ilsole24ore.com, 27 marzo 2025
Endometriosi: colpisce 6 donne su 10
Il 28 marzo si celebra la Giornata mondiale dell’endometriosi, un’occasione fondamentale per sensibilizzare l’opinione pubblica su una malattia che colpisce milioni di donne nel mondo, spesso lasciate sole nel loro dolore. In Italia si stima che siano oltre 3 milioni le donne affette da questa patologia cronica e invalidante, caratterizzata dalla crescita anomala del tessuto simil-endometriale fuori dall’utero, con conseguenze spesso devastanti sulla qualità della vita. Il percorso verso la diagnosi è lungo e tortuoso: in media servono dai 7 ai 10 anni per ottenere risposte certe, un ritardo che aggrava la malattia e le sue complicazioni.
Informazione e formazione
L’Associazione Progetto Endometriosi (Ape), da vent’anni in prima linea nella lotta contro questa condizione, ha portato avanti un lavoro instancabile di informazione, formazione e supporto. Grazie ai fondi del 5 per Mille, ha realizzato 13 corsi di formazione per medici, ginecologi e operatori sanitari, nella speranza di migliorare la comprensione di una patologia ancora oggi sottovalutata. «Da vent’anni l’Ape è al fianco delle donne che convivono con l’endometriosi. Abbiamo fatto passi da gigante nella sensibilizzazione, nella formazione dei medici e nel supporto alle pazienti, ma il nostro lavoro non è ancora finito», afferma la presidente Annalisa Frassineti. «Troppe donne ricevono una diagnosi tardiva, troppe soffrono in silenzio senza risposte adeguate. In questa Giornata Mondiale vogliamo ribadire che stare male non è normale».
Il problema principale rimane il riconoscimento dell’endometriosi come una condizione che impatta pesantemente la vita delle donne, sia a livello sanitario che lavorativo. Nonostante l’inserimento nei Livelli essenziali di assistenza (Lea), permangono disuguaglianze territoriali nell’accesso alle cure. «La disponibilità di centri specializzati e percorsi diagnostico-terapeutici varia sensibilmente tra le diverse regioni italiane», sottolinea Jessica Fiorini, vicepresidente dell’associazione. «L’obiettivo deve essere garantire un accesso omogeneo a diagnosi precoci e trattamenti adeguati, indipendentemente dalla regione di residenza».
Il ritardo nella diagnosi
Il ritardo diagnostico è spesso alimentato dalla tendenza culturale a minimizzare i dolori mestruali, anche quando diventano un disturbo debilitante che interferisce con la normale vita quotidiana, fino a interrompere l’attività scolastica, in media per 19 giorni l’anno. Uno studio condotto dall’University College di Londra e dall’Università di Birmingham ha evidenziato che il 64% delle ragazze con dolore pelvico associato al ciclo ha già l’endometriosi, ma non lo sa. L’ignoranza e la rassegnazione alla sofferenza contribuiscono a posticipare la diagnosi, con conseguenze drammatiche. «Soffrire non è normale: ribellatevi alle vostre mamme e nonne quando vi dicono di sopportare il dolore e anche al medico, se vi dice che è tutto a posto ma voi continuate a stare male», ammonisce Marcello Ceccaroni, direttore del dipartimento di Ostetricia e Ginecologia dell’Irccs Negrar. «La rassegnazione alla sofferenza allunga di tre volte il ritardo nella diagnosi».
Chirurgia mini-invasiva
Quando le terapie farmacologiche falliscono e la malattia è avanzata, l’intervento chirurgico diventa una necessità. L’Irccs di Negrar, tra i primi centri al mondo specializzati in endometriosi, ha sviluppato una tecnica innovativa chiamata “nerve-sparing”, che consente di ridurre dal 37% al 4% le disfunzioni post-operatorie, migliorando la qualità di vita delle pazienti. «Ricerca e formazione specialistica all’avanguardia sono indispensabili per migliorare le cure per l’endometriosi», dichiara Claudio Cracco, amministratore delegato dell’istituto.
Ma la vera arma resta l’informazione. L’Ape lavora anche nelle scuole per educare le nuove generazioni a riconoscere i sintomi precocemente e abbattere il muro del silenzio che circonda questa malattia. Solo con un impegno congiunto tra istituzioni, medici e società civile sarà possibile garantire alle donne il diritto a una diagnosi tempestiva e a cure adeguate. Perché l’endometriosi non è solo un problema medico, ma una questione di diritti, di dignità e di giustizia.