Corriere della Sera, 21 marzo 2025
Intervista a Marcella Bella
Se sbatte il mignolo del piede contro il tavolo strilla in siciliano o in italiano?
«Ormai non parlo più in dialetto da anni, sa? Vivo a Milano da un secolo. Però qualche “Min...a” ogni tanto salta ancora fuori, se mi arrabbio». Marcella Bella dice sempre la verità. «Le bugie non le so raccontare, ora però non se ne approfitti».
Mike Bongiorno la scoprì ragazzina ma la spedì subito a un corso di dizione.
«Perché non pronunciavo bene la erre. Avevo 14 anni. Mi facevano ripetere “Trentatrè trentini entrarono a Trento”, terribile. Le O chiuse mi sono rimaste, ci sono affezionata».
All’inizio si faceva chiamare solo Marcella, perché Bella le pareva presuntuoso.
«Sembrava che mi dessi delle arie. A scuola poi mi prendevano in giro chiamandomi “Marcella brutta”. Quando è venuto fuori anche mio fratello Gianni ho recuperato il cognome».
Era triste lassù a Milano?
«Macché, io volevo avere successo, era una città da scoprire e le case discografiche erano lì. Alloggiavo in una pensione in Galleria del Corso, c’era pure Mino Reitano».
«Montagne verdi» e i suoi 20 anni.
«Sanremo 1972, l’unica dei giovani ad arrivare in finale. Ero una sconosciuta, il giorno dopo la cantavano tutti. Domenico Modugno mi fece tanti complimenti».
Il Bayern Monaco l’ha presa come nuovo inno.
«Mi è venuta la pelle d’oca a vedere tutta quella gente intonare la mia canzone in tedesco. Sono fiera che sia stata scelta da una grandissima squadra. Dopo più di 50 anni ha trovato nuova vita».
La chiamavano «Cespuglio», per via della cofana di capelli ricci.
«Un soprannome che mi faceva sorridere, segno che stavo diventando importante, come Mina “tigre di Cremona” o la Zanicchi “aquila di Ligonchio”».
Li ha mai voluti lisci?
«Quando cantavo Nell’aria li avevo stirati all’insù, tipo punk. Ai miei figli non piacevo: “Mamma come stai male”. Mi vogliono riccia».
A Sanremo 2025 è arrivata ultima ma non ci sforma.
«Che me ne importa? Mi mancava, mai arrivata così in nessuna classifica. E poi si sa che porta bene. Infatti impazzo su tutti i social, piaccio ai ragazzini e ai bambini».
Qualche altra volta invece in cui ci è rimasta male.
«In 56 anni di carriera ho avuto le mie delusioni, qualcuno mi ha trattato come non meritavo. O mi ha sparlato alle spalle. Io prendo fuoco facilmente – come hanno scritto Gianni e Mogol per Celentano – però poi mi passa e non porto rancore».
Con «Nell’aria» («La mia mente è chiara/ma a volte è più forte il sesso/La mia gatta è ancora lì, non parla ma dice sì») arrivò la Marcella sexy.
«Un bel salto da Montagne verdi, però avevo pure 30 anni, ero ormai una donna».
Non voleva cantarla: «È un testo porno», protestò.
«Mi convinse Mogol: “Non l’avrei scritta per un’altra, tu sei elegante e hai la faccia pulita. E poi vedrai che quando la canti il testo diventa leggero, non se ne accorgeranno”. In effetti nessuno mi chiese della gatta, il significato lo scoprirono molti anni dopo».
Altra sua hit è «Senza un briciolo di testa». Ha fatto mai qualcosa di sconsiderato, senza riflettere?
«Per amore mi buttavo a pesce. Mi innamoravo e perdevo la ragione».
Fumantina.
«Per la collera ho detto e fatto cose che non avrei dovuto. Dopo me ne pento».
Gelosa.
«Una volta ho sentito mio marito che parlava al telefono con una donna. “È il mio parrucchiere”, mentì. Mi salì il sangue alla testa e lanciai il biberon di mio figlio contro al muro. La parete con le macchie di latte e biscotti sembrava un quadro di Picasso».
