La Lettura, 23 marzo 2025
E Lucentini presenta Fruttero. Coltivò polemicamente il lavoro a maglia
A un conoscente andato a trovarlo proprio mentre lo stavano spingendo in sala operatoria per un intervento di cardiochirurgia, e che gli chiedeva, con torinese impassibilità, come stesse, il padre di Carlo Fruttero, ottantenne, rispose con un altrettanto impassibile filo di voce: «Finché c’è la salute...». Le persone in cui il pudore assume automaticamente questa forma sarcastica si lasciano di rado andare alle confidenze: di Fruttero io so dunque meno di quanto lui sappia di me.
La sua data di nascita gli risparmiò, per poche settimane, ogni obbligo militare, e passò gli anni della guerra nell’Astigiano, polemicamente dedito al lavoro a maglia, al bridge e alla conversazione con amici indolenti e coltissimi, che gl’insegnarono a leggere Eliot prima di Montale e a prendere in mano con identica disponibilità il Capitale e le Favole di La Fontaine. Scrisse allora tre o quattro racconti (che non ho mai letto), frequentò altezzosamente e brevemente l’università di Torino, e passò subito a fabbricarsi assurde e indispensabili peripezie: fu minatore in Belgio (per poco), imbianchino a Parigi, manovale a Londra, dove tuttavia trovò modo di apprendere (e in seguito di ostentare per anni) sensazionali sfumature d’accento, i rudimenti del cricket e l’uso delle pezze di cuoio ai gomiti della giacca. Smessi, col tempo, tali snobismi, gli sono rimaste vanità minori, come quella di conoscere l’origine della parola «gringo», o di cantare alle sue bambine la vera versione di un’antica ballata irlandese, poi adattata a scopi religiosi da qualche prete progressista.
Del nostro lavoro in comune ha già detto lui; osserverò che molti se ne meravigliano come di cosa insolita, se non impossibile, fra intellettuali, una razza nota per il suo fiero individualismo. Ma c’è motivo di sospettare che questo individualismo non sia, il più delle volte, che nevrotico egocentrismo, puerile suscettibilità. In termini politici, la nostra ci appare come una specie di micro-democrazia, in cui governo e opposizione si scambiano continuamente e ragionevolmente le parti. In termini d’avventura, ciascuno di noi rivive segretamente, mentre lavoriamo, una gloriosa scena di western: in cui John Wayne e Lee Marvin, coprendosi vicendevolmente le spalle, affrontano pistola in pugno i «cattivi» e (perché no?) gl’imbecilli.