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 2025  marzo 23 Domenica calendario

S’invecchia anche dietro le sbarre: l’età media è salita di 5 anni dal 2005

 La demografia consegna le sue criticità fino in carcere, con una “popolazione” sempre più anziana. E dunque fragile, bisognosa di cure, ma anche più isolata socialmente. È l’altra faccia della medaglia dell’emergenza penitenziaria: mentre gli istituti penali per minorenni toccano tassi d’affollamento record, e mentre sempre più giovanissimi passano dai minorili alle carceri per adulti, contemporaneamente nelle celle vivono centinaia di anziani. A fine 2024, secondo gli ultimi dati del ministero della Giustizia, le carceri italiane ospitavano 1.238 persone con più di 70 anni d’età. Un’escalation continua, anno dopo anno: nell’ultimo decennio i detenuti over 70 sono praticamente raddoppiati, visto che erano 642 alla fine del 2014. Ma il fenomeno è di lungo periodo: nel 2005 se ne contavano appena 350, così da allora alla fine del 2024 la crescita dei “detenuti anziani” è stata del 253%. Si invecchia anche dietro le sbarre. È l’effetto del trend demografico che si legge anche nella società e che fa breccia anche oltre le mura dei penitenziari, di carcerazioni lunghe, ma anche – a volte, quando le condizioni sociali sono più fragili – dell’impossibilità di accedere a misure alternative, perché magari là fuori manca una casa e una famiglia, una rete di accoglienza.
L’incrocio degli ultimi dati del ministero della Giustizia permette di cogliere la profondità del fenomeno. Alla fine dello scorso anno, a fronte dei 61.861 ristretti nelle carceri italiane, le persone con più di settant’anni sono arrivate a rappresentare il 2% del totale: una su 50. Nel 2013 erano solo l’1%, nel 2005 “pesavano” solo per lo 0,6%. Di pari passo è aumentata l’età media di chi vive la propria esistenza in un penitenziario: nel 2005 si aggirava attorno ai 37 anni, oggi supera i 42 anni ed è la più alta tra le carceri del continente. Lo segnalava l’ultima relazione annuale del Consiglio d’Europa sui sistemi carcerari, spiegando che il dato italiano è legato anche a «una parte significativa di detenuti con più di 65 anni condannati all’ergastolo per reati di mafia». Crescono anche i 6069enni in cella, passati dai 1.786 del 2005 ai 2.946 del 2014 e infine ai 5.050 di fine 2024.
L’invecchiamento incide anche sulla salute: da inizio anno al 21 marzo, stando ai dati del Garante nazionale dei detenuti, 37 reclusi sono morti per cause naturali, in linea con i 38 del 2024 e con i 35 del 2023, ma ben più dei 25 del 2022 e dei 29 del 2021. Persone con un’età media di 56 anni, calcolava il dossier, ma spesso anche molto anziane: l’elenco dettagliato cita un 70enne (a Cosenza nella sezione per disabili), un 82enne (a Bollate, nella sezione per disabili a trattamento intensificato), un 75enne (a Lecce, in infermeria), un 70enne (a Palermo), un 73enne (a Bollate ma in articolo 21, la misura che consente il lavoro esterno), un 83enne (a Trapani, nella sezione protetti). Intanto, accanto a detenuti sempre più anziani, aumentano pure quelli più giovani. Lo raccontano ancora le statistiche del ministero della Giustizia: nel 2024 sono aumentati del 29% i reclusi tra i 18 e i 20 anni (da 755 a 974), dopo che già nel 2023 erano cresciuti del 26,9% (da 595 a 755). Una sorta di polarizzazione anagrafica che attraversa le carceri