La Lettura, 30 marzo 2025
Qui il crimine è di casa. Mamma e figlia gialliste
Tale madre, tale figlia. L’adagio è vero per metà nel caso di Viveca e Camilla Sten nel senso che entrambe fanno lo stesso mestiere, sono scrittrici, ma non potrebbero esserlo in maniera più diversa!
In occasione dell’uscita del thriller Dimenticate (Marsilio, in libreria dal 1° aprile), decimo caso della serie bestseller ambientata nella località di Sandhamn, ideata dalla giallista Viveca; e a poche settimana dall’uscita de L’erede (Fazi), secondo giallo pubblicato in Italia da Camilla (che non scrive solo thriller), «la Lettura» ha fatto dialogare mamma e figlia di legami e letteratura, di come si scrive un libro, di come si creare la suspense, di come ammazzare qualcuno...
Come convivono due scrittrici sotto lo stesso tetto?
CAMILLA STEN – Ho pubblicato il primo libro a ventitré anni e vivevo già da sola! Sarebbe stato difficile per me mentre vivevo in famiglia costruire la mia identità di scrittrice. Dal periodo del Covid vivo a Barcellona con mio marito».
VIVECA STEN – A me sarebbe piaciuto che lei restasse a casa fino a novant’anni. Che i figli stessero sempre con loro, non è ciò che tutte le madri vorrebbero? (ride). Per me è stato molto bello vedere Camilla diventare una scrittrice, la sua determinazione, la sua diligenza. E questo ha permesso al nostro rapporto di svilupparsi in una nuova dimensione, mi ha dato l’opportunità di rispettare mia figlia anche come professionista.
Non sono molti i casi di genitori e figli entrambi scrittori, vengono in mente i due Alexandre Dumas. Nel vostro caso c’è anche una coincidenza di genere: entrambe scrivete «crime». C’è un Dna giallo in famiglia?
CAMILLA STEN – No, non ho ereditato questa passione da mia madre. Anche se sembra che scriviamo di cose simili in realtà siamo molto lontane; le storie crime di mia madre sono una sorta di miracolo di reinvenzione, seguono una formula: prendere un genere conosciuto e trovare un dettaglio che rende la storia unica. Per me, invece, il genere thriller è un po’ all’opposto: prendere un’idea e lavorarci il più possibile affinché aderisca a quel determinato genere. Quindi, in un certo modo, quello che sto facendo è ribellarmi a come scrive mia madre! Avevo quindici anni quando lei ha pubblicato il suo primo romanzo. Quando ho iniziato a scrivere avevo bisogno di trovare un mio modo di esprimermi e credo che il genere thriller ora rispecchi anche la mia persona, ma con un diverso approccio e con un target diverso rispetto a lei.
Da scrittrice, mamma Viveca che consigli ha dato alla figlia? O magari le ha suggerito di fare un altro mestiere...
VIVECA STEN – Abbiamo sempre parlato molto di scrittura. Penso che il mio contributo più grande sia stato essere un esempio vivente. Mostrare che si può essere una scrittrice e vivere di scrittura e che per farlo serve una certa disciplina. Devi rispettare le scadenze e tenere presenti anche molti aspetti pratici. Quando ero giovane ho sempre voluto fare la scrittrice o la giornalista ma nella mia famiglia non c’era spazio per lavori che non fossero convenzionali come il medico o l’avvocato. Da ragazza non pensavo neanche che si potesse sul serio fare la scrittrice di lavoro, Camilla invece è cresciuta vedendomi passare ore e ore nel mio ufficio a lavorare su un libro, quindi per lei è del tutto normale. Le ho dato consigli? Sì certo, su aspetti estremamente pratici: come firmare un contratto o come proporsi a un editore.
CAMILLA STEN – In effetti era mio padre che non voleva che fossi una scrittrice. Deve aver pensato: due scrittrici in una famiglia sono troppo! Invece mia madre mi ha sempre sostenuta molto.
VIVECA STEN – Certo, perché Camilla è quella con più talento in casa nostra. Sono una macchina da lavoro, spendo ore e ore a scrivere i miei testi; lei invece ha questo... come dire... tocco magico che a me manca. Sono molto tenace e testarda, quindi compenso passando più ore a lavorare ai miei libri.
