Il Messaggero, 23 marzo 2025
Ucraina: il sindaco, il generale e il filo-russo i potenziali candidati alle presidenziali
I negoziati procedono e il “no” di Zelensky alle elezioni in tempo di guerra sembra meno granitico di prima. Si apre così la corsa alla successione. Il primo nome sul tavolo è quello dell’ex capo di stato maggiore della difesa, il generale Valeri Zaluzhny, silurato dopo la controffensiva fallita del 2023 e “parcheggiato” come ambasciatore a Londra. È l’eroe nazionale, l’uomo che ha resistito a Mosca nella prima fase dell’invasione. Ed è pure il candidato di Trump, la sua popolarità supera l’80%, al momento è l’unico in grado di competere con Zelensky cresciuto nei sondaggi dopo lo scontro in diretta tv nello Studio Ovale. Per il Kiis, istituto demoscopico ucraino, il presidente “di guerra” ha guadagnato 10 punti, dal 57 al 67%, a fronte del 4% che provocatoriamente gli aveva attribuito Trump. Un effetto rimbalzo, segno dell’apprezzamento per la fermezza con cui ha tenuto testa a Donald. La partita ora è aperta.
IN POLE
Kyrylo Budanov, capo dell’intelligence militare, sopravvissuto ad almeno 10 attentati russi, è l’uomo chiave nella strategia segreta della guerra. E c’è chi rientra in scena con mosse mirate come il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, già campione mondiale dei pesi massimi. Sempre in tensione con Zelensky, l’ha criticato ammonendo che «non è il momento di farsi prendere dalle emozioni, con gli Stati Uniti va trovato un terreno comune». Parole da rivale in agguato. Klitschko è una figura popolare, solida, e guida una capitale sotto attacco. Poi c’è Petro Poroshenko, l’ex presidente e “re del cioccolato”, che prova a rientrare in gioco. Il suo nome è spuntato in una cena rivelata da Politico con Donald Trump Jr, Jared Kushner e altri emissari trumpiani. Ma nei sondaggi non va oltre il 6%, contro il 30 di Zelensky. Ancor meno incide Dmytro Razumkov, ex leader di “Servitore del Popolo”, partito del presidente, oggi ai margini con un nuovo movimento. Sullo sfondo ecco l’oligarca filorusso Viktor Medvedchuk, amico di Putin, arrestato e poi liberato in uno scambio di prigionieri, pronto sulla ruota di Mosca.
LE INCOGNITE
Ma la vera incognita restano le elezioni. Putin mette in dubbio la legittimità di un presidente, Zelensky, che ha rinviato il voto. In Ucraina, la risposta è netta: non si vota mentre si combatte. Il 64% è contro la consultazione, stando al Socis, altro istituto di Kiev. Perfino chi invoca il rinnovamento della classe dirigente non vuole nuove urne ora. Le priorità sono altre: la sicurezza, l’adesione alla Nato, i rapporti con l’Europa. Il Paese ha un solo orizzonte: sopravvivere. «Gli ucraini non hanno fretta di votare – spiega Anton Hrushetsky, direttore del Kiis -. Percepiscono questa guerra come esistenziale. Non sentono l’urgenza del voto, lo considerano rischioso». La fiducia, invece, si concentra altrove. Nell’esercito, prima di tutto, per oltre il 90%. Nei servizi di sicurezza, oltre il 50%. E nei militari, che secondo la metà degli ucraini dovrebbero esprimere il prossimo leader. Ma proprio qui sta il paradosso: i militari stanno al fronte. Non possono candidarsi, né votare. Lo sanno anche a Washington, dove Trump insiste per il cambio al vertice. Vuole un presidente eletto “democraticamente”. Ma in Ucraina, dove si vive sotto le bombe, la percezione è diversa. E Zelensky lo sa. Le bordate ricevute nello Studio Ovale lo hanno rilanciato. Se dovesse reggere ancora, senza cedere alle pretese di Trump riguardo al Contratto ampliato dalle terre rare al possesso americano delle centrali nucleari, allora sì Zelensky potrebbe ripresentarsi come il leader che ha tenuto il punto. E non ha svenduto l’Ucraina.