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 2025  marzo 23 Domenica calendario

Stati disUniti a rischio spaccatura

Il demone dell’inquietudine, il nuovo saggio narrativo di Erik Larson in uscita da Neri Pozza, racconta i cinque mesi cruciali tra l’elezione di Abraham Lincoln nel novembre 1860 e l’inizio della Guerra civile americana. Nell’introduzione, intitolata Oscura magia, l’autore traccia un parallelismo con l’epoca presente. «Ero già a buon punto con le ricerche sulla saga di Fort Sumter e l’avvento della Guerra civile americana quando si sono verificati gli eventi del 6 gennaio 2021. Mentre guardavo sullo schermo l’assalto al Campidoglio, ho provato la strana sensazione che presente e passato si fondessero. È inquietante osservare che nel 1861 due tra i momenti di peggior terrore nazionale si incentrassero sulla certificazione del voto del Collegio elettorale e sull’insediamento presidenziale».
Il suo libro esce adesso in Italia durante il secondo mandato di Trump, che molti non si sarebbero aspettati dopo l’assalto al Congresso. Quali sono le somiglianze e le differenze con il passato?
«Con gli eventi del 6 gennaio ho capito che un lavoro storico come questo ha una risonanza contemporanea molto netta: non dico che ci siano parallelismi esatti, non ci sono in realtà, ma c’è questa idea di agitazione in America... Ricordo in modo vivido che, all’inizio della pandemia eravamo in un periodo di grande discordia politica in America, sentivo parlare di una Guerra civile contemporanea o di secessione moderna. Anche in assenza di parallelismi precisi, la storia è tornata a vivere in un certo senso. Io volevo raccontare com’è davvero iniziata la Guerra civile. In principio pensavo che questo libro sarebbe stato lungo 250 pagine, poi sono diventate 800 e le ho tagliate ancora perché la storia è molto complessa. È diversa da quello che sta succedendo oggi. Adesso c’è di nuovo un senso di discordia politica, la paura che il Paese possa andare verso una spaccatura, che non sarebbe ovviamente la stessa di allora, tra Nord e Sud, ma si parla di violenza. Vediamo gente che attacca i rivenditori di Tesla e che occupa la lobby della Trump Tower. La mia paura è che si tratti solo dell’inizio, ma non voglio che nessuno legga nel libro una guida per ciò che avverrà».
Come viene insegnata la Guerra civile nelle scuole americane?
«Alle superiori si dà uno sguardo superficiale alla Guerra civile. Si presta più attenzione alle battaglie, come Antietam e Gettysburg, che alle origini della guerra. Le origini vengono trascurate anche nella storiografia contemporanea, in realtà. Ma le forze che portarono alla Guerra civile sono molto complesse ed è questo che racconta il mio libro: come queste forze si misero insieme per arrivare al punto in cui ci si potesse uccidere l’un l’altro, fratelli contro fratelli, americani contro americani. Perché io credo che si debba poter immaginare qualcosa prima di poterlo fare».
Il concetto di onore è centrale nel determinare l’inizio della Guerra civile. In che modo?
«Questa è una delle cose che mi hanno sorpreso quando ho cominciato a fare ricerche. A Charleston, in South Carolina, ai vertici della società c’erano i proprietari di piantagioni. E intorno al periodo della Guerra civile si era diffuso nel Sud il movimento pro-schiavitù: i proprietari delle piantagioni si erano convinti che la schiavitù fosse il mondo migliore e che possedendo schiavi stessero facendo la cosa più onorevole, perché la teoria era che le condizioni in cui vivevano le persone schiavizzate fossero migliori di quelle che avrebbero potuto avere se avessero lavorato nel Nord in una fabbrica. L’idea era che nelle piantagioni avevano tutto il cibo che serviva, la comodità di una casa e così via. Certo, dimenticavano di menzionare le frustate... Ma questa naturalmente era la visione dei proprietari delle piantagioni. Quando, a Nord, gli abolizionisti cominciarono a condannare la schiavitù, la condannavano non solo come istituzione: condannavano anche l’onore dei proprietari di schiavi, era una questione personale. Ci fu un fondamentale cambiamento nel modo in cui il mondo vedeva la schiavitù all’inizio del XIX secolo. Il mondo moderno – Gran Bretagna, Francia, Italia, il Nord in America – la vedeva come un abominio. Ed è stato questo a creare una spaccatura sempre più grande tra il Nord e il Sud. Non fu l’unica forza, ma una forza importante in un contesto in cui i proprietari delle piantagioni del Sud prendevano l’onore così sul serio che si vedevano come cavalieri usciti da un romanzo su re Artù. Leggevano quel tipo di romanzi, mettevano in scena tornei a cavallo con le lance e gli abiti da cavalieri, era una messa in scena della loro illusione di essere la crème de la crème della società».
Il bombardamento di Fort Sumter da parte della Confederazione è la scintilla che fa esplodere definitivamente le divisioni. Anche il maggiore Robert Anderson, ex schiavista simpatizzante del Sud ma fedele all’Unione che comanda il forte, ha uno spiccato senso dell’onore.
«Il suo senso dell’onore era diverso da quello quasi patologico dei proprietari delle piantagioni. Il maggiore Anderson era assolutamente fedele non tanto agli Stati Uniti quanto all’esercito degli Stati Uniti. Aveva fatto un giuramento e lo avrebbe rispettato a qualunque costo. È lui il vero eroe del libro. Fort Sumter si può visitare oggi ma non rende l’idea di quello che era allora: mura alte 15 metri, tre file di cannoni. E questo maggiore dell’esercito stava con 70 persone in un forte che avrebbe dovuto averne 650, nel mezzo di Charleston, circondato da un numero crescente di pezzi d’artiglieria che avevano l’esplicita funzione di farlo saltare in aria e ucciderlo. Solo, fermo nelle sue convinzioni, rifiuta di arrendersi, resta finché gli è possibile. Non si vede una cosa del genere ai nostri tempi. Oggi tutti si piegano a Trump».
Lincoln, il neoeletto presidente, in lotta con il suo segretario di Stato, cerca disperatamente di evitare una guerra che appare inevitabile e che alla fine ucciderà 750 mila americani.
«Una delle cose che mi ha colpito di più è che era una persona estremamente pignola sulla legge e su ciò che è giusto o sbagliato, cosa che manca oggi. È dentro fino al collo a una crisi nazionale ma l’affronta con umorismo e con grazia».