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 2025  marzo 24 Lunedì calendario

Aimone di Savoia, cugino di Emanuele Filiberto: «I gioielli della Corona? Bankitalia potrebbe esporli»

Aimone di Savoia Aosta, cugino di Re Carlo, è un principe-manager. Cavaliere della Repubblica per il lavoro sul fronte delle relazioni economico-commerciali tra Italia e Russia: per trent’anni ha lavorato a Mosca per Pirelli, oggi è responsabile degli affari istituzionali e regulatory. «Dopo un inizio milanese, Bocconi e Rinascente, a portarmi a Mosca, dopo JP Morgan a Londra, fu una trading company. Era la Russia delle privatizzazioni «selvagge» nei ‘90: papà Amedeo provò a farmi tornare indietro», dice al Corriere.
Sono ripartite le trattative di pace per il conflitto Russia-Ucraina. Ragionare con Putin è possibile? E le sanzioni servono a qualcosa?
«È stato sbagliato non cercare di parlare con Putin, criminalizzando un intero Paese a prescindere dagli errori fatti. Conosco la mentalità russa, si può trattare ma tenendo presente i loro interessi. Poi l’economia russa è più semplice di quel che immaginiamo e Mosca ha reagito nonostante le sanzioni. Nel 2024 è cresciuta di circa il 4,5% meglio dell’Europa. Certo, un’economia di guerra».
Mattarella è stato attaccato dalla portavoce russa Maria Zakharova. Lei è Cavaliere della Repubblica.
«Mosca è la mia seconda patria. Il Presidente è persona di principi e non aveva intenzione di offendere nessuno, bensì di sollecitare una riflessione ma i russi ricordando i 20 milioni di morti per mano dei tedeschi non l’hanno presa bene di esser stati accostati al Terzo Reich. E Zakharova ha risposto in modo scomposto, non si può minacciare Mattarella».
Re Carlo è stato il primo a gridare all’aggressione dell’Ucraina, e ha accolto a Sandringham settimane fa Zelensky.
«Ha sempre amato entrare nell’attualità: certi suoi commenti sull’architettura, come quelli contro le proposte di estensione della National Gallery a Londra potevano suonare molto outspoken, diretto, per un erede al trono. Ma giusto che abbia opinione ed esprima la sua opinione. Giusto che uomo in quella posizione abbia dei chiari punti vista. Anche sulla guerra in Ucraina, in politica…In fondo, abbiamo avuto presidenti molto diversi nella Repubblica. Ognuno si ritaglia il suo ruolo niente di male a non avere opinioni o a scegliere di manifestarle».
Re Carlo arriva ad aprile in Italia: terza visita in Europa, dopo Germania e Francia. Un paladino europeo nella Londra post Brexit?
«Carlo III è un remainer perché ha sempre visto un valore nell’Europa. E per l’Europa, senza Londra, parlare di difesa è ben diverso. Oggi a Londra si vedono molti pentimenti perché l’Europa ha un welfare, una cultura della produzione e sostenibilità che sono i più avanzati al mondo. Ciò crea però distorsioni dell’economia che ci rendono poco competitivi. Come l’over regolazione».
La sostenibilità è un valore della cultura d’impresa europea. Che ruolo può avere un re come Carlo che ne ha fatto la sua battaglia?
«L’ho incontrato nella sua tenuta di Highgrove, abbiamo parlato di famiglia e della sua SMI Sustainable Markets Initiative che coinvolge dall’industria della moda a quella dei trasporti, nella transizione green. Il soft power del re è fortissimo e ha fatto grandi cose con le sue charity, una quindicina riunite nella sua Fondazione a sostegno di piani di educazione per i giovani e l’ambiente. Charity capaci di raccogliere ogni anno circa 100 milioni di pound. Il soft power di Carlo III, dalla sua battaglia per l’ambiente alla capacità di trasformare la malattia in occasione per fare campagna di prevenzione, accendere i riflettori sul lavoro di ospedali e ricerca è straordinario».
È il ruolo di una moderna Casa reale?
«Certo, con il re che in quanto vertice dello Stato ha onori ed oneri di un Capo di Stato. E se guardo in Europa, sono poche quelle che stanno facendo male. Penso appunto a re Carlo e ai Windsor con il lavoro della principessa Kate dopo la malattia, e pure a re Felipe VI  in Spagna: stanno lavorando molto bene. Durante l’alluvione, la Dana in autunno, Felipe ha dato un esempio bellissimo per il suo Paese».
