lastampa.it, 22 marzo 2025
Ma la missione di peacekeeping cinese servirà a tutelare Mosca
Per la Cina non si tratta tanto di aderire a una “coalizione”, quanto semmai di prestarsi a un’iniziativa politicamente vantaggiosa, qualora arrivasse una richiesta delle parti in causa.
Secondo Welt am Sonntag, l’edizione domenicale del quotidiano tedesco Die Welt, Pechino starebbe valutando la possibilità di partecipare a un’eventuale missione di peacekeeping in Ucraina.
Secondo fonti diplomatiche europee citate dal media tedesco, che definisce comunque la questione “delicata”, l’inclusione della Cina «potrebbe potenzialmente aumentare l’accettazione da parte della Russia di truppe di peacekeeping in Ucraina».
Attenzione però all’errata equazione tra possibile coinvolgimento cinese e sostegno di Pechino alla coalizione proposta da Emmanuel Macron, quantomeno nei termini presentati sin qui. Il presidente francese ha annunciato un altro vertice dei “sostenitori” dell’Ucraina per giovedì prossimo.
In ogni caso, la Cina non ci sarà. Impossibile per Pechino appoggiare la richiesta di Parigi di «un impegno ripetuto, esplicito e forse in qualche modo specificato a sostenere l’Ucraina nel breve termine».
Xi Jinping ha sempre mantenuto la stessa posizione dall’inizio del conflitto, con la priorità che è sempre rimasta la stabilità interna della Russia, dove Vladimir Putin è individuato come garante di rapporti positivi e non conflittuali con l’enorme vicino.
Per questo, la partecipazione cinese a eventuali missioni di peacekeeping non è da confondere con un appoggio alla proposta di Macron e del primo ministro britannico Keir Starmer. La Cina pare sì disposta ad inviare forze di peacekeeping, ma non confondendosi dietro la proposta europea.
Come ha spiegato già qualche settimana fa Zhou Bo, ex ufficiale dell’esercito cinese, Pechino si attiverà “quando le chiederanno di partecipare”, dopo un cessate il fuoco o un armistizio.
«In questo periodo, la peggiore paura dell’Ucraina sarà su chi garantirà il cessate il fuoco. E anche la parte russa avrà paura, perché teme di sembrare sola», spiega Zhou. «Ecco perché Putin ha parlato di come Cina, India e Brasile potrebbero diventare mediatori. Se tutti questi Paesi vengono coinvolti per fornire una sorta di garanzia di sicurezza collettiva, credo che entrambe le parti possano stare tranquille».
La Cina ha d’altronde investito molto nel peacekeeping, impegnandosi a costituire una forza di pace di ottomila membri e partecipando sin qui a 29 operazioni di mantenimento della pace precedenti e in corso con oltre 50 mila unità.
Per la Cina si tratta di una possibilità per proiettare un’immagine da potenza responsabile, proponendosi come tutela nei confronti di Mosca e garantendosi anche un ruolo di primo piano nella fase di ricostruzione post bellica dell’Ucraina.
Tra le altre implicazioni favorevoli alla Cina, anche quella di rendersi indispensabile per tutte le parti in causa, Russia in primis, ribadendo la difficoltà (per usare un eufemismo) della presunta strategia trumpiana di disgelo col Cremlino per separarlo da Pechino.
L’ipotesi di un coinvolgimento cinese potrebbe comunque avere una ricaduta positiva anche per l’Europa, ma pensare che la disponibilità di Pechino (se le condizioni saranno giudicate favorevoli) all’invio di forze di peacekeeping equivalga a una presa di distanza nei confronti della Russia sarebbe un errore.