Robinson, 30 marzo 2025
Come salvare lo Stato di diritto
Lo Stato di diritto è figlio dell’Illuminismo, al crocevia di tre rivoluzioni: la Rivoluzione inglese – con l’habeas corpus – la Rivoluzione americana – con la Costituzione e la separazione dei poteri – e la Rivoluzione francese – con la sovranità nazionale e l’universalità dei diritti umani. Ha creato le condizioni per la pace civile all’interno delle nazioni, permettendo l’emergere della società democratica, dell’economia di mercato e poi dello stato sociale.
A livello internazionale, le guerre mondiali del Ventesimo secolo, segnate da immense perdite umane e materiali e punteggiate dalla bancarotta morale senza precedenti della Shoah, hanno portato nel 1945 alla costruzione di un ordine internazionale volto a fondare la pace e la prosperità sullo Stato di diritto.
Queste illusioni sono state spazzate via dagli attentati dell’ 11 settembre 2001, dal crollo del 2008, dalla pandemia, dall’invasione russa dell’Ucraina e dalla guerra di Gaza. Gli imperi autoritari hanno ingaggiato un grande confronto con le democrazie e lo Stato di diritto è accusato di opporsi alla volontà e ai bisogni dei popoli. La sospensione dello Stato di diritto è al centro del modello di democrazia illiberale inventato da Viktor Orbán, poi esportato in Slovacchia, in Polonia e ora negli Stati Uniti.
Donald Trump ha accelerato drasticamente l’indebolimento dello Stato di diritto. Ha ripreso l’affer-mazione di Napoleone Bonaparte secondo cui «chi salva il proprio Paese non infrange alcuna legge». Ha affermato l’onnipotenza dell’esecutivo, rifiutando la separazione dei poteri e i pesi e contrappesi. Scavalca sistematicamente il Congresso e la magistratura, rifiutandosi di applicare le sentenze dei tribunali sulla chiusura delle agenzie pubblici, sul licenziamento dei dipendenti governativi o sulla deportazione degli immigrati.
Allo stesso tempo, Trump non solo ha invertito le alleanze degli Stati Uniti, allineandosi con la Russia e designando l’Europa come un avversario, ma ha anche scardinato l’ordine internazionale del 1945. Condivide con gli imperi autoritari l’ambizione di ricostruire il sistema internazionale attorno a zone di influenza imperiale, rivendica il primato della forza sul diritto, nega l’esistenza dei beni comuni dell’umanità e rifiuta il multilateralismo a favore dei rapporti di potere, senza escludere l’uso delle armi per realizzare il suo progetto di una Grande America, da Panama al Polo.
Per l’Europa, lo shock è esistenziale. Dopo la Seconda guerra mondiale, con l’aiuto e la protezione degli Stati Uniti, si è ricostruita e integrata attorno alla rinuncia al dominio e a una pace basata sul diritto e sul commercio. Dopo il crollo dell’Urss, ha preteso di essere un modello universale, proponendosi come legislatore globale, in particolare nel campo digitale. Oggi si trova stretta nella tenaglia tra Stati Uniti e Russia, che concordano nell’additarla come un nemico, nel denunciare lo Stato di diritto come impotente e decadente e nel sostenere i partiti estremisti che intendono abbatterlo a livello nazionale ed europeo. C’è del vero nella critica allo Stato di diritto. Il sogno europeo di abolire il potere e i rapporti di forza a favore di una regolamentazione universale per legge si riduce a una grande illusione. E il tentativo di elevare lo Stato di diritto al rango di religione piuttosto che di semplice istituzione si è rivelato disastroso. È stato un disastro giuridico, con una proliferazione legislativa che finisce per uccidere la legge e di norme inutili che ostacolano le norme necessarie. Un disastro per la sicurezza, con la fine di ogni controllo sulla violenza e la perdita da parte dello Stato del monopolio sull’esercizio della violenza legittima di fronte al terrorismo islamico, ai gruppi criminali e persino alle bande. Disastro economico, con la decrescita provocata dal mostro burocratico del Green Deal e l’introduzione di un principio di responsabilità aziendale illimitata. Un disastro industriale e tecnologico, con lo sradicamento della produzione e dell’innovazione. Un disastro strategico, con la creazione di una dipendenza strutturale dagli Stati Uniti e dalla Cina. Un disastro politico, con la paralisi delle istituzioni e l’incoraggiamento del populismo. Un disastro intellettuale e morale, con la perdita del senso dello Stato di diritto che, corrotto in un governo di giudici, protegge la violenza e i suoi autori, per poi rivoltarsi contro l’ordine pubblico, lo Stato e i suoi cittadini. Friedrich Nietzsche ha giustamente sottolineato che «chi combatte i mostri deve fare attenzione a non diventare egli stesso un mostro». Negli anni Trenta, la soppressione dello Stato di diritto è stato il punto di svolta che ha trasformato le democrazie in regimi totalitari, in particolare in Italia e in Germania. Oggi la democrazia illiberale è un’illusione: liquida sì le libertà, ma non ha nulla di democratico.
Non c’è democrazia senza Stato di diritto e tutti gli esperimenti di potere assoluto finiscono in un disastro, come stanno sperimentando gli Stati Uniti con il desiderio di onnipotenza di Donald Trump. La pseudo rivoluzione conservatrice sta trasformando l’America da un Paese in crescita intensa e stabile a un Paese in recessione, con disoccupazione e inflazione, facendo crollare i mercati e minando la supremazia del dollaro. Sta spazzando via le università e la ricerca che sono alla base dell’attrattiva e della leadership tecnologica degli Stati Uniti. Sta riducendo gli Stati Uniti da potenza globale a potenza regionale, aprendo allo stesso tempo uno spazio formidabile per gli imperi autoritari, dando alla Cina un assegno in bianco per prendere il controllo di Taiwan e offrendo alla Russia la vittoria politica sull’Ucraina che non è riuscita a ottenere militarmente.
Questo scontro tra sistemi di valori è un’opportunità insperata per l’Europa di riscoprire un progetto politico e di riconquistare un posto nella storia del Ventunesimo secolo, da cui aveva cercato di fuggire contro ogni ragione. Può affermarsi come araldo della libertà politica difendendo lo Stato di diritto. È un’enorme risorsa per attrarre imprese, capitali e talenti, di fronte all’instabilità e alla strategia del caos promossa da Donald Trump. Ma solo se la ripensiamo a livello di nazioni e di Unione, per farne un principio di azione e non di immobilismo, di difesa del benecomune e non un veicolo di individualismo, comunitarismoe violenza. La libertà politica è appesa al fragile filo di seta dello Stato di diritto. Ma le norme in nome delle norme sono altrettanto distruttive per la democrazia quanto l’istituzionalizzazione dell’arbitrio. La sovranità giurisdizionale non è meno pericolosa della concezione assolutista della sovranità popolare.
La conservazione dello Stato di diritto è quindi indissolubilmente legata al suo riorientamento al servizio della garanzia della pace civile, della rassicurazione dello Stato contro i rischi del Ventunesimo secolo e della sicurezza dei cittadini.