Con Carlo III siete cugini per via della regina imperatrice Vittoria, e di Filippo duca di Edimburgo. Come?
«Entrambi discendiamo dalla regina Vittoria, lui in linea diretta maschile dal figlio, io da Vittoria la figlia di regina imperatrice che sposò il Kaiser e fu madre di Sofia e dell’ultimo Kaiser Guglielmo II. E Sofia era la mamma di mia nonna Irene di Grecia. Poi il principe Filippo scomparso nel 2021 a un soffio dai cento anni di vita era cugino primo di mia nonna. Non solo, ma Filippo il duca di Edimburgo, era anche cugino del padre di mia moglie Olga: Michele di Grecia (figlio di Cristoforo di Grecia il più piccolo dei figli del re di Grecia che la moglie porta spesso in Russia lo battezza a Pavlos poi c’è la rivoluzione e non gli ha portato fortuna)».
Re Carlo è anche capo del Commonwealth, la «rete di 56 Paesi uguali» erede dell’impero britannico. E a proposito di Commonwealth il presidente Trump ha reagito con entusiasmo a indiscrezioni di Londra di un possibile invito agli Usa a divenire “associate member” del Commonwealth dopo le brame di Trump sul Canada.
«Il Commonwealth ha un valore aggregante e lo si vede quando iniziano guai come quello tra USA e Canada, viene fuori tutta la forza del network. Poi come dice Carlo giusto che si autodetermino decidendo anche di passare dalla monarchia alla repubblica, come le Barbados».
In Italia, l’altro suo cugino, Emanuele Filiberto chiede indietro parte dei Gioielli Savoia ora in Bankitalia. Giusto?
«Non ha senso, erano della Corona e di conseguenza la XIII disposizione era chiarissima: tutto confiscato. Il fatto stesso che Umberto II li abbia lasciati in disponibilità di Bankitalia dimostra che non li sentiva privata proprietà. Andrebbero esposti. E ho un sogno».
Quale sogno?
«Che i Capi di Stato dell’Italia unita siano considerati nella continuità storica di Re e poi Presidenti.
Ho fatto il Collegio navale Morosini, poi ho servito come ufficiale di Marina imbarcato un anno sulla fregata Maestrale e ho ancora fortissimo legame con la Marina tanto che ho donato al Vittoriale a bordo di nave Puglia tutti i modelli di mio padre che aveva una grande collezione navi militari. E nelle Forze armate c’è un forte attaccamento alla storia di Casa Savoia. I Carabinieri furono istituti il 13 luglio 1814 da Vittorio Emanuele I, persino prima dell’esercito italiano. Ecco, l’esercito italiano credo si veda già in continuità con la storia di Casa Savoia e sarebbe bello se tutte le istituzioni avessero questa sensibilità storica. A Bucarest ho visto Margherita di Romania, figlia dell’ex re Michele. Dopo Ceaucescu una legge assicura un appannaggio agli ex Capi di Stato, reali compresi. Oggi è riconosciuto a Margherita come Custode della Corona, con un ruolo nel cerimoniale di Stato. Ma io non voglio un lavoro, ne ho già uno».
Reali e lavoro. La difficoltà di Harry e Meghan dice che non è facile.
«Lo ammetto, noi ex reali facciamo fatica a rientrare nei ranghi di una società normale. Per come siamo stati cresciuti: mio padre mi mandava in vacanza con Felipe di Spagna. Ma credo di vivere una vita piuttosto normale. Come pure Charles-Louis d’Orléans, cugino di Jean il pretendente al trono di Francia, che lavora per una banca d’affari (Goldman Sachs, dopo JpMorgan e Rothschild & Cie Gestion, ndr)».
Lei ha chiamato il suo primogenito Umberto. Come il «re di maggio» che Emanuele Filiberto rivuole in Italia con Maria José. Dopo il rientro delle spoglie di Vittorio Emanuele III a Vicoforte, per iniziativa di Maria Gabriella.
«Tengo molto alla rivalutazione della figura di Umberto II. Aveva un carattere molto diverso dal padre, sarebbe stato un ottimo re e se il referendum fosse stato un paio di anni dopo l’avrebbe vinto.  Partì in esilio. Disse: non si sparga sangue degli italiani, quando pure il referendum era molto contestato. E gli va dato atto di aver pagato solo lui: ci fu subito un’amnistia per i fascisti e invece con la Costituzione si certificò che Umberto avrebbe dovuto restare in esilio. Dovremmo rileggere Umberto con più amor patrio».