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 2025  marzo 30 Domenica calendario

Là dove osano i piccoli lettori

Nell’editoria per ragazzi ci sono zone di influenza che cambiano nel corso degli anni, Paesi emergenti, tendenze che si impongono varcando le frontiere. Sfogliare il catalogo che riassume i sessant’anni dei Bologna Ragazzi Award (Braw), i prestigiosi premi della Bologna Children’s Book Fair che ogni anno seleziona i picture book più belli a livello internazionale, significa osservare una mappa geopolitica fondata su criteri come la qualità grafico-editoriale, l’innovazione, la capacità di mettersi in dialogo con i giovani lettori. I Braw sono tra i premi più prestigiosi anche dal punto di vista del mercato, perché consentono a editori, autori e illustratori di portare il proprio lavoro all’attenzione internazionale. Lo si capisce dai numeri: quest’anno sono stati candidati quasi 4.000 libri da 68 Paesi e regioni del mondo.
Nato come evoluzione del Torchio d’oro, istituito nel 1964 insieme alla nascita della fiera, il premio ha posto da subito l’attenzione sulla cura degli aspetti tecnici ed estetici. Non a caso nella giuria c’era Giovanni Pintori, pittore, designer, padre nobile della grafica italiana, creatore del design della Olivetti. Dal 1966, quando ancora si chiamava Graphic Prize, ad oggi che le categorie sono diventate cinque (Fiction, Non fiction, Opera prima, Comics, Toddler a cui si è aggiunta il premio speciale New Horizons e, quest’anno, la categoria Sostenibilità) sono 843 i libri premiati a Bologna e, come spiega Isabella Del Monte, responsabile dei progetti culturali di Bologna Children’s Book Fair, coordinatrice del catalogo, ricostruirlo non sarebbe stato possibile senza il lavoro di raccolta e catalogazione dei libri premiati fatto dalla Biblioteca Salaborsa Ragazzi di Bologna. Sono stati recuperati dati bibliografici e iconografici che nel corso del tempo erano andati persi, sono stati ritrovati nomi di autori, illustratori ed editori precedentemente omessi e, in alcuni casi, sono stati riportati alla luce capolavori dimenticati.
La sequenza di tutti i volumi premiati permette di ricostruire le svolte, l’evoluzione del gusto, delle mode, di individuare i pionieri in un settore che nel corso del tempo ha acquisito sempre maggiore forza. «Ciò che emerge in maniera abbastanza macroscopica da questi sessant’anni di Braw è che ci sono tendenze che durano per una serie di anni e resistono a prescindere dalle giurie che, invece, cambiano ogni volta» spiega a «la Lettura» Giorgia Grilli, docente di Letteratura per l’infanzia all’Università di Bologna. «Per i primi 25 anni del premio, diciamo fino agli anni Ottanta, c’è stata una fascinazione di tutti gli esperti che si sono susseguiti, per titoli che venivano dalla Mitteleuropa. Quindi l’Austria, la Germania ancora divisa in due, la Polonia e tutte le zone limitrofe. Quella che allora era la Cecoslovacchia piazzava tre titoli ogni anno».
La cortina di ferro esercitava un fascino particolare tanto che nel 1972 la traduzione in tedesco del Piccolo hobbit di J. R. R. Tolkien, illustrato da Klaus Ensikat, ottenne una doppia menzione speciale. Nel 1971, infatti, Der kleine Hobbit era stato pubblicato contemporaneamente nella Germania Ovest da Georg Bitter Verlag e nella Germania Est da Der Kinderbuchverlag. Ad entrambe venne attribuito un premio, nello sforzo ideale di superare, almeno virtualmente, il Muro di Berlino. «Se c’è un aspetto che è rimasto invariato negli anni è che il Braw seleziona in maniera molto coerente i libri più innovativi dal punto di vista del progetto editoriale, grafico, visivo. Insomma sceglie quelli che sono un passo avanti
– spiega ancora Giorgia Grilli —. Sicuramente quei Paesi erano allora all’avanguardia da questo punto di vista e, soprattutto, offrivano uno sguardo diverso, originale. Quell’ondata poi si è completamente esaurita e oggi da lì arriva pochissimo. Fuori dall’Europa, invece, c’è stata la grande stagione di Giappone e Iran, due Paesi che hanno alle spalle un’enorme cultura del visivo, nelle miniature, nell’arte, emersa anche nei libri per bambini». Se l’Hans Christian Andersen Award è il premio più importante dato agli scrittori e agli illustratori per il corpus della loro opera, il Braw è il più importante dato ai singoli titoli: «Perché questa vetrina che li isola all’interno della Fiera del Libro di Bologna – continua Giorgia Grilli – fa sì che diventino modelli a cui poi tutti si ispirano. È importante anche in termini di sofisticazione perché l’idea di base che circola è che i libri per bambini devono essere semplici, devono essere over colored, devono essere allegri. Lì invece si vedono libri mai banali, magari cupi o apparentemente complessi che inducono a chiedersi: ma si possono dare ai più piccoli? Non solo si possono dare, ma poi li fanno anche gli altri». L’innovazione parte dalla grafica ma a volte va oltre: «L’estetica per il Braw arriva prima del contenuto e infatti sono spesso premiati testi e fiabe classiche, ma è vero che a volte anche il contenuto segue la grafica sul terreno dell’innovazione. In questo senso è stato sempre un motore di sperimentazione editoriale».
