La Lettura, 23 marzo 2025
Fruttero presenta Lucentini. Abitava a Montmartre sognando un bistrot
Mi accorgo di non sapere quasi niente della vita di Franco Lucentini. È romano, di famiglia borghese; ebbe un padre mite, una madre di forte carattere; da giovinetto comprava «Le Matin» per impressionare i compagni di ginnasio. Fu antifascista, ma dissociato da partiti o movimenti, ripugnandogli, di quel periodo, soprattutto i treni popolati e i trionfi della nazionale di calcio.A Praga, nel 1966, mentre facevamo uno spoglio di documenti nazisti riguardanti l’Italia, lo vidi illuminarsi di romanzesca gioia. Mi mostrò il rapporto di un V-Mann [informatore, ndr] delle SS, col timbro rosso GEHEIM [segreto, ndr] indirizzato a Kalten-brunner, che descriveva gli incidenti del ’41 all’università di Roma e ne attribuiva la responsabilità, contro il parere della polizia italiana, a «un gruppo non ancora identificato». Nel gruppo, di quattro persone, c’era anche lui. Era poi stato arrestato, mi spiegò, in seguito a una spiata; processato e condannato dal tribunale speciale. Mi parlò quasi con rimpianto della sua prigionia, di cui aveva centellinato la routine e la solitudine; e del piacere, di un’intensità mai più ritrovata, che gli aveva procurato, dopo settimane passate senza carta stampata, la lettura di non so più quale infame romanzetto della biblioteca rosa del carcere.A guerra finita, lavorò per qualche tempo all’Ansa, si comprò un’automobile nera e velocissima, e s’invaghì di una slava ammaliante e insopportabile. Visse poi precariamente in varie città dell’Europa centrale e approdò infine a Parigi, dove lo incontrai per la prima volta. Abitava in una soffitta a Montmartre, e la sua massima aspirazione di quell’epoca (mi confidò anni dopo, una notte in cui «fumeurs obscurs», passeggiavamo lungo le rive del Loing) era di poter entrare nel misero bistrot all’angolo e gettare disinvoltamente la frase «Alors, patron, ça gaze?», come sentiva fare dai protettori e dai piccoli pesci del «milieu». Per caso avevo letto da poco, nel primo numero di «Nuovi Argomenti», il suo lungo racconto La porta, che poi entrò insieme con altri due nel volume Notizie degli scavi, uno stupendo libro, ignoto al grande pubblico per varie traversie editoriali. Gli dissi, con la sincerità di chi non ha ancora niente da perdere né da guadagnare, che mi era sembrato bellissimo.