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 2025  marzo 29 Sabato calendario

Intervista a Oliver Skardy

Poi dice che uno si butta sul reggae. Eh già. Scanzonati sarete voi esclusivamente rockettari o voi altri innamorati di Valerio Scanu che faceva l’amore «in tutti i luoghi, in tutti i laghi» o voi altri ancora che ballate «esta vida nueva». E loca. No. I Pitura Freska, prima, e il loro guru Sir Oliver Skardy, poi, le hanno cantate e ballate e suonate e denunciate fin dai ’70 col tipico ritmo «in levare» dal battito del cuore come metronomo, caratteristico di questo genere musicale storico. Precisamente a Venessia e quasi sempre in dialetto. Esempi a caso. Marghera: «Ogni anno in Italia mor 30 mila persone de alcol, 20 mila de tabacco, mille di eroina... Ricordete: di marijuana non xe mai morto nissuni! Marghera sensa fabriche saria più sana, ’na jungla de panoce pomodori e marijuana». Papa nero: «Se tuto previsto, ze professìa, parché ’se scrito dai oracoi… E el sarà un òmo dal continente nero… Sarà vero, dopo Miss Italia aver un Papa nero, no me par vero». Solamente due canzoni per capire e capirci. Alla scrittura quest’omone autonominato Sir Oliver Skardy, bidello (dal 1836 fin qui nessuno ha dato di ramazza così a lungo nelle scuole del belpaese), classe1959. Questa del bidello reggae è una storia vera, nata e cresciuta e celebrata tra il Canal Grande e le calle di quel posto meraviglioso che è, e speriamo resti, Venezia. Prima di leggere la filosofia di Skardy due curiosità. Il primo concerto in una piazza San Marco piena zeppa fu presentato nientepopodimeno che da Peter Gabriel. Il primo disco fu prodotto da Elio e ancora non c’erano le Storie Tese. Hai detto, e scritto, niente...
35 anni, anniversario importante, bentornato Sir Oliver Skardy e bentornate canzoni dei Pitura Freska.
«Grassie! Facciamo questo nuovo spettacolo con le canzoni storiche dei Pitura. Da solista ho fatto quattro dischi ma non hanno avuto lo stesso impatto. Si fatica a capire che siamo la stessa cosa. Ora che sono passati così tanti anni dal primo demo tape, Ossigeno, eccoci a pubblicare nuovamente Pin Floi. Faremo una versione un po’ più stravagante e allegra senza politica. Mettiamo un po’ in ordine la memoria con i sani concerti dal vivo visto che ora ci sono solamente quelle specie di raduni telefonici, festival o altro, dove decide appunto il televoto».
Ricominciamo dall’inizio. Come nascono i Pitura Freska e perché quel nome.
«A metà degli Anni ’70 facevamo una sorta di rock demenziale. A Marghera nascono I Pitura con delle comiche tipo Stanlio e Olio, facevamo della gran confusione e facevamo ridere. Ma non c’era una precisa identità. Poi ho visto Peter Tosh e Bob Marley dal vivo, sono tornato a casa e mi son detto: bon, qui bisogna fare sul serio. L’ho detto ai ragazzi, qualcuno si è tirato indietro, qualcuno no e siamo andati avanti fino al 2002, anno dello scioglimento».
Di voi scrissero: ecco i nuovi Skiantos versione veneziana.
«Sì sì, con tutto il gigante rispetto per Freak. La prima jam session era senza capo né coda, una baraonda però con musicisti bravi. Regalavamo energia, un free jazz in rock, dopo ho cominciato a scrivere io».
E avete cominciato con video coloratissimi e leggerezza, certo, ma anche per denunciare un bel po’ di magagne.
«Fondamentalmente era questo lo scopo. Sono cresciuto negli Anni ’60 e ’70 con la musica di protesta, con un nuovo modo di pensare e ho assorbito tutto questo. Quindi giustizia sociale, ecologia… ste robe qui».
Immaginavate un papa nero: profetici?
