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 2025  marzo 30 Domenica calendario

Il mondo sottosopra di Krauss e Sendak

«La neve è per rotolarci dentro. I bottoni ci sono per stare al caldo. Il mondo è così hai qualcosa per starci sopra». Una rivoluzione, e l’inizio di una collaborazione. È il 1952 quando esce l’albo illustrato Un buco è per scavare: frasi brevi e tanti disegni in bianco e nero, è un libro di «prime definizioni» («le orecchie ci sono così le puoi muovere», «la pancia è per non sbriciolare a terra», «un cucchiaio è per mangiare il tavolo»). Ed è speciale: l’autrice, l’americana Ruth Krauss (1901-1993), l’ha scritto pensando a veri bambini – quelli che ha sentito parlare nei nidi, negli asili – e il risultato è un mondo – e un linguaggio – sottosopra: tutto qui, dal purè alle feste ai fratelli, è in funzione dei bambini, perché visto (e detto) dal loro punto di osservazione. Una svolta.
Krauss, nel ’52, è già una scrittrice conosciuta – ha già pubblicato due albi destinati a diventare dei sempreverde nella produzione per l’infanzia: nel 1945 Il seme di carota, illustrato da Crockett Johnson (quello di Harold e la matita viola), e Il giorno felice, con Marc Simont, Caldecott Honor nel 1950. Per le illustrazioni, questa volta, sceglie un artista di 23 anni, ancora poco noto: è Maurice Sendak. Insieme, lavoreranno a otto libri. «Ruth – dirà poi Sendak (1928-2012) – infrangeva le regole e ne inventava di nuove, e il suo rispetto per la naturale ferocia dei bambini sfociava in una poesia totalmente fedele alla realtà delle loro vite». Un’eco di tutto questo, circa dieci anni dopo, si farà strada nel capolavoro di Sendak, Nel paese dei mostri selvaggi, altra tappa fondativa della storia dell’albo illustrato. Un buco è per scavare con altri due titoli della coppia Krauss-Sendak – Io ero te e tu eri me, del’54, e Una casa per le farfalle, del 1960 —, tutti ancora inediti in Italia, arriva ora in libreria per Adelphi, che ha avviato da un po’ la pubblicazione dell’opera di Sendak. Nei tre libri, l’artista riempie le pagine di minuscole figurette: sono bambini veri, e usano le cose come fanno i bambini. Su un libro, allora, ci si può tuffare o può diventare un cuscino. E la fantasia, se sono i piccoli a fare le regole, può prendere il sopravvento: succede in Io ero te e tu eri me dove il gioco fa spuntare zoccoli da cavallo sotto le gonne o fonde volpe e lupo in un «volupo».
Ovunque le frasi brevi di Ruth Krauss si accompagnano a ragazzini che ballano, saltano, fanno festa con una grazia ribelle e libera che sembra anticipare quella di Max, il bambino-lupo dei Mostri selvaggi. «Di sicuro si vede già l’originalissima sensibilità di Sendak nel raffigurare l’infanzia con sincerità e rispettoso umorismo, cosa che manterrà per tutta la sua vita – spiega a “la Lettura” Sergio Ruzzier —. C’è anche da ricordare che, durante i primi anni della loro collaborazione, Sendak si affidò moltissimo ai consigli di Ruth Krauss e anche a quelli del marito di lei, Crockett Johnson, a sua volta un grande autore della letteratura per l’infanzia. È da queste esperienze che Sendak impara a padroneggiare il linguaggio del libro a figure, che poi arriverà a rivoluzionare». Ruzzier, illustratore, ha tradotto in italiano i tre titoli Adelphi. Un viaggio in un territorio che gli è familiare, avendo conosciuto in profondità Sendak, prima come lettore – da bambino e da giovane artista – poi dal vivo, nel 2011, quando fu selezionato per una fellowship nella residenza di Sendak nel Connecticut. «Diciamo che in un modo o nell’altro è sempre stato presente nella mia vita, cosa che mi dà molto conforto – racconta Ruzzier —. Recentemente sono anche entrato nel consiglio d’amministrazione della Sendak Foundation che si occupa di proteggerne e promuoverne l’opera artistica, dai libri alle scenografie a tutto il resto». Di Sendak – premio Andersen nel 1970, Astrid Lindgren nel 2003 —, Ruzzier ha un ricordo vivo: «Era un critico molto severo, anche e soprattutto verso il proprio lavoro, un perfezionista. Se uno osserva i suoi libri, non c’è alcun dettaglio, per piccolo o insignificante che possa essere, che non sia stato eseguito con la stessa cura e attenzione riservata agli elementi principali. Lui è la mia pietra di paragone, ingombrante ma indispensabile».
In questa occasione (ma non è la prima volta), Ruzzier ha smesso per un po’ i panni dell’artista per indossare quelli del traduttore: si colgono aspetti nuovi, cambiando angolo di osservazione? «Senz’altro, anche più di quanto avrei pensato. Traducendo, in qualche modo si ripercorre il processo creativo degli autori e a volte ci si rende conto del perché di certe scelte. Io ho anche la fortuna di essere in contatto con persone che conoscevano Sendak già dai primi anni Settanta, e spesso mi capita di interpellarle, magari per sciogliermi qualche dubbio. Quando ho tradotto Bombo-Lardo (per Adelphi) ho potuto confrontarmi con l’editor originale, che mi ha fornito informazioni preziosissime. Questi tre libri scritti da Krauss sono stati piuttosto impegnativi da tradurre, per via del loro particolarissimo linguaggio, che è poi il linguaggio dei bambini: poetico, spiazzante e giustamente sgrammaticato».
Krauss e Sendak sono stati due innovatori: che cosa resta oggi di più vivo della strada che hanno aperto? «Secondo me non ne hanno aperta nessuna, se con questo vogliamo intendere una scuola o una poetica che venga tramandata da degli epigoni. E questo è un bene. Esistono autori e illustratori che oggi producono libri belli, originali e divertenti e che seguono una loro propria poetica, come per esempio Rowboat Watkins o Ali Bahrampour, che non a caso Sendak apprezzava moltissimo». La cosa più importante che ha imparato da Sendak? «Che quando un editore ti invita al ristorante devi sempre ordinare la fiorentina, o insomma la cosa più costosa nel menù. Sembra una battuta ma se ci si pensa non lo è».