Il Messaggero, 29 marzo 2025
Mio figlio Mattia dal pianto all’oro
Si dice che dietro ad un grande uomo ci sia sempre una grande donna. Mattia Furlani è poco più di un ragazzo, ma è già grande: domenica a Nanchino, in Cina, a 20 anni è diventato campione del mondo di salto in lungo indoor e tutti giurano che sarà il primo oro di una lunga serie. Dietro a lui c’è mamma Kathy Seck, ex atleta velocista di origine senegalese, che ha costruito i successi di questo piccolo grande uomo che sta facendo innamorare il mondo, educato come pochi, che quando vince corre ad abbracciare la mamma e parla sempre al plurale. Il Golden Gala di Roma per festeggiare con i tifosi dopo il bagno di folla di mercoledì con oltre 3mila ragazzi a Rieti, i mondiali di Tokyo come tappa e le Olimpiadi di Los Angeles come obiettivo.
Signora Seck, che significato hanno quel plurale usato sempre da Mattia e quell’abbraccio ormai rituale?
«Lui è cosciente del fatto che i risultati sono sempre il frutto del lavoro di un team, fasi in cui si studia tutto. Per questo il risultato finale è sempre un “noi”. L’abbraccio significa un po’ tutto. C’è dentro la sua consapevolezza e la sua gratitudine verso di me, per come affronto le difficoltà di essere genitore e allenatore, cercando di far incastrare tutto alla perfezione».
Mamma e allenatrice: come gestisce i due ruoli?
«Ci sono molte similitudini, perché un allenatore spesso diventa anche una sorta di “genitore”. Credo che la cosa importante sia distinguere i momenti e le varie fasi. In campo alleno, a casa educo mio figlio».
L’educazione è uno dei punti forti di Mattia, spesso citata quanto le doti sportive. Cosa ne pensa?
«I complimenti per la sua educazione sono quelli che apprezzo di più, perché è la base fondamentale sulla quale si fonda il rispetto. Ho avuto la fortuna di avere 3 figli sportivi (Erika nazionale nell’alto, Luca velocista, ndr) e lo sport è stato un prezioso alleato nella loro formazione».
Pensi a un mese fa. Agli Europei ad Apeldoorn Mattia chiude secondo ed era arrabbiato. Come siete ripartiti?
«Gli ho sempre detto che ogni gara è un momento di crescita. In Olanda avevamo introdotto aspetti tecnici importanti che andavano provati in gara, anche in vista il mondiale. Dopo Apeldoorn ha passato la settimana in lacrime, ma gli ho fatto capire che era un passo. Non l’ho fatto allenare e mi sono presa cura di lui a livello mentale».
Cos’è cambiato per arrivare pronti a Nanchino?
«Ho chiesto alla Federazione di poter partire prima per la Cina, perché volevo fargli respirare l’aria mondiale allenandosi sul posto. Ogni giorno si gasava sempre di più: l’attesa è stata lunga, ma è arrivato carico alla gara e consapevole dei suoi mezzi».
Era l’atleta più atteso. Ha pesato su di lui?
«Gli ho detto che, comunque fosse andata, doveva uscire dalla gara consapevole di aver dato tutto. Ha accusato un fastidio al polpaccio dopo un salto, poteva saltare un turno, ma abbiamo deciso di andare avanti perché doveva dare tutto. Sono stata lucida e abbiamo puntato sull’aspetto tecnico».
Il 2024 è stato l’anno magico con la prima Olimpiade. Mattia ha preso il bronzo non ancora ventenne anni ma, ripensandoci, c’è un po’ di rammarico per l’argento?
«La decisione di passare definitivamente al salto in lungo l’abbiamo presa prima dei mondiali di Budapest, a luglio 2023. A Parigi abbiamo detto che non aveva nulla da perdere e tutto era un sogno: qualsiasi colore di medaglia sarebbe andato bene. Le vere Olimpiadi di Mattia non erano quelle del 2024, ma sono quelle di Los Angeles del 2028».
E adesso Mattia è l’uomo da battere. Prossima tappa i mondiali di Tokyo: come li preparerete?
«La pressione fa parte del gioco e ci gasa. Ora avremo un po’ di pausa, poi faremo un training camp all’estero. Ci saranno 3 o 4 tappe di Diamond League, inclusa quella al Golden Gala di Roma: la prepareremo al meglio, perché sarà l’occasione per ringraziare i tifosi italiani».
Ci sarà una tappa che salterà per un altro evento speciale, che vedrà lei ancora più impegnata, giusto?
«Sì, quella in Cina, perché è il giorno prima del matrimonio di sua sorella Erika. È un giorno speciale che ci emoziona tantissimo, il sogno di ogni donna e saremo tutti a festeggiare insieme a lei. La nostra è una famiglia molto unita e i ragazzi si sostengono a vicenda».
Vivete a Rieti da anni. Com’è la vita di provincia?
«Ci siamo arrivati grazie ad Andrea Milardi che è stato come un padre per noi. Anche il nostro team è composto da tanti reatini, a partire dai fisioterapisti Luigi e Vincenzo Iachetti. La città ci segue e ci sostiene sempre e in ogni momento. Anche quando vado dal macellaio ormai parliamo delle gare di Mattia e commentano le sue prestazioni. È divertente e bello».