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 2025  marzo 30 Domenica calendario

Francesco Gabbani. Terzani, la mia guida

Scriveva Tiziano Terzani che «chi ama l’India lo sa: non si sa esattamente perché la si ama». Ma è un sentimento, di solito, tanto indefinito quanto definitivo. Anche spiegare perché ci si innamori dei libri, del pensiero, dell’approccio alla vita (e alla morte) di Tiziano Terzani richiede argomentazioni adeguate. Oppure la sensibilità di un artista o – perché no? – le vibrazioni di una buona musica. Si sa di aver trovato una sorgente di ispirazione quasi inesauribile, ma non si sa in che punto si collochi la scintilla di quell’intesa a distanza.
Francesco Gabbani è sincero: se deve riassumere in una parola il centro della sua consonanza, quella è «l’accettazione». E se deve citare un titolo, il primo tra i volumi di Terzani ad averlo accompagnato nella creazione delle sue canzoni, quello è Un altro giro di giostra (Longanesi, 2004).
«Terzani e i suoi scritti non sono citati esplicitamente nei miei testi – precisa il cantautore —. Ma molte mie riflessioni nascono dalla lettura dei suoi libri. Un altro giro di giostra mi ha fatto innamorare di lui non soltanto come giornalista e scrittore, ma proprio come persona. Viva la vita, il brano che ho portato quest’anno a Sanremo, può sembrare un generico inno all’esistenza senza le parole successive “così com’è”, che vogliono rispecchiare tutta la forza dell’accettazione che lui ha saputo esprimere dopo la diagnosi della malattia. La sua non era rassegnazione, era amore per la vita e istinto di sopravvivenza».
Quarantadue anni compiuti a settembre, lo stesso mese in cui è nato Terzani, 44 anni prima, anche Francesco Gabbani è toscano, pur precisando – con modestia – di essere un toscano forse un po’ meno toscano del suo mito letterario, o perlomeno di una toscanità più sfumata dall’influsso della vicina Liguria: «Anche il mio accento è un po’ più leggero. La mia è una toscanità di confine – dice —. Noi carrarini siamo un popolo particolare, animati da sentimenti anarchici. Non dimentichiamo che Carrara fu fondata dai romani per sfruttare il marmo delle sue montagne, ma è pur sempre una delle capitali dell’anarchismo mondiale».
La politica, comunque, non è uno degli elementi principali della devozione del cantautore per il suo «maestro» fiorentino, entrato in casa Gabbani già diversi anni fa: «Avevo vent’anni o poco più quando Terzani morì, nel 2004, e ovviamente non ho mai potuto conoscerlo di persona – racconta —. Però era un autore già molto amato da mio padre, che non era un letterato, ma un lettore attento dei suoi libri e dei suoi reportage. Dopo la morte di Terzani, ho voluto leggere La fine è il mio inizio (Longanesi, 2006), il suo dialogo intenso con il figlio Folco, e ho scoperto che non aveva un contenuto saggistico, ma affrontava temi più trasversali: chiunque, senza essere un esperto di geopolitica, può ragionare sulle sue riflessioni».
Dopo aver vinto il Festival di Sanremo, sezione «Nuove proposte», nel 2016, con Amen, che già accennava qua e là «all’abito del monaco e alla barba del filosofo», Francesco Gabbani ha trionfato l’anno dopo tra i «Big» con Occidentali’s Karma, esibendosi sul palco con il ballerino Filippo Ranaldi, travestito da gorilla, e con un esplicito omaggio alla Scimmia nuda dell’etologo inglese Desmond Morris.
«L’Oriente mi affascina da sempre – spiega il cantante —, ma in Occidentali’s Karma Terzani non c’era ancora, è venuto dopo. All’epoca avevamo pensato a un successo nazionalpopolare mettendo insieme un ritornello che diventasse un tormentone e qualche provocazione sul rapporto sul rapporto fra Occidente e Oriente».
In ogni caso, lo studio comparato di uomini e primati, proposto da Morris e pubblicato in Italia nel 1968, ha ritrovato, grazie a Gabbani e a quel Festival di Sanremo, una nuova giovinezza pop: «Nelle settimane successiva il suo libro è tornato primo in classifica nelle vendite di Amazon in Italia – sorride divertito il cantautore —. Morris non capiva quell’improvviso, rinnovato interesse italiano per La scimmia nuda e, quando ha scoperto che era merito della mia canzone e del ritornello «la scimmia nuda balla», mi ha invitato a casa sua a bere il caffè. È stato certamente surreale, ma fantastico».
S’interrogava Terzani, giunto al tramonto della sua movimentata esistenza terrena: «Oriente e Occidente. Che ci facciamo noi europei qui in Asia? Cosa ci abbiamo imparato? Non è tempo di andarsene?».
