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 2025  marzo 24 Lunedì calendario

Nel cuore di Freddie Mercury: in visita alla casa-museo di Zanzibar dov’è cresciuto

È la voce più amata del rock, probabilmente al pari del mito assoluto, Elvis Presley. Freddie Mercury è entrato quindi nella leggenda e nell’immaginario popolare come nessun’altra rockstar. E anche se Farrokh Bulsara ha fatto di tutto per far passare inosservate le sue origini – come ha confermato anche il bassista dei Queen, John Deacon – a partire dalla scelta di un nome d’arte che suonasse il più possibile occidentale e rock come appunto Freddie Mercury, in realtà l’artista nato a Zanzibar da genitori di etnia Parsi non ha potuto far nulla per celare il fatto che la sua passione aveva in un certo senso radici proprio tra l’Africa e il Medio Oriente.
In effetti l’isola di Zanzibar è un esempio di felice convivenza tra popoli di origine araba, africana e indiana, con la capitale Stone Town che vede uno al fianco dell’altro i templi delle diverse religioni, senza per questo provocare tensioni tra i vari gruppi. Anche se non è sempre stato così: a metà anni Sessanta, proprio una rivolta convinse la famiglia Bulsara a spostarsi in Inghilterra.
Fatto sta che l’armonia che si respira a Zanzibar non è comune ed è resa possibile anche dal fatto che gli abitanti locali sono decisamente pacifici e accoglienti. Un’armonia che la futura rockstar deve aver assorbito insieme al latte materno – insieme all’antico culto persiano di Zoroastro, al quale il piccolo Freddie era stato iniziato all’età di 6 anni – tra i luoghi religiosi dell’isola africana e le stanze della casa che lo ha visto nascere nel 1946. Abitazione che da diversi anni è diventata un piccolo, ma caratteristico museo. Una sorta di memoriale al grande artista che si fa notare nel centro della città, al primo piano a Sghangani street, non lontano dal mare e vicino ai curatissimi negozi per lo shopping dei turisti oltre che ai più informali empori nascosti nei vicoli frequentati dagli abitanti locali.
Il museo espone il certificato di nascita dell’artista insieme ad altri documenti, il pianoforte con cui Freddie bambino ha iniziato a suonare, una carrellata di immagini dei concerti, una colonna sonora dei grandi successi dell’artista diffusa nelle stanze, alcune delle frasi iconiche (come Don’t stop me now) stilizzate, le copertine dei dischi, una giacca di pelle e altri abiti, oltre a diverse altre memorabilia.
Pagando un biglietto d’ingresso di 8 dollari si accede alla piccola struttura che si visita in una ventina di minuti, ma che comunque riesce a fermare il tempo e a restituire in un certo senso quella che poteva essere l’energia sottile percepita dal giovanissimo Mercury quando viveva in quelle camere. Insomma agli occhi di un fan accanito, lo spirito di Freddie può sembrare aleggiare in quella che è stata la dimora dell’infanzia della star. Un’abitazione modesta, ma comunque più che dignitosa, dove Mercury dormiva, mangiava e giocava.
Infatti il padre di Freddie, Bomi Bulsara, era un funzionario dell’allora protettorato britannico di Zanzibar. Fattore che da un lato ha garantito un certo tenore di vita alla famiglia di Mercury (a confronto con quello della gran parte della popolazione), dall’altro ha fatto respirare da subito la cultura, e di conseguenza la musica inglese, alla futura rockstar.
In un certo senso queste circostanze hanno fatto concretizzare il destino che c’è nel nome di Farrokh, che significa fortunato. Cosa che evidentemente è stata vera per gran parte della vita di Freddie Mercury, che prima della prematura scomparsa ha conquistato un successo senza pari. Facendolo entrare, ovviamente insieme ai “suoi” Queen, nel pantheon delle più grandi rockstar di tutti i tempi.