CAMILLA STEN – Abbiamo semplicemente modi diversi di scrivere.
Per entrambe i luoghi dove le vostre storie si svolgono sono importanti: Viveca ha costruito una serie gialla intorno all’isola di Sandhamn; ne «L’erede» Camilla fa ruotare l’azione attorno ai misteri di una grande casa isolata.
CAMILLA STEN – È interessante che i libri di mia madre siano ambientati tutti in posti reali mentre i miei si svolgano sempre in luoghi inventati. La villa di cui scrivo non esiste così come non esiste il paesino del primo giallo. Nel mio nuovo libro, che sta per uscire nel Regno Unito, la storia si svolge su un’isola che ho totalmente inventato. Mi piace ambientare i libri in posti che non esistono: mi permette di avere il completo controllo dell’ambiente circostante. Posso adattarlo a seconda di come richiede la storia. Al contrario mia madre è bravissima a catturare la realtà, l’anima dei luoghi.
VIVECA STEN – In effetti è così. Ammiro molto chi riesce a inventare luoghi. Per raccontare di un posto devo sentirlo, conoscerlo: le montagne, il ristorante, la casa, gli odori... Non potrei immaginare un posto da zero, non potrei ricordare tutti i dettagli. E questo è anche il motivo per cui scatto un mucchio di foto dei luoghi di cui devo parlare e le consulto continuamente. Ho bisogno di prendere familiarità con ciò di cui sto scrivendo.
CAMILLA STEN – Nell’invenzione a me piace che l’ambiente circostante rispecchi i sentimenti dei personaggi, però, lo confesso, darei qualsiasi cosa nella realtà per poter visitare i luoghi che invento: le case abbandonate nei boschi sono tra i miei luoghi preferiti in assoluto!
VIVECA STEN – E pensare che io per un libro che stavo scrivendo ho girato con mio marito per tre giorni nel nulla prima di trovare l’angolo giusto. Siamo andati fino al confine con la Norvegia e abbiamo guidato per ore cercando i dettagli che mi potevano servire.
Dai romanzi ambientati a Sandhamn è stata tratta una serie tv di successo.
VIVECA STEN – Sì e ci ho recitato, più di un volta: una madre con un bambino, una parente in lutto... E ho partecipato anche alla nuova serie Åremorden – Gli omicidi di Åre, lì ho interpretato un tecnico della scientifica.
Anche Camilla ha familiarità con la recitazione. Non in tv ma in teatro.
CAMILLA STEN – Vero. Faccio stand up comedy. Mi esibisco da 3 a 5 volte alla settimana; a febbraio ho fatto il mio primo spettacolo da sola, uno show di un’ora. È una passione, uno stimolo creativo. E siccome non ti serve per campare puoi anche rischiare di più.
VIVECA STEN – Lo show non l’ho ancora visto... Camilla non ha voluto che io e suo padre andassimo, diciamo che stiamo ancora negoziando...
CAMILLA STEN – La verità, mamma, è che faccio battute molto sporche (ride).
In passato avete scritto assieme. Com’è andata? Lo rifarete?
VIVECA STEN – Mi piacerebbe scrivere altre cose insieme, ma credo che Camilla sia troppo impegnata. Abbiamo scritto una trilogia fantasy, ci sono teenager entusiaste che ci scrivono per sapere quando esce il quarto capitolo.
CAMILLA STEN – Ho tre libri che devono uscire nel prossimo anno e mezzo: uno in America a giugno, uno in Svezia nella prossima primavera e poi un altro libro in inglese sempre per il 2026. È difficile coordinare i programmi di due scrittrici: quando una ha un momento libero, l’altra ha una consegna.
Quando è il momento migliore della giornata per scrivere? E c’è un luogo preferito?
