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 2025  marzo 23 Domenica calendario

Ancora suicidi, aggressioni e sovraffollamento: Nelle celle l’emergenza si fa sempre più grave

 Sovraffollamento e carenze del personale di sorveglianza sono i malanni cronici delle carceri italiane. I numeri sulle presenze dei detenuti oltre il consentito – dai regolamenti e dal senso di umanità – sono stabili ma rimangono dentro un’emergenza che si aggrava ogni giorno facendo crescere le tensioni dietro le sbarre. Al 28 febbraio scorso, in base ai dati forniti dal Ministero della Giustizia, erano 62.165 le persone ristrette nei 190 istituti di pena, circa 11mila in più rispetto alla capienza prevista, ma ne risultano addirittura 15mila in sovrannumero se si considerano i posti letto effettivamente disponibili. Ci sono celle per 4 persone dove vivono anche in 7 o 8, come accade, per esempio, nel carcere di Foggia, dove lunedì scorso un 39enne, che aveva provato a uccidersi con una lametta alcuni giorni prima, quando era rinchiuso a Sassari, si è impiccato e la famiglia ha presentato una denuncia alla procura perché si faccia chiarezza sul caso.
I suicidi continuano con una sequenza impressionante: dal 1° gennaio di quest’anno sono 21 le persone recluse che si sono tolte la vita (5 in meno rispetto allo stesso periodo del 2024, il peggiore della storia del nostro sistema penitenziario per numero di morti). La metà di questi era in attesa di primo giudizio. Cinquanta, invece, i decessi registrati dalle autorità con la dicitura “per altre cause”, la metà delle quali da accertare (ma lo saranno mai?). L’età media delle vittime è di 43 anni. Tra gli eventi critici più preoccupanti, gli atti di autolesionismo – dal 1° gennaio al 21 marzo ne sono stati rilevati 2.413 – e le aggressioni – 1.131 nello stesso periodo (474 dei quali rivolti contro gli agenti di polizia penitenziaria). Nella Casa circondariale di Viterbo, un recluso di 52 anni, è stato picchiato brutalmente da un gruppo di compagni di detenzione armati di spranghe e oggetti contundenti. Il pestaggio è durato diversi minuti, lasciandolo con fratture alla mandibola per le quali è stato poi sottoposto a un intervento chirurgico. Dimesso dall’ospedale e riportato in carcere, il 18 marzo scorso ha subito un secondo pestaggio il nel quale ha riportato nuove ferite alla testa. Solo grazie all’intervento del garante dei detenuti Salvatore Anastasia al quale si sono rivolti i familiari, è stato disposto un suo trasferimento d’urgenza in un’altra struttura.
Nel carcere di San Vittore, a Milano, un detenuto 38enne italiano, lunedì scorso ha minacciato di morte con una lametta la psicologa in servizio nell’infermeria e poi l’ha violentata: è stato arrestato in flagranza di reato e trasferito a Sassari. E, nonostante i concorsi avviati e le nuove assunzioni, sarebbero circa 6mila gli agenti di polizia penitenziaria che mancano negli organici degli istituti. Un numero rilevante, e urgente rispetto alle necessità.
Anche il sistema minorile, un tempo fiore all’occhiello dell’Italia, è andato in tilt: per effetto del decreto Caivano, sono entrati più giovani in strutture detentive e i 17 istituti dedicati agli “under 25” che hanno avuto problemi con la Giustizia, non hanno più posti letto disponibili: al 15 marzo, erano ospitati qui, in totale, 611 tra minori e giovani adulti. Gli istituti più affollati risultano il “Beccaria” di Milano e Nisida, dove i ragazzi sono spesso costretti a dormire su un materasso per terra.
«Di fronte a una popolazione detenuta composta prevalentemente da persone vulnerabili – commenta il presidente dell’Associazione Antigone, Patrizio Gonnella – la risposta istituzionale è stata la chiusura generalizzata nelle celle. I detenuti sono così costretti a stare in luoghi malsani sino a 20 ore al giorno. Il Parlamento non deve lasciare il carcere, i detenuti e gli operatori nelle mani del solo governo, di chi ha mostrato indifferenza e cinismo, di chi non piange i morti e pensa che il detenuto sia un bersaglio da eliminare».