Domani, 23 marzo 2025
Un gioco e una rivoluzione Cosa rimane del Monopoly
All’angolo tra piazza Giulio Cesare e via Roma, un poliziotto accusa senza mezze misure: «Vai in prigione!». Niente processo, difesa degli avvocati: dritti al fresco. Quella pedina a forma di fungo era nella casella sbagliata al momento sbagliato. La casa circondariale, però, è dall’altra parte del tabellone, tra via Accademia e viale Vesuvio. E, per svignarsela, è necessario tirare due dadi, e deve uscire lo stesso numero su entrambi, un doppio. Ma c’è una scorciatoia per fuggire: si tratta di un cartoncino degli imprevisti, con scritto “Esci gratis di prigione”. Un vero sollievo. Intanto, attorno al tavolo qualcuno borbotta, risponde male, s’incattivisce: Monopoly è un gioco spietato. Mica per niente è il più amato e odiato per le serate in famiglia, tanto da spingere qualcuno a bandirlo definitivamente per evitare discussioni. Un sondaggio di OnePoll dice proprio questo: il 44 per cento dei giocatori intervistati ha vietato il gioco alle sue serate.Hai barato! No, tu hai barato! Qual era la mia pedina? Ero io la candela, no? Di scene così, il gioco più famoso del mondo ne ha viste tantissime. Una storia lunga novant’anni (forse qualcosa in più), che nasce dalle ceneri di un movimento politico antimonopolista, per arrivare con il significato opposto nelle case di un miliardo di giocatori in 114 paesi, diventando un fenomeno culturale tanto forte da influenzare anche le sorti della Seconda grande guerra.
La grande fuga
In quel periodo, i servizi segreti britannici dell’MI9 avevano dato una strana istruzione ai soldati di alcuni reparti dell’aeronautica: controllare sempre la scatola del Monopoly. Qualcuno – giustamente – poteva pensare a un messaggio in codice, in realtà quella frase andava letta senza troppe dietrologie. Qualche anno prima, come conseguenza della Convenzione di Ginevra, la Germania nazista aveva concesso alla Croce rossa un accordo per far arrivare pacchi ai prigionieri di guerra. A loro potevano essere recapitati beni primari e svaghi, scrive l’Atlantic.
L’MI9 era pronto a cogliere la palla al balzo, con l’obiettivo di fare entrare in quei kit anche oggetti che potessero aiutare i soldati nella fuga dalle prigioni naziste. Per il successo di quella missione top-secret, i servizi avevano la necessità di stampare una mappa della Germania su un materiale come la seta, con l’obiettivo di renderla resistente a nascondigli (es. gli scarponi) e alle intemperie. Solo una società aveva sviluppato una tecnologia simile in quegli anni, la John Waddington Ltd. Per pura coincidenza, era anche la casa editrice di Monopoly nel Regno Unito.
Così, nel pacco per i prigionieri si poteva trovare anche una copia del gioco, con gli attrezzi per fuggire nascosti sotto la plancia, tra le banconote finte e in mezzo alle pedine. Questo fu uno di quei pochi ed emblematici casi in cui il gioco Hasbro ha superato la finzione. È diventato un cartoncino degli imprevisti per i nazisti e una carta “Esci gratis di prigione” per gli alleati.
Il gioco dei latifondisti
La prima edizione è entrata in produzione il 19 marzo 1935 per volere della Parker Brothers, poi acquisita da Hasbro. Più tardi è approdata nei negozi italiani con l’iconico adattamento della Editrice Giochi, che ha cambiato i nomi delle vie ispirandosi alla toponomastica di Milano. Nonostante il suo grande successo, però, non è chiaro a tutti i giocatori che Monopoly potrebbe essere tranquillamente ribattezzato come “Capitalismo: The Game”. È crudele, ingiusto, c’è molta fortuna nei dadi e poca abilità.
