La Stampa, 29 marzo 2025
"La sedia di papà a Superga vicina al Grande Torino Nessuno l’ha dimenticato"
«Oggi andrò a camminare in montagna nelle valli bergamasche, dove il telefono non prende: così potrò stare da sola e il più vicino possibile al cielo per sentire meglio papà». Non c’è giorno che Clara Mondonico non pensi a Emiliano, ma nel settimo anniversario della sua scomparsa c’è un “Mondo” di amore che scalda i cuori e rende ancora più eterno questo allenatore totemico.
Clara, come è stato riempito il vuoto lasciato da papà?
«Dall’infinito affetto della gente. È servito nel 2018 per provare a superare quel dolore, ma serve tantissimo ancora adesso. È bello sentire che tanti gli vogliono ancora bene».
Si dice che uno raccoglie quello che semina nella sua vita...
«Ha dato e ricevuto tanto, ma penso che sia stato anche un maestro di vita. Le immagini di allenatore e malato di cancro sono strettamente legate e anche per questo nessuno l’ha dimenticato. Quando abbiamo saputo della malattia, per uno spirito di autoconservazione non volevamo comunicarlo. Ma lui con la massima serenità ha detto “ho bisogno del mio popolo”. E infatti il sostegno, la forza e il coraggio che gli ha dato il mondo del calcio è stato qualcosa di unico».
Domani si gioca Fiorentina-Atalanta. Che effetto fa?
«Non credo sia una coincidenza. Due squadre e due piazze che ha amato tantissimo, insieme al Toro. Probabilmente voleva godersi una delle “sue” partite in questi giorni».
Che cosa resta di Emiliano Mondonico?
«La sincerità è l’eredità più forte. Lui non ha mai illuso nessuno e si è preso responsabilità che non erano sue. Ma difendeva il gruppo come una famiglia: per questo è stato male quando persone che apprezzava gli hanno voltato le spalle, ma alla fine ha avuto ragione lui. Papà era avanti mille secoli».
I tifosi gli sono sempre stati fedeli...
«E vicini. Infatti al funerale di papà erano tutti insieme a ricordarlo e salutarlo. Ma lui univa anche quando era vivo: ricordo perfettamente Atalanta-Toro nel maggio 1992, quando aveva appena perso “quella” finale di Coppa Uefa. I granata vinsero a Bergamo 3-1 e lui venne portato in trionfo dagli spettatori nerazzurri: come mettere insieme il diavolo e l’acqua santa, ma nessuno è stato amato e rispettato come lui».
Quella finale ha regalato anche una delle immagini più iconiche nella storia del Toro: Mondonico che alza la sedia al cielo per protesta e rabbia dopo un rigore non concesso, in una partita dove i granata hanno preso tre pali e perso una coppa con due pareggi.
«Quella sedia l’ho vista appoggiata al Filadelfia il giorno della sua morte, ma soprattutto c’è uno sgabello a Superga a ricordarlo. Papà con gli Invincibili e dire che io a Superga sono salita per la prima volta solo nell’agosto 2023».
Non c’è andata neanche quando vedeva il Toro in curva Maratona?
«No, perché mi sembrava un modo sbagliato con il rischio di ostentare nel ricordo del 4 maggio. Invece quel giorno d’estate ero a Torino e sono salita da sola: era una bellissima giornata di sole, ma quando sono arrivata davanti alla lapide è diventato tutto buio per un temporale. L’ho inteso come un segnale e vedendo lo sgabello vicino ai ragazzi del Grande Torino mi sono messa a piangere come una bambina. È stata un’emozione incredibile e Superga ti trasmette che cosa vuol dire essere del Toro, ma lo devi capire da solo».
Una delle ultime immagini felici di Emiliano è stata all’inaugurazione del Filadelfia nel maggio 2017...
«Sì e c’era anche suo nipote Lorenzo, che quel giorno ha capito perché il nonno veniva sempre salutato da tanta gente sconosciuta. Papà è cresciuto al Fila come giocatore ed è stato l’ultimo ad allenare su quel campo, oltre ad alzare l’ultimo trofeo vinto dal Toro. Le persone passano, ma l’anima resta. Come il senso di appartenenza che poche squadre al mondo possono vantare».
Lei era una ragazzina, ma che ricordi ha di quel Filadelfia?
«Il cortile, con tutti quei tifosi anziani che ti aspettavano per parlarti o dirtene di tutti i colori se avevi perso. Non potevi scappare o chiudere le porte come fanno adesso, ma se ci metti sempre la faccia, poi la gente ti rispetta».
L’amore incondizionato per suo papà se l’è persino tatuato sul suo corpo («Eternamente tua») e presiede l’associazione che porta avanti i messaggi di Emiliano Mondonico. Ma che cosa era il “Mondo” per lei?
«Era la mia certezza. Quando avevo un dubbio o una domanda, lo chiamavo subito. Ancora oggi mi stupisco di non poterlo più fare e anche per questo mi manca tantissimo: è l’uomo che ho amato, era un papà perfetto e un allenatore che si è sempre comportato bene con tutti. Come lui non ne hanno fatto un altro: per questo sono grata di averlo avuto come padre, è stata una fortuna».