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 2025  marzo 22 Sabato calendario

Intervista a Cristiano Grappasonni

E pensare che la pallacanestro neanche gli piaceva. Cristiano Grappasonni, 53 anni ancora da compiere, cresciuto a Poggio Mirteto, è stato l’ultimo prodotto del basket reatino a lasciare un segno tangibile in serie A.
Che effetto le fa?
«Mi sento come l’ultimo dei Mohicani – scherza Grappasonni. – Comunque, io giocavo a calcio ma dopo che mi fratturai una tibia i miei pensarono fosse meglio praticare uno sport meno duro, anche perché crescevo continuamente (sarebbe arrivato a 2.04, ndr) e così fui dirottato sul basket. A una leva fui notato da Luigi Simeoni e Sandro Cordoni, era il 1987, che mi segnalarono alla Amg Sebastiani che era ancora in A2. I miei facevano avanti e indietro con Rieti due volte a settimana per portarmi agli allenamenti ma io non ero entusiasta, finché non arrivarono i primi progressi e da allora non ho più smesso».
Grappasonni maturò rapidamente mentre la Sebastiani, abbandonata l’A2 nel 1988, trascorreva un oscuro decennio sprofondando in B2, risalendo in B1 per poi sparire nel 1997. Che ricordi ha?
«Sportivamente non furono annate memorabili, ma io ero giovane, maturavo lontano da casa, anche se a poche decine di chilometri. Ho tanti bei ricordi dei compagni di squadra e degli allenatori: Cordoni, Simeoni, Duncan, Cardaioli, Petitti, Sanesi, Vandoni. E poi tanti amici a Rieti con cui mantengo un bel legame, però non faccio nomi per non dimenticare nessuno. A livello federale ero vincolato alla Sebastiani. Fossi stato in un’altra società forse avrei spiccato prima il volo, ma poi la scomparsa mi liberò del tutto».
E così il lungo mirtense ha giocato da professionista fino a 41 anni, senza più tornare a Rieti. Come mai?
«La verità è che nessuno a Rieti mi ha mai più chiamato. Sparita la Sebastiani, mentre dal 1997 al 2004 Virtus e Nuova Sebastiani erano in B, io avevo giocato in A1 a Reggio Calabria, vicino al futuro pluricampione Nba Emanuel Ginobili, e poi stabilmente in A2. Non fui mai interpellato dalla Nuova Sebastiani nel suo triennio in A2 2004/07, prima che salisse in A e sparisse nel 2009, mentre io proseguivo per la mia strada. Invece ho avuto due chiamate come dirigente da Giuseppe Cattani, per la Npc, e da Roberto Pietropaoli per la Real Sebastiani, ma ormai la mia vita aveva avuto una svolta cruciale. Però è falso che non sia più voluto tornare a Rieti: nessuno mi chiamò. E quando tornavo da avversario essere pure fischiato mi dispiaceva molto».
Qual è stata la svolta?
«Dopo essere sceso in B, nel 2009 approdai a Matera dove ho giocato fino al 2013. Nel frattempo si era creato un legame sempre più forte con la città e dopo il ritiro mi fu offerto un ruolo dirigenziale ricoperto fino allo scorso anno. Oggi invece, oltre a lavorare per un centro fitness, sono direttore sportivo in serie C nel Basket Castellaneta, 30 chilometri da Matera: siamo primi e puntiamo alla promozione».
Dunque sono già 16 anni a Matera. Come li ha vissuti?
«Sembra ieri. Quando arrivai la prima volta sapevo a malapena che cosa fossero i “Sassi”
. Nel frattempo Matera stava crescendo di importanza come testimoniano la nomina dell’Unesco quale Patrimonio Mondiale dell’Umanità, seguita da quella a capitale europea della cultura nel 2019, con quanto ne consegue a livello culturale, economico e turistico».
Tutto ciò ha affievolito i legami con le radici?
«Appena posso torno a Poggio Mirteto dai genitori per le festività e le vacanze. Inoltre non manco di andare a trovare gli amici a Rieti, anche se è un po’ più complicato. Oggi però grazie ai social è possibile mantenersi in contatto più facilmente rispetto al passato».
Quanto sport c’è oggi nella vita di Grappasonni?
«Le mie figlie Gaia e Yara dopo il minibasket sono passate al volley: la prima gioca nell’under 18 e in D ad Altamura, vicino a Matera, ed è stata convocata varie volte nel Club Italia. Io nel frattempo ho disputato 4 campionati europei over 40 e 45 vincendo un oro, un argento e un bronzo e in estate disputerò il mondiale over 50 in Svizzera. Insomma, non mi sono fatto mancare niente».