CAMILLA STEN – Sempre nel pomeriggio. Di solito mi sveglio tardi, prendo un caffè con mio marito, passo un paio d’ore a rispondere alle email o a fare ricerche o anche sto senza fare nulla. Dalle tre-quattro alle sette scrivo. Il mio posto? Il lato sinistro del divano, invece mio marito scrive sul lato destro. Sembra un piccolo ufficio: ognuno ha il suo computer. Non è forse la situazione più evocativa però funziona. Lavoro meglio quando c’è qualcun altro nella stanza. Prima chiedevo a qualche amico o conoscente di stare con me mentre scrivevo. Ora la mia routine è perfetta, avere un marito dà grandi vantaggi.
VIVECA STEN – Per me è l’opposto. Mi piace svegliarmi presto, faccio un’ora di yoga o di meditazione; dopo colazione mi dedico al lavoro: il mio momento migliore è prima dell’una, vado avanti con pause fino alle cinque. Lavoro solo seduta alla scrivania. Viviamo ad Åre in inverno, a Sandhamn in estate e il resto del tempo a Stoccolma: ho una mia postazione di lavoro in ognuno di questi luoghi.
CAMILLA STEN – Poi mamma ascolta musica diversa per ogni libro.
VIVECA STEN – Sì, è vero, creo playlist sempre diverse su Spotify.
CAMILLA STEN –...mentre io ascolto sempre la stessa musica: Ludovico Einaudi, l’album Una mattina. Penso di avere scritto sei libri con questo soundtrack.
VIVECA STEN – Quando inizio un nuovo libro ho bisogno di ascoltare molto per trovare la musica perfetta per la storia. Questo poi mi mette subito nel mood: parte la musica e sono nell’atmosfera giusta per scrivere. Per Dimenticate sono stati i Queen e Leonard Cohen. Per altri libri era toccato alle musiche per I miserabili o a tutto Ciaikovskij.
Nei ringraziamenti finali Viveca esprimere riconoscenza verso Camilla.
VIVECA STEN – Un sacco di volte ho chiamato Camilla perché ero bloccata con un personaggio. Ha studiato psicologia, è brava a capire questo tipo di situazioni. Anche solo parlarne mi aiuta, la mia mente ricomincia a girare e in un istante so che cosa deve fare quel personaggio. Nell’ultimo libro avevo costruito un profilo psicologico del criminale e ho chiamato Camilla per sapere come si sarebbe potuto comportare in una determinata situazione.
CAMILLA STEN – Sono strane le conversazioni tra madre e figlia? Beh dovreste vedere le nostre ricerche su Google. Tipo, l’altro giorno ho cercato se era possibile tagliare la testa di una persona usando un coltello da pane.
VIVECA STEN – Le ricerche su internet di uno scrittore bastano a mandarlo dietro le sbarre per un bel po’ di anni!
Nei ringraziamenti Camilla dedica il libro alla nonna materna Lisbeth.
CAMILLA STEN – Da nipote hai sempre un rapporto un po’ diverso con i nonni di quello che hanno i tuoi genitori. Un genitore e un nonno sono due persone molto diverse anche se sono la stessa persona. Mia nonna era insieme interessante e difficile, divertente e acuta, aveva l’abilità di vedere oltre, nel bene nel male. Poteva essere la persona più gentile del mondo o dopo soli cinque minuti la più crudele. L’intero libro è ispirato a lei.
VIVECA STEN – Aveva i capelli scuri, era bella, somigliava a Elizabeth Taylor. Sembrava italiana. Ed era piena di vita.
A proposito di Italia: libri e luoghi del nostro Paese per voi significativi?
CAMILLA STEN – Sono stati molto formativi i libri di Elena Ferrante, li ho letti e riletti. Riguardo le località: il secondo appuntamento con mio marito è stato a Milano e l’anniversario di matrimonio l’abbiano festeggiato a Napoli.
VIVECA STEN – Ho amato molto Il pendolo di Foucault di Umberto Eco. Tra i mie luoghi del cuore: Castelmola, un piccolo villaggio della Sicilia dove lo scorso ottobre abbiamo rinnovato le nostre promesse di matrimonio. Poi Roma: ci viveva un’amica, ci sono andata una dozzina di volte ed era sempre una scoperta.
La conversazione con le scrittrici Camilla e Viveca Sten si è svolta in videochiamata all’inizio di marzo; ha partecipato Francesca Varotto, traduttrice, editor Marsilio, responsabile della narrativa straniera