la Repubblica, 25 marzo 2025
Pasolini e il caso Salò. I dialoghi ritrovati del film maledetto
L’ultimo film di Pier Paolo Pasolini, Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975), era una coproduzione fra Italia e Francia. Secondo il curatore dell’edizione francese, il critico e regista Jean-Claude Biette, Pasolini teneva particolarmente a questa edizione perché il soggetto derivava dal celebre romanzo “maledetto” del marchese de Sade e anche perché aveva dissimulato nei dialoghi alcune citazioni di Roland Barthes, Pierre Klossowski e Lautréamont. Nell’autunno del 1975, poco tempo prima di essere ucciso, Pasolini fece inviare a Biette la trascrizione dei dialoghi del film perché li facesse tradurre per il doppiaggio. Ma in queste pagine compaiono dialoghi riferiti a sequenze che mancano nell’edizione definitiva di Salò perché Pasolini ebbe dei ripensamenti oppure volle abbreviare il film che, in questa versione, avrebbe superato le due ore.
Scopriamo, grazie alle ricerche del Centro studi – Archivio Pier Paolo Pasolini, che nella prima parte, l’ Antinferno, il regista aveva scritto (e girato) una scena relativa alla selezione delle vittime maschili dove uno dei ragazzi, Rino, avrebbe rivelato la sua complicità con i quattro mostruosi “signori” che hanno organizzato le120 giornate di stupri e violenze.
Galois (un servo dei signori): “Questi qui li abbiamo messi nella stalla al posto delle vacche, guardateli, guardateli. Eh, eh, eh”.
Blangis: “Oh, ecco finalmente quello che cercavo”.
Galois: “Eh! Lo credo bene, signori, il nostro Rino è la gloria del serraglio! Ve lo devo spogliare, ve lo devo? Ah, ah, ah!”.
Rino: “Non c’è bisogno”. InSalò l’omosessualità ha perso ogni carattere trasgressivo per diventare una forma di opportunistico servilismo atto a compiacere i desideri dei potenti. Salò non voleva essere un film “storico” sull’Italia repubblichina: il quadro di quell’epoca tragica veniva investito di una valenza metaforica per evocare l’omologazione degradante della contemporaneità. L’andamento di Salò è scandito, tra l’altro, dalle atroci barzellette di un altro dei signori. All’ultimo momento,Pasolini ne tagliò una, poco prima del finale del film.
Durcet: “Fabrizio, senti un po’. La sai la differenza che passa tra una torta di mele e un ebreo?”.
Fabrizio: “No”. Durcet: “È che la torta di mele quando la metti nel forno non urla (risate )”.
È un’infame barzelletta antisemita che non risale all’epoca fascista ma al dopoguerra, quindi un voluto anacronismo. Pasolini forse la eliminò perché avrebbe evidenziato l’antisemitismo di un nazifascista repubblichino. Salò non doveva essere didascalico ma un “mistero medioevale”, un mistero da decifrare.