In mancanza di risposte certe, sono le domande quelle che contano per il suo celebre estimatore: «Quando tre anni fa ho ripreso in mano Un altro giro di giostra, l’ho letto con occhi diversi – spiega Gabbani —. Era un momento in cui stavo iniziando un percorso di autoanalisi sul senso della vita, della mia vita e di quella di tutti. Tuttora non l’ho trovato. Però mi ha illuminato quest’uomo che fa i conti con la necessità di accettare un nuovo viaggio, e la profondità con cui lo fa, senza escludere niente e nessun luogo: da New York all’Himalaya».
Non lo definisce il suo guru, perché sa che Terzani probabilmente non approverebbe, ma Gabbani fatica un po’ a trovare un termine adatto, «una guida, un ispiratore» per definire chi gli ha fornito «strumenti utili a scavare dentro di me. Con tutta la sua cultura così ampia, con la sua sconfinata esperienza sul campo, Terzani voleva arrivare al cuore della questione. Nella semplicità delle sue parole mi sembra di intravvedere i ragionamenti giganteschi della fase finale della sua vita. I saggi indiani sono confusi con i mendicanti dai forestieri, perché l’Occidente è lontanissimo da questa visione: il sapere del sentire e non dell’imparare nozionistico».
Quel confronto fra Oriente e Occidente, pensieri, fedi, mentalità, questioni universali, non contiene drastiche scelte di campo nelle pagine di Terzani: «Lui stesso diceva: sono vestito come un monaco, ma resto un toscano occidentale – ricorda Gabbani —. Penso a lui come a un monaco san Tommaso che non accetta dogmi e non crede a nulla finché non ci ficca il naso».
La ricerca e l’accettazione di ciò che non sempre si può capire affiorano nei testi del nuovo disco, il sesto album in studio, Dalla tua parte che il cantante porta in tournée quest’anno. Sembrano soltanto rapide allusioni, magari un po’ leopardiane: «Al di là del DNA in eredità/ del principio che governa la casualità. Al di là di questa siepe l’infinito accolgo/ che è tutto chiuso dentro al bene che ti voglio» canta Gabbani, per esempio, in Così come mi viene.
Ma chissà se Tutti tutto, il penultimo dei dieci brani, è davvero il più vicino a Terzani, come crede l’autore del testo: «Sulla terra abbiamo tutti tutto/ e un’anima infinita/ abbiamo tutti tutto/ in una sola vita/ abbiamo tutti tutto/ e un alibi perfetto/ per giustificare ogni piccolo/ e stupido difetto/ stupidissimo difetto/ Io non sono perfetto/ Noi non siamo perfetti/ ma siamo perfetti/ perfetti imperfetti così» insiste il refrain.
Neanche Gabbani, del resto, ama molto i dogmi: «Mi piace molto il buddismo, come principio, come cura del sé e del rifiuto del giudizio verso sé stessi e verso gli altri. Tutti tutto è un altro modo di dire: dipende sempre da noi stessi, siamo imperfetti così. Fatico a staccarmi dalla dimensione cattolica, in fondo ho fatto tutti i sacramenti, dal battesimo in poi. Mi mancano solamente il matrimonio e l’estrema unzione» ride.
Per ora niente nozze e niente figli ma, se e quando ne avrà, Gabbani si ripromette di trasmettere loro lo stesso rispetto per la Natura che Terzani infuse a Folco e alla figlia Saskia, cui fu presentata come «la prima maestra»: «Il rapporto con la Natura prescinde da dove ci si trova – ha compreso il cantante —. Il suo Himalaya era a Orsigna».
Così come la vocazione può manifestarsi ovunque e in qualunque momento. Se per Terzani la chiamata arrivò dopo cinque anni da manager alla Olivetti, per Gabbani sopraggiunse a trent’anni mentre lavorava nel negozio di strumenti musicali della famiglia: «Consigliavo i clienti, accordavo gli strumenti, portavo i pianoforti su per le scale. Ero il manager di me stesso. Un giorno sono andato nella mia India personale: la casetta in collina della nonna di un amico. Coltivavo l’orto e facevo l’autore di canzoni per la mia attuale casa editrice, la BMG. Avevo iniziato a suonare da piccolo, ma non speravo più di fare il cantante, fino alla proposta di partecipare a Sanremo giovani nel 2016».
Il viaggio adesso continua nel segno del karma e di una timida speranza: «Mi piacerebbe conoscere la moglie, Angela, e i figli di Terzani. Qualche volta ho pensato di andare ad assistere a uno degli incontri di Folco. Ma ho rinunciato: non vorrei apparire invadente». Eppure, sa che Terzani non si è mai fermato alle apparenze.