Sette, 22 marzo 2025
Alla tavola di Hitler. Le ragazze che assaggiavano il cibo del Führer a caccia di veleni
Mangiare. E sperare. Di non morire. La storia è quella resa nota nel 2012 da Margot Wölk, poco prima di andarsene a 95 anni: esisteva un gruppo di donne tedesche costrette ad as-saggiare, a pranzo e a cena, le pietanze che avrebbe poi consumato Adolf Hitler, asserragliato nella Tana del Lupo, paranoia ormai ai massimi livelli: siamo nel 1943 a Gross Partsch (oggi Parcz), villaggio dell’allora Prussia Orientale, oggi Polonia. Solo lei sopravvisse alla guerra di quel gruppo di donne “rastrellate” nella campagne attorno dalle SS. Erano dieci a quella tavola dell’orrore nel romanzo Le assaggiatrici che Rosella Postorino ha scritto nel 2018 ispirandosi a quella storia, fregiato dal Premio Campiello; sono sette nel film omonimo che il regista Silvio Soldini ne ha ricavato, in uscita nei cinema italiani il prossimo giovedì 27 marzo.
La scintilla da cui il film è scaturito è scattata su un treno Roma-Milano, quando Cristiana Mainardi e Lionello Cerri, produttori indipendenti ed esercenti del tempio milanese del cinema d’autore, l’Anteo, hanno scoperto il romanzo di Postorino. E se ne sono innamorati: dobbiamo farlo diventare cinema, si sono detti. Detto e (quasi) fatto. Sono passati sette anni. Tempi fisiologici. Almeno da noi. Ma ora il film è qui, in un’Italia assai diversa da quella di allora governata da Gentiloni e poi da Conte: Giorgia Meloni è la premier di un esecutivo definito di destra-destra per differenziarlo dal centrodestra di Berlusconi, in Germania la Cancelliera Angela Merkel è un ricordo abbastanza lontano e il partito post nazista dell’AfD ha superato il 20 per cento nelle elezioni di un mese fa.
«Quando Rosella ha visto il film», rivela Silvio Soldini «mi ha detto che almeno per la prima metà le sembrava quasi un film distopico». Dove per distopico facciamo nostra la definizione di «rappresentazione di una realtà immaginaria del futuro, ma prevedibile sulla base di tendenze del presente percepite come altamente negative». «E ha ragione», continua il regista milanese. «L’ambientazione temporale e spaziale è del periodo nazista, quello è il palcoscenico su cui avviene questa vicenda, ma se si mutano le divise e le date e si dichiara che siamo nel 2078 la storia non credo sarebbe diversa». D’altra parte basta chiedere a Rosella Postorino qual è il senso profondo del suo romanzo per capire che la sintonia con chi l’ha portato sullo schermo è totale: «È una riflessione sulla possibilità di scivolare nella colpa senza sceglierlo». Come il personaggio sfaccettato di contraddizioni dell’assaggiatrice protagonista Rosa Sauer (nel film una bravissima Elisa Schlott, una sorta di Scarlett Johansson ma di sguardo e sorriso malinconico e per niente americano), mostra nel racconto e nell’incontro-scontro d’amore-odio con il comandante SS Albert Ziegler.
Soldini: «Cambiando le date questa storia può riguardare anche altre epoche storiche»
Il regista milanese: «Ho una gran paura di questo periodo. Sono allarmato per i miei figli e i miei nipoti»
Dunque lo si può quasi interpretare come un altolà rivolto all’oggi, il tema del romanzo, riportato alla luce dalla presenza del film nelle sale. Postorino precisa: «Non scrivo libri per dare messaggi perché non è il compito della letteratura. Ma so che nella Storia, in qualunque epoca, i sistemi totalitari hanno prodotto questi effetti negli esseri umani». Soldini confessa qualche brivido quando nel ricontrollare il film in vista dell’uscita si è imbattuto nella frase di Hitler che “ringraziava” la Provvidenza divina di avergli salvato la vita dopo l’attentato di von Stauffenberg del 20 luglio 1944, così simile a quella di Trump del 13 luglio 2024, poi ripetuta in campagna elettorale fino al giuramento: «Sono stato salvato da Dio per rendere l’America di nuovo grande». «Che dire?», sorride Soldini. «Mi ha fatto molto effetto, speriamo che faccia riflettere qualcuno. Per la prima volta nella mia vita di nato alla fine degli anni Cinquanta devo dire la verità di provare una grande paura per la situazione del mondo. Spero che saremo capaci di difenderci da tutto ciò. Sicuramente qualcosa temo che debba cambiare, la democrazia dovrà un pochino ripensarsi. Di certo la mia generazione non aveva vissuto niente del genere fino ad adesso». Pensa alla guerra di Putin in Ucraina, Soldini. E pensa a Gaza: «Ogni volta che vedo le immagini di Gaza girate dai droni sono costernato. Perché sembra un videogico di quelli della Playstation in cui spari e distruggi. È pazzesco, si fa fatica a credere che sia reale. Sono molto allarmato per i miei figli e i miei nipoti».
