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 2025  marzo 24 Lunedì calendario

Marco Cappato rischia il processo per aver aiutato Massimiliano a morire in Svizzera. La gip dispone l’imputazione coatta

Marco Cappato, Felicetta Maltese e Chiara Lalli, indagati per aver aiutato Massimiliano Salas, il 44enne toscano malato di sclerosi multipla a raggiungere la Svizzera dove poter morire avvalendosi della pratica del suicidio assistito, adesso rischiano il processo: la gip del tribunale di Firenze Agnese di Girolamo ha infatti respinto la richiesta di archiviazione della Procura.
Massimiliano fece un vero e proprio appello quando era in vita: «Da 6 anni soffro di una sclerosi multipla che mi ha già paralizzato. Posso muovermi solo in sedia a rotelle con l’aiuto di qualcuno, non sono più autonomo in niente. La malattia progredisce e peggiora giorno dopo giorno, riesco ancora a muovere il braccio destro, ma mi sta abbandonando pure lui, non ha più presa, mi sento intrappolato in un corpo che non funziona più».
L’appello di Massimiliano
Mib parlava così della volontà di togliersi la vita per terminare questo calvario: «Se non avessi paura del dolore avrei già provato a togliermi la vita più di un anno fa. Per questo, vorrei essere aiutato a morire, senza soffrire, in Italia. Ma non posso perché non dipendo da trattamenti vitali. Sto pensando di andare in un altro Paese».
Il «trattamento di sostegno vitale»
La gip Di Girolamo stabilisce che, nonostante la Corte costituzionale abbia ampliato l’interpretazione del concetto di «trattamento di sostegno vitale», Massimiliano non poteva essere considerato mantenuto in vita da un trattamento di sostegno vitale in quanto, come si legge nell’ordinanza, occorre la «necessità dello stretto collegamento con la natura vitale dei trattamenti di sostegno, al punto che la loro omissione o interruzione determinerebbe prevedibilmente la morte in un breve lasso di tempo».
Nel 2022, Maltese e Lalli si erano autodenunciate ai carabinieri di Firenze per aver accompagnato Massimiliano in Svizzera, assieme a Cappato, in quanto legale rappresentante dell’associazione Soccorso Civile. Il 23 novembre 2023, a seguito di una richiesta di archiviazione dei tre imputati, si era tenuta l’udienza dinanzi alla gip del Tribunale di Firenze, Agnese De Girolamo, che aveva rimandato tutto alla Corte Costituzionale.
La gip aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale sull’articolo 580 del codice penale (istigazione o aiuto al suicidio) come modificato da una precedente della stessa Corte Costituzionale, nella parte in cui subordina la non punibilità di chi agevola il suicidio altrui a condizione che l’aiuto sia prestato a una persona «tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale», chiarendo contestualmente cosa debba intendersi per trattamenti di sostegno vitale.
L’imputazione coatta
L’udienza di discussione di archiviazione era ripartita lo scorso 22 gennaio davanti alla gip Di Girolamo e la procura aveva ribadito la richiesta di archiviazione per i tre indagati. Una richiesta a cui si era associata, il12 marzo scorso, la difesa di Cappato, Lalli e Maltese, ma il pronunciamento è stata l’imputazione coatta.
Ora la gip ha trasmesso gli atti in Procura a cui toccherà nelle prossime settimane chiedere il rinvio a giudizio per i tre indagati.
«Per la gip non risulta che Massimiliano fosse dipendente da un trattamento di sostegno vitale, nemmeno secondo l’interpretazione estensiva della Corte con la sentenza 135 del 2024. – ha commentato l’avvocato Filomena Gallo segretario nazionale dell’Associazione Luca Coscioni – Affronteremo il processo per difendere il diritto ad autodeterminarsi di Massimiliano e di tutte le persone nelle sue condizioni, la cui vita è totalmente dipendente da altri».
Cappato: «La nostra è stata un’azione di disobbedienza civile»
«La nostra è stata un’azione di disobbedienza civile – ha aggiunto Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni – Con Chiara Lalli e Felicetta Maltese ci eravamo autodenunciati perché eravamo, e siamo, pronti ad assumerci le nostre responsabilità, nel pieno rispetto delle decisioni della magistratura, e nella totale inerzia del Parlamento. Continueremo la nostra azione fino a quando non sarà pienamente garantito il diritto alla libertà di scelta fino alla fine della vita, superando anche le discriminazioni oggi in atto tra malati in situazioni diverse».