Avvenire, 28 marzo 2025
«Nella Siria devastata dalla guerra a milioni andranno alla deriva»
Non sono bastati i tredici anni di guerra civile, i pochi mesi dalla caduta del regime di Bashar al Assad e un processo di pacificazione interna ancora lontano, la Siria ora deve affrontare anche i tagli dell’amministrazione Trump all’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, Usaid. In tutto il mondo si parla dell’80% dei programmi che riguardano la cooperazione internazionale bruscamente tagliati dagli Stati Uniti per allinearsi alla politica trumpiana “America First”: in totale è stato deciso di porre fine a 5.341 sovvenzioni per gli aiuti umanitari, pari a poco meno di 76 miliardi di dollari. In Siria questo atto politico del presidente Trump sta avendo delle conseguenze devastanti come testimoniato da Giulia Torrini, presidente italiana della Ong Un Ponte Per ad Avvenire. Si tratta di «una scelta che, da un giorno all’altro, ha lasciato milioni di persone senza il supporto essenziale per sopravvivere in un’area come quella del Nord est della Siria che dipende ancora interamente dagli aiuti internazionali. E noi, che operiamo sul campo dal 2015, vediamo gli effetti di questa catastrofe ogni giorno. Sono state ridotte ai minimi termini e andranno verso la chiusura tredici strutture sanitarie, tra cui cliniche campi e centri per la salute primaria». E ancora, secondo i calcoli della Ong italiana attiva nei territori del Nord est della Siria da 10 anni, la popolazione siriana solo in quell’area dovrà rinunciare presto anche al servizio garantito di cinque centri di coordinamento delle ambulanze e sei unità sanitarie mobili. «L’ospedale pubblico di Hassakeh che serviva 700mila persone ha perso 500 lavoratori, tra medici e infermieri e ha dovuto ridurre l’orario di apertura da 24 ore al giorno, a una sola ora al giorno, per le emergenze più gravi – ha spiegato ancora la presidente Giulia Torrini –. Mancano i medicinali, gli anestetici. Non è più possibile eseguire operazioni chirurgiche complesse, ma mancano persino le sacche di sangue che garantiscono la sopravvivenza a quelle donne che subiscono un taglio cesareo durante il parto». Dalla prevenzione alla cura della salute, dalla protezione all’accesso ad acqua pulita e a servizi igienico-sanitari questi sono gli interventi di Un Ponte Per messi a rischio: «Solo nel 2024 abbiamo supportato 1 milione 640mila persone. Tra queste, oltre 100mila residenti nei campi di sfollati – tra cui quello di Al Hol – e 700mila che facevano affidamento sull’ospedale di Hassakeh, capace di fornire ogni mese cure gratuite a 1.300 pazienti, di cui 300 madri con i propri figli» ha aggiunto Torrini.
A causa della sospensione dei progetti di cooperazione di Usaid annunciata il 20 gennaio, che la sera del 25 febbraio si è tradotta nell’interruzione di buona parte dei progetti dell’Ong italiana, oltre 4,5 milioni di persone che necessitano di assistenza umanitaria rischiano di restare senza sostegno, e questo solo nel Nord est. Si stima che arrivino a circa undici milioni di persone in tutta la Siria. In un Paese devastato da 13 anni di conflitti, questa decisione sta costringendo le organizzazioni umanitarie internazionali e locali a ridurre, se non a interrompere del tutto, operazioni vitali, colpendo in particolare le fasce più vulnerabili delle comunità, come le donne, i bambini e le bambine, e tutte le persone siriane sfollate e senza una casa che dipendono dagli aiuti internazionali. «Oltre 100 strutture sanitarie nei governatorati di Deir ez-Zor, Hassakeh, Raqqa e Aleppo, rischiano la chiusura totale tra marzo e aprile 2025, privando migliaia di persone di cure primarie mediche. Nei campi per persone sfollate, l’interruzione dei servizi sanitari e dei programmi di vaccinazione espone bambini e bambine a malattie mortali come morbillo e colera, con il rischio di un allarmante aumento della mortalità infantile» ha aggiunto ancora la presidente di Un Ponte Per. «Il valore della cooperazione internazionale, come strumento di prevenzione di guerre e conflitti viene del tutto ignorato, ma non solo da Trump. I tagli alla cooperazione riguardano anche l’Italia» e questa corsa al riarmo, questa deriva nazionalistica i può osservare non solo negli Stati Uniti ma anche nella nostra cara vecchia Europa.