«La frase di Hitler che ringrazio la Provvidenza dopo l’attentato ricorda quella di Trump che dice di essere stato salvato da Dio»
ASSAGGIARE L’ORRORE
Postorino riflette invece sul ruolo “profetico” non di Trump ma della letteratura: «Ho iniziato a pensare al romanzo nel 2014, e quando uscì, nel 2018, il mondo stava già andando verso destra: per questo ai lettori pareva un po’ profetico. Ora il processo pare essersi assurdamente compiuto. Forse gli scrittori sembrano subodorare ciò che sta arrivando solo perché la Storia, purtroppo, si ripete. A me interessava mostrare come la guerra, i totalitarismi, le tragedie storiche intervengano nella vita ordinaria, quotidiana delle persone, fino a condizionarne persino i sentimenti».
Il film è anche il frutto di un’intesa immediata e profonda tra regista e autrice del libro. «Il romanzo di Rosella mi ha subito convinto», spiega Soldini. «La scrittura con cui ci porta in quella storia è particolarmente efficace e travolgente. Non avevo mai girato un film in costume e neanche naturalmente in lingua tedesca, che non conosco. Però ho detto subito: proviamoci! Anche perché non c’erano altri modi per arrivare a quel tipo di verità che io cerco di ottenere con il mio cinema. La paura di suonare fasullo – come capita spesso ai film in costume – se guardo a ritroso è quella che mi ha accompagnato per tutta la lavorazione».
Il risultato è tutt’altro. Anche grazie a un gruppo di giovani attrici tedesche scelte benissimo e assolutamente credibili nei loro ruoli, con cui Soldini ha trascorso due settimane piene prima di girare a lavorare sui dialoghi in modo da rendere ciascuno dei personaggi unico «come se fosse una piccola orchestra in cui ognuna di loro “suonava” uno strumento diverso». Dopo, sette settimane di riprese tra Alto Adige, nel paesino di Silandro e il Belgio. E il film era completato. Per ogni dubbio c’era Rosella. «Facendo lei parte di quegli autori che fanno molta ricerca prima di scrivere», precisa con ammirazione Soldini, «ad ogni mia domanda rispondeva. Mi ha fatto anche leggere un paio di libri per entrare meglio nell’argomento ed è venuta tre o quattro giorni sul set».
Postorino: «Il mio libro riflette sul fatto che si può scivolare nella colpa senza sceglierlo»
La scrittrice: «Soldini un vero autore, ha scelto per il comandante delle SS un attore che ha esattamente il volto che avevo immaginato io per quel personaggio»
Lei è rimasta impressionata dal modo di lavorare di Silvio: «Ho capito che le tante prove che fa con gli attori prima di girare non sono una prassi, anzi». Postorino è al primo film tratto da un suo libro, non aveva finora avuto consuetudine con i registi «ma ho avuto proprio la sensazione di trovarmi con un autore, con qualcuno cioè che aveva una sua “visione”. E questo per me è stato prima di tutto rassicurante, ma anche stimolante». Consapevole che comunque il film è un’altra cosa e deve essere un’altra cosa rispetto al libro (non ci sono i tanti flashback del romanzo, il finale che non sveliamo è diverso; ndr ), la scrittrice confessa la profonda emozione provata «di fronte al lavoro della bravissima scenografa Paola Bizzarri quando ho visto la ricostruzione della caserma» in cui le assaggiatrici sono costrette ai loro assaggi. E poi la scelta dell’attore Max Riemelt per il comandante Ziegler l’ha stupita: «Incredibile, somiglia molto al personaggio che avevo immaginato: ha un viso innocuo, che può però diventare minaccioso in un istante. Ziegler non è un invasato, è il contrario dell’uomo delle SS cui siamo abituati. È fragile, controverso. Quando cerca di raccontare a Rosa cos’è il nazismo, cos’è stato costretto a fare e cosa non è riuscito a fare, è lei a non volerlo ascoltare».
Il romanzo ha vinto il premio Campiello 2018
Dal 27 marzo il film arriverà nei cinema italiani
Con Rosa Sauer, Soldini alla fine ha inanellato un altro dei numerosi ritratti femminili del suo cinema, dalla Rosalba di Licia Maglietta dimenticata in autogrill ormai 25 anni fa in Pane e tulipani, all’avvocata Camilla di Kasia Smutniak nel lavoro precedente a questo, 3/19 del 2021. «Qui il cuore del film forse è il coro, il collettivo dellle donne.», precisa il regista. «Però Rosa è la persona che ti fa entrare nella storia: sei con lei sin dall’inizio, entri nella sua intimità, vivi con lei cose segrete che le altre non sanno che accadono. È un personaggio affascinante perché pieno di contraddizioni: sono quelli che mi piacciono di più e adoro raccontarli a tutto tondo». Ora, provato da un’opera così imponente nella sua filmografia sta pensando a girare una commedia. E, chissà, in un futuro più in là «mi stuzzicherebbe debuttare in una serie: solo qualche episodio magari, partecipando chiaramente anche alla scrittura. Non so se mi lascerebbero i tempi che ha avuto uno come Alfonso Cuarón quando ha fatto Disclaimer... Però, si vedrà».