Libero, 29 marzo 2025
Il paese che vieta di giocare a calcio in strada
Clamoroso a Montecchio Maggiore, comune del Vicentino: il sindaco Silvio Parise ha deciso di vietare di giocare a pallone su piazze e sagrati, pena una multa fino a 500 euro. «La situazione era diventata insostenibile» ha spiegato al Corriere del Veneto il primo cittadino, «negli orari serali si creavano ritrovi di giovani di età molto più avanzata, anche maggiorenni, protagonisti di schiamazzi, azioni di disturbo ai residenti e di abbandonare in giro bottiglie di birra e di superalcolici. Dovevo per forza di cose mettere un freno. Per quanto riguarda i bambini, certamente non ci metteremo a multarli, ma ho voluto comunque dare un segnale per fronteggiare una situazione del tutto inaccettabile».
Come biasimare un sindaco che desidera che il suo «rimanga un Comune pulito e a misura d’uomo» quando il resto del paese declina nell’invivibilità?
Ma a contestarlo c’è il parroco, Don Giuseppe Tassoni: «I bambini vanno lasciati liberi di giocare e va trovato un posto dove possano farlo. Mi auguro che il sindaco riesca a trovare una soluzione che faccia comodo a tutti», nonché Gianfranco Zigoni, ex centravanti trevigiano del Verona noto come “Cavallo Pazzo”: «Ormai non mi sorprendo più di nulla. Da bambino, all’oratorio, giocavo da solo contro dieci e vincevo. I campioni nascono lì, se si tolgono ai bimbi i luoghi dove muovere i primi passi per diventare campioni si uccide uno sport». E Nicola Zanini, ex giocatore di Serie A ed ex allenatore del Vicenza, è dello stesso avviso: «A volte bisognerebbe trovare il modo di parlare ai ragazzi invece di redarguirli. Io da piccolo giocavo a pallone in strada, e non sapete quante volte ci è stato bucato il pallone. Poteva essere un atto brusco, ma il messaggio arrivava forte e chiaro». Insomma la palla, è proprio il caso di dire, passa agli adulti, è loro che devono trovare il giusto mezzo tra la sacrosanta “misura d’uomo” e la desolazione e la tristezza di un paese dove ai bambini è proibito giocare a pallone all’aperto, ovunque.
Il problema non è certo quello di rifornire le squadre italiane di nuovi campioni che, come vuole la leggenda (più o meno veridica) si formano sulle strade – ma molto più seriamente una questione di civiltà e di benessere, di grandi e piccoli. Chiunque abbia giocato a pallone da ragazzo sa benissimo che non si smetterebbe mai. Si comincerebbe alle nove di mattina e si finirebbe solo, stremati, a sera inoltrata, quando non si vede più nulla. D’altronde, altra costante era il solito vicino di mezz’età che, militaresco, usciva di casa e arrivava in campo a fermare il gioco spiegando che in quell’orario, o in quel giorno, o comunque in quel luogo, non si poteva giocare. Poi se ne andava, tutti col muso lungo si aspettava che fosse rientrato, e si riprendeva a giocare. E quello tornava minacciando l’intervento della forza pubblica e allora, forse, si smetteva davvero.
Insomma, tra i ragazzi che fanno la partitella e il mondo circostante i rapporti sono sempre stati tesi. Non sarebbe male che Montecchio si ponesse all’avanguardia trovando una soluzione a questo annoso dissidio. Di certo il sindaco saprà trovare un luogo dove, soprattutto i bambini, possono sfogarsi in tutta sicurezza, e al riparo dai bulli. Del resto non si capisce perché i più piccoli, cioè i più deboli in questa storia, debbano essere privati del gioco se a fare chiasso e disordine sono i ragazzi più grandi, “anche maggiorenni”: ci sembra un provvedimento ingiusto, poco coraggioso e ancora meno educativo.
Se a Montecchio ci sono dei giovani (o anche già quasi adulti) teppistelli, il problema è questo, non chi tira due calci al pallone in piazza. E certo non lo si risolve con le multe a chi è sorpreso a giocare. Infine, scalmanati a parte, strade, piazze e sagrati non possono essere considerati come un salotto di casa. Un aneddoto personale: nel centro di Roma, da qualche tempo, dei ragazzi, usciti da scuola, giocano a pallone nella bellissima Piazza de’ Ricci, col rischio che qualche pallonata rovini la facciata affrescata dell’omonimo palazzo cinquecentesco, dove visse il celebre anglista Mario Praz, che gli dedicò il suo capolavoro “La casa della vita”. Ho avuto la tentazione di dirgli che in quella piazza così bella e antica era sconsigliabile giocare. Ma, guardandoli, mi è venuta allegria, e sono andato via. Per ora, gli affreschi sono intatti.