmessa all’uomo. L’agente infettivo può essere un batterio, un fungo, un protozoo, un verme microscopico o una proteina patogena del tipo chiamato prione, ma le zoonosi più problematiche della storia recente sono malattie epidemiche causate da virus.
Ogni cosa deve avere una qualche origine, e i nuovi virus che provocano malattie infettive umane provengono da animali selvatici come i pipistrelli, talvolta passando da un animale intermedio, come i cavalli per il virus Hendra e i maiali per il virus Nipah. C’è un’espressione importante per indicare gli animali selvatici da cui hanno origine nuovi virus e altri agenti patogeni, utilizzata dagli ecologi delle malattie che li studiano: “serbatoio”. Il serbatoio è la popolazione nel cui ambito un virus si diffonde in modo poco appariscente, endemico, generalmente asintomatico, fino al momento in cui, per qualche incidente di contatto, si riversa dal serbatoio in un essere umano, alligna e inizia una nuova fase della sua carriera evolutiva, ora come infezione umana. Ecco perché l’evento dell’infezione interspecifica è detto spillover (fuoriuscita ndr). In molti casi di spillover virale, come nella maggior parte di quelli che ho elencato, il serbatoio del virus è un pipistrello. Sorge spontanea la domanda: perché i pipistrelli? Perché i membri dell’ordine dei chirotteri hanno, come sembra, un ruolo privilegiato come serbatoio per i pericolosi virus che si sono nuovamente diffusi nell’uomo negli ultimi sessant’anni?
Le ragioni, o almeno le ipotesi, che potrei elencare e iniziare a spiegare non mancano – i pipistrelli sono un gruppo di mammiferi straordinariamente vario, i loro virus mostrano anch’essi una grande diversità e il loro sistema immunitario sembra tollerarne la presenza — ma il mio scopo qui non è rispondere a questa domanda o chiarire i vari misteri scientifici e le sfide per la medicina nel campo delle malattie zoonotiche e degli agenti che le causano. Il mio scopo qui è richiamare l’attenzione sulle persone che dedicano le loro energie a trovare risposte a queste domande, a questi misteri e a queste sfide: il team di ricerca nella grotta del pitone ugandese, i veterinari australiani che rischiano la vita per curare i cavalli che schiumano dalla bocca mentre muoiono di infezioni da virus Hendra, i medici che rispondono alle epidemie recandosi nei villaggi più remoti per affrontare il virus Lassa in Nigeria o il virus Machupo in Bolivia, i biologi sul campo che in Bangladesh catturano i pipistrelli della frutta sui tetti e fanno tamponi per prelevare campioni alla ricerca del virus Nipah, e tutti gli altri. Quando diciamo che «la salute è una sola» parliamo di dinamiche che richiedono l’integrazione di ecologia, biologia evolutiva, microbiologia, genetica molecolare, medicina veterinaria, medicina umana, immunologia, epidemiologia e salute pubblica. Molti degli eroi non celebrati in questa battaglia combinano due o più ambiti di competenza nella loro formazione e nella loro attività. Per loro, «la salute è una sola» non è uno slogan. È una vocazione e uno stile di vita.
E pluribus unum è il motto latino adottato dai fondatori dell’America, che figura nel grande sigillo degli Stati Uniti (a parte questo, non ci distinguiamo di certo per la nostra dimestichezza con il latino). La diversità degli sforzi va coniugata con l’unità degli intenti. Potrebbe essere anche il motto di One Health, ma esteso al mondo intero. Anche noi esseri umani abbiamo delle opportunità, e alcune di queste non saranno mai accessibili per un virus. Possiamo ragionare. Possiamo fare ricerca e soppesare le prove. Possiamo studiare, in modo ampio e approfondito. Possiamo guardare al futuro, e non solo reagire al presente. Possiamo guardare alle scienze dell’ecologia, della virologia e della genetica molecolare; ai giganteschi allevamenti di pollame, alle mandrie di animali da latte e ai gatti, ai macelli e alle reti di approvvigionamento; agli ospedali e alle cliniche dei villaggi; ai veterinari che si occupano di piccoli animali domestici e a quelli che effettuano campionamenti di pipistrelli nelle grotte cinesi; alle ricche foreste tropicali e alle operazioni di disboscamento che distruggono quelle foreste; alle gigantesche città brulicanti di umanità. Soprattutto, possiamo vedere i collegamenti tra le cose.