Avvenire, 23 marzo 2025
Nigeria, a nord-ovest dell’inferno
Il Nordovest della Nigeria, soprattutto l’arida zona al confine con il Benin, sta diventando un inferno per chi ci abita. Un ginepraio inestricabile di almeno sei gruppi armati, banditismo locale senza scrupoli e violenza jihadista affiliata a ciò che resta di Boko Haram. Questo intreccio rende la vita impossibile alle comunità locali, costrette a fuggire incalzate da «uomini armati in motocicletta». Nel mirino non c’è solo la Chiesa cattolica, ma chiunque venga percepito come “generatore di reddito”. Si rapisce a scopo estorsivo o si uccide per obiettivi mancati.
A dirlo è il rapporto Dangerous Liaisons (“relazioni pericolose”) dell’istituto di ricerca Clingendael che mette in stretta correlazione «la matrice jihadista di un gruppo come Darul Salam (spin-off di Boko Haram) e il comune banditismo armato». Sono almeno sei i gruppi estremisti che insistono sul Nordovest: l’ultimo arrivato si fa chiamare Lakurawa e viene dal Mali. Prende di mira i villaggi nelle zone remote del nord-ovest Sokoto e del Kebbi. «Viviamo con la paura addosso. Hanno bruciato le nostre chiese e le abitazioni. Alcuni di noi hanno perso tutto», dice Ibrahim Yana, un contadino di religione cristiana che ha dovuto lasciare Shikarkir nello Stato del Borno. Durante l’ultimo attacco i terroristi ( in questo caso la loro identità non è nota) sono arrivati alle prime luci dell’alba e hanno costretto alla fuga oltre 1.500 residenti.
Ma non c’è solo il terrore: i criminali fanno anche proseliti. «Per attrarre più seguaci e guadagnare consensi – rivela al- Jazeera – Lakurawa distribuisce denaro, attrezzi agricoli, fertilizzanti e semi, nonché pompe d’acqua alle popolazioni più bisognose». Gli adepti di Lakurawa si sono organizzati in gruppo quando i leader delle comunità di Gudu e Tangaza li hanno chiamati a contrastare il banditismo locale che aveva innescato la crisi dei rapimenti. Nati per «proteggere» villaggi privi della tutela dello Stato, questi gruppi diventano a loro volta criminali. Ma la vera novità è un’altra: il presidente nigeriano Bola Tinubu, al potere dal 2023, avrà sempre meno fondi per contrastare questo estremismo. «Il congelamento degli aiuti americani (che arrivavano da Usaid, l’agenzia governativa statunitense fortemente ridimensionata da Trump, ndr) limiterà fortemente le operazioni di controterrorismo» denuncia Al Chukwuma Okoli, docente di Scienze politiche all’Università federale nigeriana di Lafia.
Le politiche trumpiane di disimpegno dalla cooperazione internazionale in Africa avranno un impatto anche sulla capacità già limitata del governo di far fronte alle minacce alla sicurezza. «Aumenterà la vulnerabilità del Paese» sostiene Okoli. In altre parole, perderà efficacia quel (poco) che veniva messo in campo per cercare di arginare la violenza armata dilagante. Finora gli Stati Uniti «hanno sostenuto i militari nigeriani con addestramenti mirati, informazioni di intelligence ed equipaggiamenti» per dissuadere la formazione delle gang. Ora resta la drammatica incognita su chi assisterà in futuro gli sfollati interni e coloro che fuggono incalzati dai gruppi islamisti e criminali. «Il congelamento degli aiuti – sostiene Okoli – inciderà sulla mancata assistenza umanitaria alle popolazioni colpite dal terrorismo». Secondo l’Ocha, l’agenzia Onu per il coordinamento e l’assistenza umanitaria, non meno di 7,9 milioni di persone nel 2024 hanno avuto bisogno di aiuto in Nigeria. Gli Stati Uniti le hanno sostenute finanziando, attraverso Usaid, sia le agenzie dell’Onu sia le Ong.
La punta dell’iceberg della presenza dei gruppi armati (sorti come milizie di autoaiuto) sono i rapimenti di sacerdoti, talora finiti nel sangue. Negli ultimi dieci anni in Nigeria ne sono stati rapiti 145, di cui 11 uccisi e quattro dispersi. Ma quello che spesso non vediamo è il dramma di interi villaggi dai quali la gente fugge per non morire. «Una riduzione dell’aiuto economico statunitense può inasprire la crisi umanitaria», spiega il docente nigeriano. Il rischio è, poi, che la miseria spinga altre centinaia di giovani senza lavoro a unirsi alle bande criminali, che si finanziano attraverso estorsioni e rapimenti spesso ai danni di esponenti della Chiesa cattolica, per l’unica regione che vengono percepiti erroneamente come persone che hanno maggiori disponibilità economiche delle altre.