la Repubblica, 28 marzo 2025
Intervista a Fiorella Mannoia
Come sarà questo secondo tempo di “Semplicemente Fiorella”? Lo scorso anno ha festeggiato i suoi 70 anni con tanti ospiti.
«Stavolta voglio invertire i ruoli: sarò io a cantare le canzoni degli ospiti, il cast lo stiamo ancora allestendo. Però c’è un evento particolare: sono 50 anni dalla fine della guerra in Vietnam.
Possiamo ricordare la conclusione di un conflitto, sperando che possa essere un augurio».
Nel suo ultimo album c’è una canzone intitolata “La Storia non si deve ripetere”. Come sta vivendo questo momento così complicato?
«Sono terrorizzata da quello che leggo e vedo. L’Europa mi sembra ancora molto slegata e il deficit di diplomazia per la situazione in Ucraina è stato enorme. Si parla molto di armi, ma non credo possa essere quella la soluzione.
In più, nessuno affronta seriamente il dramma della Palestina: è imperdonabile».
In Italia il tema della difesa delle donne non sembra sostenuto dal governo.
«Ogni tre giorni una donna viene stuprata, malmenata, uccisa. Qui non è una guerra contro gli uomini, vogliamo la loro complicità. Abbiamo bisogno di fare questo percorso insieme. La consapevolezza degli uomini sta migliorando, ma sono processi lenti. Tuttavia, se mai si comincia, mai otterremo risultati. Però mi lasci dire una cosa».
Prego.
«Quando ho iniziato a cantare, negli anni Ottanta, noi donne andavamo in giro senza reggiseno e nessuno diceva niente. È tutto peggiorato. La situazione si è acuita con i social. Certe reazioni non sono più rinchiuse nei bar.
Ma perché tutto questo bacchettonismo? Non dobbiamopiù avere paura dei commenti, altrimenti diventa autocensura che è peggio della censura».
A proposito di inizi: lei ha cominciato giovanissima al cinema e in tv come controfigura o stuntwoman.
«Ho imparato ad andare a cavallo prestissimo, a casa mia era un culto. La prima volta mi cercarono dalla Rai per uno sceneggiato intitolato Non cantare, spara, col Quartetto Cetra. Avevo 13 anni, nel cast c’erano Lelio Luttazzi, Mina, tanti attori famosi. Poi sul set mi vide un funzionario: mi chiese l’età e mi cacciò urlando».
Però non ha smesso. Fu lei a prendere gli schiaffoni da Alberto Sordi al posto di Monica Vitti nella famosa scena di “Amore mio aiutami”. Non scappò qualche ceffone per errore?
«No, gli incidenti sono rarissimi. Oggi forse quella scena non sarebbe più accettabile. La cosa che più mi dispiace di quel periodo è che non ho nessuna foto con i tanti attori con cui ho lavorato. In Spagna girai un film con Candice Bergen e Gene Hackman, Il giorno dei lunghi fucili. Lui era imponente, lei era gentilissima, mi trattava come fossimo amiche da sempre. Peraltro era bravissima a cavallo, ma per contratto le scene delle cadute non poteva girarle».
E con Monica Vitti?
«Con lei ho girato quattro film, mi riempiva di consigli. Non tutti la amavano sul set perché era molto esigente sulle luci. Mi diceva sempre: “Se le luci non sono giuste, arrabbiati. La faccia è la tua, proteggila”. Era il motivo del suo odio per i paparazzi: una foto fatta male poteva rovinarti».
In questi giorni ricorre l’anniversario di Pino Daniele.
«Era scontroso, spigoloso, ma nel tour con Francesco De Gregori e Ron legammo moltissimo. Mi portava il caffè in camerino, diceva che riuscivo sempre a farlo ridere. Una volta, durante un concerto, gli dissi una cosa all’orecchio e lui si fermò perché non trattenne le risate. E davanti al pubblico diede la colpa a me. La sua perdita è stato un colpo durissimo, come quella di Franco Battiato».
Eravate amici?
«Frequentavo molto casa sua quando vivevo a Milano. Una volta mi fece vedere i suoi quadri e poi mi disse: “Tu dipingi?” (lo imita, ndr). Io, che non so fare nemmeno la casetta con il comignolo, gli dissi di no. “Male, devi farlo. Domattina all’alba vieni con pennelli e colori”. Il giorno dopo andai, mi mise davanti una tela e mi disse: “Adesso dipingi l’immagine che ti viene in mente”. E se ne andò, lasciandomi lì con sua mamma in cucina e io che non sapevo nemmeno intingere il pennello. Cercai di fare una collina con un albero, venne fuori una specie di orrenda patata. Quando tornò mi disse: “Vedi? Sei bravissima”. Mentiva».