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 2025  marzo 25 Martedì calendario

Intervista a Nicolas Maupas

Con Filippo detto o’chiattillo, “figlio di papà” in napoletano, si è imposto come uno dei nuovi volti della serialità in quel fenomeno che èMare fuori.
Nicolas Maupas è uscito dal cast dopo la terza stagione della serie sull’Ipm che affaccia sul golfo di Napoli, ma quel bravo ragazzo con la passione per la musica, finito in carcere per la morte di un amico, a distanza di anni è ancora nel cuore del pubblico. Dopo il debutto però l’attore milanese, 26 anni, ha girato altre sette serie e tre film. E anche adesso è sul set,impegnato con la terza stagione diUn professore, la fiction Rai con Alessandro Gassmann che in due stagioni ha conquistato il pubblico, arrivando a toccare i 4 milioni di spettatori che dividono i buoni ascolti dal vero successo.
Interpreta Simone, figlio e allievo del professore di filosofia. Lo sentiamo a fine giornata di lavorazione.
Come sta andando?
«Sono giornate intense, stiamo andando veloci, siamo in studio per un mese e mezzo per girare tutte le scene scolastiche. È sempre un’emozione ritrovarsi con tutta la classe, fa impressione tornare sui banchi ogni due anni, si ricrea quell’atmosfera di scherzi e confidenze del liceo».
Simone ha avuto storie d’amore tormentate, la presa di consapevolezza della propria omosessualità, il rapporto conflittuale col padre.
Quest’anno cosa lo aspetta?
«Simone è un personaggio tosto che tocca una tematica delicata, quella dell’orientamento sessuale. Vorrei che fosse più semplice da affrontare ma ancora oggi ci sono argomenti tabù. In questa stagione si prepara alla maturità, il tema del crescere, centrale, sarà ancora più forte».
Ha frequentato il liceo linguistico. Che studente era?
«Di quelli “bravo ma non si applica” ma non ho mai rischiato, me la cavavo sempre. Le mie materie preferite erano filosofia, italiano e storia. Mi piacerebbe l’idea di tornare a studiare, magari a un certo punto mi iscrivo all’università».
Per il momento tempo per l’università non ne ha. Nel giro di pochi mesi è stato il giovane Marconi e poi André de Moncerf,nel Conte di Montecristo Rai.
«Un set incredibile tra Francia e Italia, è stato come un’orchestra che suona più forte. Girare una serie internazionale in inglese è stata una bella sfida, mi sono sentito un principiante assoluto, era tutto nuovo ed esaltante».
Sui social ha un milione di persone che la seguono. Che effetto fa?
«Il profilo lo vedo un po’ come un cassetto che posso aprire e chiudere, i numeri sono cresciuti così in fretta che mi sono ritrovato nella piazza dei social un po’ da un giorno all’altro, sto ancora cercando di capire come funzionino. Sicuramente oggi rispetto all’inizio sono più lucido quando leggo certi commenti».
Ha raccontato di essere cresciuto con “Il fantasma del Louvre” e “Qualcuno volò sul nido del cuculo”. Oggi chespettatore è?
«L’ultimo film che mi è piaciuto molto è “La persona peggiore del mondo”, parla delle difficoltà delle relazioni, con un ritmo nordico in cui mi sono ritrovato, e voglio andare a vedere Anora, non solo perché ha vinto l’Oscar».
In “L’amore, in teoria” di cui è protagonista si parla dell’educazione sentimentale dei ventenni di oggi, fragili per aver vissuto la pandemia, l’incertezza.
«Indiscutibilmente c’è stato un effetto a livello sociale. Al di là del Covid questo è un periodo storico in cui sta succedendo di tutto,siamo bombardati dai cambiamenti e questo influisce anche nel vivere le relazioni, i rapporti».
Molti dei suoi personaggi incarnano una mascolinità gentile. Lei si considera un romantico?
«Occasionalmente, ma grandi follie per amore non le ho ancora fatte. Oggi c’è una grande dicotomia: o fai parte di una mascolinità tossica o sei fragile, come fosse uno scontro sociale.
Ma si può essere non violenti e non tossici senza essere fragili».
Sarà se stesso in “Call my agent”, cosa scopriremo?
«So poco anche io in realtà, ma ho detto di sì perché sono un grande fan della serie francese (Dix pour cent,ndr) e mi è piaciuta molto anche la versione italiana. Un cantiere tutto da iniziare».
Ha nostalgia di “Mare fuori”?
«Filippo è stato il primo personaggio, rimango legato. Coi ragazzi ci vediamo ancora».
È andato via di casa a 18 anni, cosa ha imparato?
«Banalmente a fare la spesa e le pulizie, ma soprattutto è stato importante imparare a gestire il mio tempo, gli impegni. Quella è la cosa più difficile, ci sto ancora lavorando».
Quando non lavora cosa fa?
«Mi sono fatto prestare una macchina fotografica, la mia mano è ancora incerta ma sto migliorando. Mi piace esplorare, voglio conoscere posti nuovi e realtà nuove, mi sono interessato molto alla cucina. L’ultima scoperta è il Giappone e il cibo giapponese».
La prossima tappa?
«Ancora non ho puntato il dito sul mappamondo».