Antonio Faeti, grande visionario studioso di letteratura per ragazzi, è stato per una quindicina d’anni presidente fisso della giuria: «Con lui – dice Grilli che è stata sua allieva— la vocazione del Braw di selezionare i libri più audaci, più sofisticati, meno ovvi, è diventata sistematica e si è consolidata. Faeti è la persona di mente più aperta che esista, in termini sia artistici che educativi (come pittore, docente e studioso onnivoro di qualunque cosa), e questo si rifletteva nel Braw da lui presieduto».
L’autorevolezza della giuria è stato uno dei punti di forza del premio, con i grandi nomi della grafica mondiale come Bob Noorda, Milton Glaser, Saul Bass, Massimo Vignelli, Alan Fletcher, Roman Cieslewicz, Heinz Edelmann. «Le giurie – spiega Grilli – sono formate da professionisti non necessariamente del campo dell’educazione ma anche della grafica, del visivo, dell’editoria, insieme ovviamente anche a studiosi ed educatori. Questo mix fa sì che ci si spinga sempre un po’ più in là».
Gli anni Ottanta possono essere considerati gli anni dei grandi maestri. «In quel periodo – continua Giorgia Grilli – non è più tanto l’area di influenza ad essere dominante quanto i singoli autori. Sono gli anni degli illustratori star come Maurice Sendak, Tomi Ungerer, Etienne Delessert, Eric Carle. Quelli che tutti conoscono davvero, sono stati premiati in fiera, in un circolo virtuoso capace di individuare i migliori». Lo stesso è successo con alcuni editori «adottati» dalla Fiera che ha dato loro visibilità internazionale. «Come l’americana Creative company che pubblica Roberto Innocenti – continua Grilli —. Negli Stati Uniti non è conosciuta, è veramente un piccolo marchio di nicchia con una produzione e una distribuzione relative. Da noi tutti la conoscono, tutti fanno un salto allo stand di Tom. Un’altra minuscola casa editrice amatissima dalla fiera di Bologna è la spagnola Media Vaca arrivata al Braw con libri sui poveri di Calcutta, i lebbrosi, insomma su temi complessi. Oppure piccole case editrici come le portoghesi Planeta Tangerina, Orfeu Negro, o l’araba Kalimat. Ecco, Bologna cerca le nicchie e le porta all’attenzione globale».
La geografia del tratto torna ad essere dominante negli anni Novanta con i francesi che fino ad allora erano stati più defilati: «Ad oggi sono loro i più innovativi, quelli che fanno i libri più spettacolari, anche nella non fiction, al punto che le giurie devono autoimporsi di non premiare solo loro. D’altronde fanno un investimento economico incredibile sotto tutti i punti di vista: carta, formato, materiali. La cosa interessante è che questo non riguarda solo una o due case editrici, come nel caso della Mitteleuropa, ma tutte, da Gallimard a Seuil, da L’école des loisirs ad Albin Michel fino alle più piccole. Tutte osano».
Negli ultimi anni è ben visibile la presenza dei coreani, molto interessati ai picture book occidentali, al punto da dedicare a Seul grandi mostre ad autori come Steven Guarnaccia e, ora, a Fabian Negrin. «Quest’anno i titoli coreani inviati al Braw erano numericamente superiori a qualunque altro» conferma Giorgia Grilli. Suscita grande interesse la produzione dei Paesi scandinavi «con questa loro idea di infanzia molto più autonoma della nostra, più scanzonata, meno da tenere sotto controllo. Libri che si allontanano dal tono educativo, dal retrogusto moraleggiante, dalla logica adulta».
L’attenzione ai luoghi che per motivi diversi restano fuori dai radar del mercato e dello scambio ha fatto sì che all’inizio degli anni Duemila nascesse il premio speciale New Horizons: «Lo sguardo ai Paesi più lontani, silenti, è diventata sistematica. Da lì arriva il successo dell’indiana Tara Books, un’altra casa editrice amatissima dalla Fiera. E editori di Paesi come Messico, Egitto, Brasile, Cile, Libano non sarebbero altrimenti mai arrivati senza questa luce puntata».
L’esplosione del mercato ha moltiplicato le categorie: «Sono fioriti il mercato dei toddler, cioè gli 0-3 anni, quello dei comics, quello della non fiction che per certi versi, dal punto di vista dell’innovazione, ha superato anche la fiction con un’idea nuovissima: anche l’informazione, la scienza, possono passare attraverso la bellezza».