Monopoly però nasceva con tutt’altro intento. La genesi è infatti un gioco da tavolo intitolato “The Landlord’s Game”, cioè il gioco dei latifondisti, ideato dall’autrice e imprenditrice Elizabeth Magie nel 1904. Gli Stati Uniti in quel momento stavano entrando prepotentemente nell’epoca industriale, con la diffusione del petrolio, delle acciaierie e delle ferrovie. Questo grande sviluppo, che aveva cominciato ad affollare le città come mai prima, aveva creato i famosi “robber barons”. E in quel contesto di ricchezza crescente stavano crescendo anche i sindacati, perché le paghe erano basse, e i nuovi ricchi industriali stavano diventando sempre più ricchi.
Intanto, a bordo di un mercantile, il giovane Henry George rimase inorridito dalle condizioni di lavoro dei marinai. E, senza alcun background economico, mosso solo dal desiderio di capire il mondo, arrivò a scrivere Progresso e povertà, un libro manifesto pubblicato nel 1879 con cui – sostanzialmente – denunciava le iniquità del capitalismo moderno. La sua tesi era molto semplice: la proprietà privata sul terreno crea disuguaglianze, e crea la base anche per lo sfruttamento del lavoro. La sua proposta? Una tassa unica sui terreni, un affitto che si doveva pagare allo stato per poter usufruire di un terreno di proprietà naturale di tutti.
Così nacque il gioco di Magie, dalla fascinazione per la “single tax” : «Lo scopo non è solo quello di intrattenere i giocatori, ma di illustrare loro come nell’attuale sistema di proprietà terriera, il proprietario ha un vantaggio rispetto ad altre imprese. E anche come un’imposta unica scoraggerebbe la speculazione fondiaria», si legge nel brevetto del gioco, poi acquistato dalla Parker Brothers e affidato alle mani dell’autore Charles Darrow per la commercializzazione.
Ricchi sempre più ricchi
Comunque, le teorie di George – tra fine Ottocento e inizio Novecento – ebbero un discreto successo. E l’establishment dell’epoca lo etichettò presto come un pericolosissimo comunista. Ma, ecco, non era propriamente così. Il Georgismo ipotizzava quella sui terreni come unica tassa, tutte le altre (sul capitale e sul lavoro) dovevano essere eliminate. Proprio per queste ragioni l’idea è stata ripresa successivamente e inglobata a forme di libertarismo di destra. Tuttavia, dopo la morte di George, il movimento ha cominciato a perdere rapidamente popolarità, fino all’oblio.
Ora rimane una domanda: viste le premesse ideologiche, perché Monopoly sembra suggerire tutto il contrario? Semplice, manca un pezzo. «Nel passaggio da Magie alla Parker sono state modificate alcune cose. Ad esempio, la seconda parte del gioco, intitolata Prosperity, è stata eliminata. Parliamo di un intero impianto di regole che inserisce la riforma della single tax, mostrandone il funzionamento», racconta a Domani l’autrice di giochi da tavolo Marta Ciaccasassi. «Quindi rimane la prima parte, che però funziona su un sistema chiamato “rich get richer”, cioè i ricchi diventano sempre più ricchi».
«Una persona che è in vantaggio economico», continua Ciaccasassi, «per via delle regole tende a rimanerlo. È un sistema che può essere letto in modo critico, certo, ma non avendo noi una vera cultura del gioco viene difficile cogliere queste sottigliezze. Purtroppo il gioco, ancora oggi, è relegato ad attività da bambini, non si pensa al giocare come a un bisogno primario delle persone. E quindi non si prende in considerazione l’idea che possa avere anche temi adulti». E conclude: «Il gioco da tavolo, invece, è molto utile a capire il funzionamento dei sistemi che ci circondano».
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Damiano D’Agostino
La prima edizione del Monopoly
è entrata in produzione il 19 marzo 1935 per volere della Parker Brothers, poi acquisita da Hasbro
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