Da ragazza ebbe un flirt con Red Canzian dei Pooh.
«Senza importanza, non era amore ma un calesse».
Julio Iglesias ci provò.
«Un playboy. Una sera a cena cominciò a farmi una corte spudorata. Sussurrò: “Marcelita, ma tu lo tienes un fidanzato?”. “Sì, è qui seduto accanto a me”».
Il suo Mario. Insieme dal 1979, sposati dal 1989.
«Il nostro rapporto lo viviamo come due fidanzati, non da marito e moglie. Ci punzecchiamo, facciamo gli stupidini, evitiamo la noia. Il gioco nella coppia è importantissimo».
Anche le ciabattine col tacco che dice di indossare già di prima mattina.
«Mi piace essere curata anche in casa, sempre bella e profumata. Lui apprezza. Se mi vede senza rossetto rosso si preoccupa: “Stai male?”».
Ma è vero che mette i tacchi altissimi pure per cucinare la parmigiana?
«Quelle sono le scemenze che ogni tanto rifilo ai giornalisti. Però diciamo che non è difficile vedermi così».
Ha avuto il primo figlio che non eravate sposati, lui aspettava il divorzio. Mina la chiamò per solidarietà.
«Ma no, eravamo amiche, in quel periodo giocavamo a carte insieme. Giacomo lo abbiamo voluto, non è capitato, erano già gli anni ’80 eh».
A un concerto a Napoli uno spettatore cercò di tirarle giù la gonna.
«Era sotto al palco, un ragazzino. Portavo una sottana lunga con l’elastico in vita, si era attaccato all’orlo e non lo mollava. Rischiavo di restare in mutande. Gli ho dato una microfonata sulle dita».
A «Ora o mai più» dichiarò che Valeria Rossi era stonata.
«Non ricordo. Stonate ce ne sono tante, ora ho imparato che non si dice».
Però si arrabbiò con Alba Parietti quando, in giuria a Sanremo 2007, le diede un 7 «perché sono sua amica».
«“Se lo sei davvero, mi dai un 10, anche un 20”. Alba sì scusò tanto, con lei è impossibile stare bisticciate, non sopporta i musi lunghi, non ti molla finché non fai pace, è un martello pneumatico».
A Sanremo ’86 litigò con Donatella Rettore.
«Eh, lei la racconta sbagliata. Mi prendeva in giro dicendo che portavo i tacchi alti perché ero bassa. Ripeteva che il festival non le piaceva. “Che ci sei venuta a fare?” sbottai. Vincenzo Mollica commentò: “Questo succede quando ci sono due primedonne”. “Io ne vedo solo una”, rispose Rettore. “E sono io”, aggiunsi. Ma questo lei se lo dimentica sempre. Oggi però mi vuole tanto bene».
Ha accusato di plagio Anna Tatangelo per la canzone «Bastardo».
«Le ho solo detto in modo materno: “Guarda che io ho cantato Uomo bastardo due anni fa, prima di te”. Ha finto di non saperlo, figurati».
Che caratterino.
«Dico quello che penso e l’ho pagata cara».
Con Loredana Bertè invece mai uno screzio.
«Siamo amiche senza fronzoli. Una delle prime persone che ho conosciuto, mi portava in giro per Milano, le sue battute romanesche mi facevano morire dal ridere».
Suo fratello Gianni.
«Per me è stato tutto, produttore e padre, senza di lui non so se avrei continuato. Quando si è ammalato volevo ritirarmi, mi ha convinto lui».
Non le può più parlare.
«E la sua voce mi manca. Senza di lui all’inizio mi sentivo sperduta. Ma Gianni c’è sempre, mi consiglia, ridiamo come due matti».
Canta: «Forte Tosta Indipendente/Pelle come diamante/Non mi fa male niente». È lei?
«Una parte di me c’è, mi sono fatta una corazza anch’io».
«Stro...a, forse».
«Certo, tutte le persone con carattere lo sono. Stro..a e fiera di esserlo, i piedi in testa non me li mette nessuno».
Gli uomini di solito non apprezzano le donne forti. Le sceme sono rassicuranti.
«Le donne fanno le sceme, però non lo sono affatto».