il Fatto Quotidiano, 29 marzo 2025
“Per me, vivere è un miracolo, scrivere una m.”
Una vita lunga mezzo secolo esatto. Nato a Santiago del Cile nel 1953 e morto a Barcellona nel 2003. Sulla scorta di una bibliografia di migliaia di pagine – ripartita in romanzi, racconti, poesie – Roberto Bolaño è forse lo scrittore di maggiore fortuna critica degli ultimi decenni. Il decesso prematuro ha propiziato un culto postumo suffragato da una mitografia ben orchestrata: ex tossico, figlio di un camionista e di una insegnante, fugge dal Cile verso il Messico, poi riapproda in Cile prigioniero dopo il colpo di stato di Pinochet e fondatore di un movimento avanguardista, infine vagabondo in Europa con le sue opere più celebri scritte febbrilmente negli ultimi anni di vita.
Sul fronte della nostra editoria, prima della consacrazione, è Sellerio dagli anni 90 a scoprire e tradurre una dozzina di opere del cileno grazie al fiuto dell’ispanista Angelo Morino (omaggiato da Bolaño in 2666 con il personaggio del critico Piero Morini). Tra gli altri, passano a suo tempo inosservati La letteratura nazista in America (1998), che sciorina un panorama inventato di scrittori filonazisti, e Stella distante (1999) con un ex pilota militare killer di poeti e operatore di snuff movies in fuga sotto identità fittizie. Targato Mondadori anche Amuleto (2001): una poetessa resta reclusa nel bagno di una università messicana nel 1968 durante l’irruzione dei reparti militari antisommossa.
Al redditizio paniere del “caro estinto” si aggiunge oggi la raccolta inedita Il segreto del male (sedici racconti non propriamente memorabili espiantati dall’hard disk da vedova e agente) che Adelphi antologizza insieme alle altre tre raccolte celebri di testi brevi sotto l’insegna di Tutti i racconti. Menzione d’onore per Savi di Sodoma: il futuro premio Nobel Naipaul in viaggio a Buenos Aires comprende l’incombere della dittatura nella consolidata attitudine argentina alla sodomia e per Il figlio del colonnello: omonimo film in cui una coppia di innamorati vive disavventure popolate da zombie e messicani balordi. È sempre una fauna altrettanto variegata e stramba a popolare le short stories di Puttane assassine (tra cui lo spettro di un uomo che vede venduto il proprio cadavere a uno stilista francese necrofilo) e di Il gaucho insopportabile (tra cui un topo poliziotto che nella rete fognaria cerca un feroce assassino): scrittori falliti, detective ambigui, giovani sfaccendati. Emblematico, in Chiamate telefoniche, Joanna Silvestri nel quale una pornostar in visita a un vecchio collega stanco e malato di Aids percorre le strade di Los Angeles “sotto il manto della notte come in una canzone di Nicola Di Bari”. Il premio Strega Lagioia si è domandato: “Come fa Bolaño a conoscere persino Nicola Di Bari?”. Segno di un universo narrativo che mescola citazioni dotte e suggestioni nazionalpopolari.
I suoi protagonisti – letterati, prostitute, giramondo, criminali – sono sradicati senza veri legami sullo sfondo di dittature militari, narcotrafficanti, delitti seriali. Spesso si ha l’impressione di un reiterato autoplagio perché i romanzi dell’autore sono interconnessi tra loro. Per di più si sprecano digressioni, snodi che vengono lasciati cadere, narratori e punti di vista che si sovrappongono. Valgano i monumenti di carta pubblicati in prima edizione italiana tra il 2003 e il 2004 I detective selvaggi e 2666. Il primo narra le peregrinazioni e la dispersione di un gruppo di giovani messicani che negli anni 70 fondano un’avanguardia poetica. Tra i protagonisti Arturo Belano (evidente alter ego dell’autore). Il secondo, opera-mondo suddivisa in cinque libri, racconta storie diverse che si rivelano collegate: un gruppo di critici letterari appassionati all’opera di Benno von Arcimboldi, un solitario scrittore tedesco; un professore di filosofia cileno che si trasferisce in Messico preoccupato per il numero di femminicidi nella città dove vive la figlia; un giornalista afroamericano che va in Messico per seguire un incontro di boxe; elenco sterminato dei femminicidi e degli uomini accusati di averli perpetrati. Singolare che un autore tanto fecondo e prolifico come Bolaño ebbe a dire in un’intervista che “vivere è un miracolo irripetibile e scrivere, invece, è abbastanza una merda. La cosa meravigliosa della letteratura è essere lettore”.