«Lo siamo stati. Mettiamo un punto fermo. Bergoglio è il capo dei gesuiti quindi per loro è il papa nero. Dopo di lui non credo ci siano cardinali africani candidati. Ho il terrore del dopo Bergoglio...».
Ecco come va il mondo secondo lei, Sir?
«Intanto diciamo che il genere umano è impazzito. C’è ovunque una gestione malata dell’economia e della finanza e tutto nasce, anzi: muore, qui. Perché questa gestione malata produce disastri ambientali, sociali, economici, appunto, e il genere umano dorme e non ha capito un “casso”. Decide ogni piccolo particolare il danaro che viene sempre e comunque prima. Andiamo al contrario. I soldi dovrebbero essere uno strumento nelle mani dell’uomo, invece siamo noi a essere lo strumento degli “schei”. Siamo messi male. A livello di ordine mondiale bisogna ricominciare da qui».
Raccontava della scelta di fare molti live e pochi album.
«Certo, concerti nelle piazze, far rimettere insieme la gente, stare uniti. Più che una scelta è un obbligo. Serve anche a resistere, a non sparire. E poi i costi di produzione dei dischi sono altissimi
ma anche qui c’è uno squilibrio. Dall’introduzione dell’euro i musicisti vengono trattati peggio, le spese sono triplicate, quindi vinci solo se sei in serie A».
E perché proprio il reggae?
«È il fenomeno sonoro più importante della mia vita. Da “picinin” mi piaceva il rock. Dopo ho scoperto il reggae quando stava esplodendo e mi ha impressionato la dimensione sonora, la profondità eccezionale, il messaggio. Anche se “semo” bianchi e nessuno di noi lo suona alla perfezione».
Avete portato il pezzo Papa Nero al Festival. Un’eresia per i vostri sostenitori.
«E perché? Sanremo “xe” una giostra divertente.
È come per un calciatore arrivare in Nazionale. Certo, la competizione non è come lo sport dove vince il più forte. No, vince chi ha più soldi. La butto lì: al festival siamo arrivati quartultimi. Bene, chissenefrega. Dopo un mese eravamo quarti nelle vendite. In campo artistico è tutto falsato. Non più album, canzoni e robe varie ma solo like, social e ste menate che decidono i presunti vincitori».
Tra i colleghi chi ascolta?
«Reggae
. Ma all’Ariston mi è piaciuta Serena Brancale. Ho sentito anche altri bravi interessanti, ma di nessuno comprerei un disco. E poi non c’è più il concetto di un album, funzionano solo i singoli. Non ascolterei oggi nemmeno un disco completo del grande Vasco. Una volta ero fissato, sentivo solo le tracce meno ascoltate. Sono di un’altra epoca, io».
Lei, per tirare a campare ha sempre fatto il bidello. Perché? E che bidello è Skardy?
«Sì, da 41 anni. All’epoca qualsiasi lavoro andava bene. Ho provato anche a fare il tecnico nelle scuole ma era una fregatura. Comunque sono un bidello ordinario. A Venezia ovviamente mi conoscono e si va dagli studenti ai loro genitori, ahimè fino ai nonni. Abbiamo un bel rapporto, mi chiedono di cantargli le nostre canzoni e mi chiedono anche, quando hanno qualsiasi dubbio, un parere sui temi dei miei testi».

Da Pitura Freska a Sir Oliver Skardy. Che cosa è capitato?
«Niente. Il gruppo non ha saputo trovare una linea comune. Ci siamo riuniti solo una volta, nel 2008, perché è mancato Francesco Casucce detto Ciuke Kensington, una delle anime storiche dei Pitura».
Ora è in uscita pure una sua biografia. Apperò…
«In un certo senso sono sorpreso. Me l’hanno chiesto, ho accettato, mi fa piacere. Ci sto ancora lavorando. Mi sarebbe piaciuto scriverla da pensionato per avere più tempo libero ma “va ben”. Di storie da raccontare ne ho. Dall’infanzia fino a oggi è stato un percorso ricco di personaggi, già dall’epopea dei Pitura e oltre».
E da grande cosa farà?
«No go idea. Anzi sì. Continuerò a suonare e cantare finché avrò fiato e soprattutto fino a quando mi reggerò in piedi».