La Stampa, 25 marzo 2025
Intervista a Nino Frassica
Prima domanda: che cosa chiedere a Nino Frassica che già non si sappia e non si sia visto? Seconda domanda: ha senso intervistarlo ricordando tutto lo scontato d’Italia capitato, non per caso, a Quelli della notte o Indietro tutta? Terza domanda: Siccome ha detto e cantato La vita è tutta un quiz sarà capace di rispondere? Quinta domanda: Ha una briciolina di senso raccontare la carriera e i programmi e le apparizioni (a volte, persino nel linguaggio, quasi mistiche) e le battute e la mimica e la storia e la faccia e… ics «enne» cose di Antonino detto Nino Frassica? Domande retoriche. Ecco, cominciamo da qui. La parola chiave è, appunto, «quiz». Pronti, partenza… e stop (citazione esplicativa sua, puntata numero 18 di Indietro tutta. Che l’intervista, si fa per dire, abbia inizio. Un’intervista, ripetere e avvisare per correttezza, che è e sarà, appunto tutto un quiz. Provate a immaginare l’uomo che sorride sempre con quei baffetti da sparviero, con le cuffie come se chiedesse e interagisse un (mitico) Mike Buongiorno qualsiasi.
Era piccolo così quando in un ancora più piccolo canale televisivo peloritano cominciava a «nascere» Nino Frassica in uno spazio comico post telegiornale. Vero?
«No. Cose successe dopo. Prima stavo in una tivù privata, Telestretto, e facevo un programma assurdo che si chiamava “Sguen”. Nome che era un suono. Sguen, una roba tipo… “Sguen”. Tipo: eccotela lì. Tiè. Avevo una cosa molto irregolare che infatti durò poco. Era una roba molto irregolare ma volevano cose facili».
Era il debutto di Antonino detto Nino. Vero?
«No. Atto secondo. Cominciamo male. La prima è stata a Radio Antenna dello stretto. Scopiazzavo Alto gradimento, il mio programma preferito, il mio modello. Era tutto un assurdo con battute e canzoncine».
Subito dopo… boom. La tv.
«No. Atto terzo. Era radio. Precisamente Radiouno. Titolo: Radio anche noi con Arbore, Boncompagni e Marenco».
Va talmente al massimo che succede l’inimmaginabile. Quelli della notte. Si ricorda come nasce?
«No. Atto quinto. Perché nel frattempo ci sono state tante avventurelle».
Messina. Decenni fa. Viene invitato al Festival de L’Unità e intervistato da una sua concittadina di Messina (rima obbligatoria). Irene Stracuzzi si prepara 40 domande, alla fine gliene fa più di cento perché lei rispondeva a monosillabi. Vero?
«Non voglio infierire ma non è vero atto… boh. (Ride). Cercavo soltanto di essere originale, non mi sono mai accodato e ho fatto mille cose esattamente come non si dovrebbero fare».
Poi ci sono feste padronali, sagre, sere religiose, festival de L’Unità o de L’Avanti. Vero?
«Finalmente ne hai presa una. Verissimo».
Nella terra sua, Milimarina, villaggio Giampilieri, c’era e magari (speriamo) c’è ancora un bar-pasticceria famoso per la «menza c’apanna», una brioche. E sempre da quelle parti c’era pure il signor De Luca, Archimede del gelato più buono del mondo. Così tanto più buono del mondo che il giovane Antonino detto Nino Frassica era spesso avvistato a fare la fila. Vero?
«Colpito e affondato. Sì, la “menza” in realtà è una granita con la panna. La parola vorrebbe dire “mezza” nel senso di porzione. Erano chili, altro che mezza. Ma queste sono quisquilie. Noi messinesi sappiamo che in quanto a dolci, gelati, granite arriviamo da sempre primi in Italia. Ma veramente, eh».
Fonte wikipedia. Nino Frassica nasce a Messina, l’11 dicembre 1950. Professione comico, attore, conduttore radiofonico e personaggio televisivo italiano e cuoco. Tutto vero?
«Mah! Cuoco mai. Me la correggi e metti soltanto “personaggio”? Succede che mi capiti di fare il presentatore, quindi presento».
Un suo fan su Facebook ha scritto: «Ninetto nostro è nato con il sorriso sotto i baffetti da sparviero. E siccome, come cantava il Maestro Jannacci, sempre allegri bisogna stare, lui ride sempre e comunque». Vero?
«Altro no. Sarei uno scemo. Dipende dall’umore e peraltro sono assai volubile. Se sono contento rido, se sono arrabbiato m’incazzo. Sono come tutti. Mi diverto, prendo poco sul serio le cose che faccio. Onestamente è un atteggiamento».
E poi, tutto-d’un-tratto, diventa lo stalker di Arbore. Non c’erano i telefonini, non lo conosceva ma lo chiamava a casa e lasciava folli messaggi in segreteria. Vero?
«Sì, e manco c’era YouTube e nemmeno c’era la possibilità di fare provini. Abitando in provincia ho tentato questa strada. Ma non gli ho mai chiesto di farmi lavorare. Facevo cose comiche nella sua segreteria e non volevo disturbare. Era un dura e pura strategia per farlo incuriosire».
Tipo?
«"Pronto? Sono un… mio ammiratore, visto che non è in casa la chiamo stanotte alle tre. Click. Poi, alle tre: sono… un mio ammiratore, al mio tre stacco. Uno, due, tre. Click”. Lui si è chiesto: ma chi è sto pazzo? E alla fine ci siamo conosciuti, gli ho fatto vedere che cosa facevo e siamo diventati amici e collaboratori».
Dopo «i cult» fa tutto. Conduce in ogni media possibile, fa spettacoli e cinema e teatro e canzoni. Fa lo scrittore, Sanremo, Striscia la notizia… Lei non dorme, vero?
«Eh, eh, eh, sì. Ogni tanto».
Sue caratteristiche. Cinismo assurdo e battute spontanee. Va a braccio sempre. Vero?
«Assolutamente no. Preparo molto. Io sono moltissimo preparato, non ti permettere! Ho dei momenti creativi, a volte. Sì, anche l’improvvisazione. L’abilità è trovare la battuta giusta al momento giusto. Capita pure che la “freddura” sia veramente casuale e veloce, qui conta la lucidità. Ma alla fine è fare gli spiritosi come al bar».
Tormentone storico. “La vita è tutto un quiz”. Dopo il vero o falso proviamo la strada del quiz, appunto.
Nome?
«Nino Frassica».
Cognome?
«Frassica Nino».
Segni particolari?
«C’ho la custodia del computer che mi si è tagliata».
Sogni e desideri artistici?
«Fare una sit-com improvvisata».
Sogni e desideri nella vita?
«Non morire mai».
E domani?
«Stare bene di salute così faccio quello che voglio».
Busta uno, due o tre?
«Otto».
Vita privata?
«Privata, confermo».
Modelli?
«Mario Marenco».
Hobby?
«Il mio divertimento maggiore è quando scrivo libri. Sono veramente libero. Se metto sette virgole una dopo l’altra nessuno dice niente. Se in una fiction dico sette volte una parola mi cacciano. Spesso sono io che mi censuro, ho paura che se faccio una certa battuta ridano in tre».
Un saluto?
«È un saluto». —