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 2025  marzo 23 Domenica calendario

Conti Usa, dopo i tagli di Musk a rischio 500 miliardi di entrate fiscali

Le entrate fiscali degli Stati Uniti potrebbero registrare un crollo superiore al 10% entro la scadenza del 15 aprile, la scadenza per la presentazione delle dichiarazioni dei redditi. A lanciare l’allarme è il Washington Post, che riporta dati e testimonianze raccolte da funzionari del Dipartimento del Tesoro e dell’Internal Revenue Service (IRS). La previsione si basa su proiezioni interne non pubbliche: rispetto ai 5.100 miliardi di dollari riscossi nel 2024, il calo potrebbe superare i 500 miliardi di dollari, con conseguenze pesanti per l’intero bilancio federale.
Secondo le fonti citate dal quotidiano controllato dal fondatore di Amazon Jeff Bezos, il calo delle entrate non è attribuibile né a fattori macroeconomici né a riforme fiscali, ma sarebbe il risultato diretto di cambiamenti nel comportamento dei contribuenti e, soprattutto, dei profondi tagli operati all’interno dell’Irs dall’amministrazione Trump. Oltre 11.000 dipendenti dell’agenzia sono già stati licenziati, su un totale previsto di quasi 20.000, con particolare impatto sulle divisioni dedicate all’assistenza al contribuente e ai controlli.
Il personale interno dell’Irs ha confermato che numerose indagini su grandi aziende e contribuenti ad alto reddito sono state abbandonate per mancanza di risorse. La presidente della divisione compliance, Heather Maloy, ha lasciato l’incarico nei giorni scorsi. Dall’inizio del nuovo mandato di Donald Trump, due commissari dell’Irs si sono dimessi.
Il risultato è un calo significativo nella riscossione effettiva. Secondo dati ufficiali, le dichiarazioni presentate sono scese dell’1,7% rispetto allo stesso periodo del 2024. Ma le proiezioni interne dell’Irs— basate su modelli che tengono conto dei pagamenti attesi, dei bilanci parziali e dei livelli storici di inadempienza – indicano una flessione ben più ampia delle entrate effettivamente riscosse.
A questo si aggiunge un ulteriore elemento preoccupante: secondo funzionari citati dal Washington Post, sono in aumento le discussioni online di contribuenti intenzionati a non pagare le tasse o a sfruttare crediti e deduzioni in modo improprio, scommettendo sul fatto che l’agenzia non avrà gli strumenti per verificarli.
La previsione ha colto molti di sorpresa, anche perché nel 2024 l’economia statunitense è cresciuta del 2,8%, e non ci sono stati cambiamenti rilevanti nella legislazione fiscale. Altri fattori, come i ritardi dovuti agli incendi nell’area di Los Angeles o la scelta di alcuni contribuenti di posticipare la dichiarazione con estensioni semestrali, potrebbero spiegare una parte della flessione. Ma non giustificano un calo così marcato.
Il vero timore riguarda gli effetti sul debito federale, oggi a quota 36.200 miliardi di dollari. L’Irs raccoglie oltre il 95% delle entrate federali. Se il gettito effettivo crolla, e il Congresso non taglia la spesa, il governo sarà costretto ad aumentare l’indebitamento.
Secondo un documento riservato ottenuto dal Post, i vertici dell’Irs avevano avvertito la squadra di transizione di Trump già a gennaio, illustrando in una presentazione da 68 slide gli effetti possibili dei tagli sul funzionamento dell’agenzia. Nel documento si raccomandava una riduzione graduale del personale, da accompagnare a una forte digitalizzazione dei processi. Il messaggio era chiaro: l’Irs è un sistema produttivo simile a una catena di montaggio – se dimezzi il personale, dimezzi anche il risultato. E non basta l’automazione, almeno non nel breve periodo.
Per ora, i dati mostrano anche un calo nell’efficienza dei servizi: solo l’85% delle telefonate all’Irs riceve risposta, contro il 93,6% dello stesso periodo del 2024. È un segnale di rallentamento operativo, in un anno in cui il sistema fiscale americano mostra le prime crepe visibili.