La Stampa, 21 marzo 2025
Sfottò e intimidazioni la campagna di Trump contro i reporter sgraditi
«Ho guardato Jacqui Heinrich della Fox questo weekend, la trovo assolutamente terribile. Dovrebbe lavorare per la Cnn e non per la Fox. Non a sorpresa, poi ho scoperto che è una fan della White House Correspondent Association». A scrivere, indicando nomi e cognomi, non è un leone da tastiera ignoto, bensì il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Mercoledì ha consegnato ai social il suo commento sulla corrispondente e conduttrice dei programmi della domenica della Fox News. Non si sa cosa abbia scatenato l’ira del presidente, ma qualche tempo fa la giornalista aveva manifestato la sua contrarietà alla decisione della Casa Bianca di estromettere dal giro delle rotazioni dei reporter che ogni giorno seguono il presidente, la Whca, ovvero l’organizzazione dei corrispondenti della Casa Bianca che ha 111 anni di vita. Leavitt ha comunicato che non sarà al gala dei corrispondenti della Casa Bianca a fine aprile. Ovviamente nemmeno Trump sarà nella tana del nemico.
Un “assalto” a quello che il mondo trumpiano definisce «media tradizionali di Washington». Nell’accezione di Trump quindi, liberal e pregiudizialmente contro di lui.
Non è la prima volta che il presidente prende di mira un reporter, e a giudicare dalla frequenza con cui posta o commenta – nello Studio Ovale o dall’Air Force One – il lavoro dei giornalisti non sarà nemmeno l’ultima. Sfottò, battute, alzate di spalle che sommate, però, creano un clima che rischia di mettere in soggezione i meno scafati. E non riguarda certamente tutti i media.
Il campus della Casa Bianca ha tanti volti (testate) nuove, un posto per i new media è garantito in sala stampa e nella rotazione delle domande non è difficile fare la conta di quelle che arrivano da giornali e tv più in sintonia con la visione di Donald.
Karoline Leavitt, portavoce 28enne, ricalca perfettamente l’approccio del presidente. I suoi briefing – 40/45 minuti, dinamici e tutt’altro che monocorde – sono comunque, ci racconta un veterano della sala stampa, tutti «improntati a spingere il messaggio e a vendere un prodotto, non certo a spiegare la policy dell’Amministrazione».
Ma i botta e risposta – con i reporter dei media tradizionali – cominciano a essere aspri. A Kaitlan Collins, star della Cnn con un programma in primetime, “The Source”, Leavitt ha risposto così a una domanda che riteneva scomoda: «Sei tu la reporter, scoprilo».
Collins è la giornalista che quasi due anni fa tenne a battesimo in un “town hall meeting” il ritorno di Donald Trump. “Good job, Kaitlan”, la salutò poi gigioneggiando il tycoon. Che ogni volta la incrocia in conferenza stampa le dà la parola. Nello Studio Ovale però il 13 febbraio, Donald, che stava firmando un decreto sulle tariffe, fu interrotto dalla reporter e reagì così: «Scusa, non ti abbiamo chiesto di parlare, per favore, ok?». Ancora la rimbrottò, «pessima domanda Kaitlan», in una conferenza stampa recente. Sono scene identiche a otto anni fa con qualche eccezione di qualità.
La Ap ha perso l’accesso allo Studio Ovale e all’Air Force One per il rifiuto di usare la dicitura Golfo d’America. Il reporter assegnato a seguire Trump a Mar-a-Lago non ha accesso al pool. Sta in disparte e ogni domenica mattina porta ai colleghi pasticcini e biscotti. Per capire il clima basterebbe rileggere la risposta che Leavitt ha dato la scorsa settimana al corrispondente della Ap che chiedeva dei dazi: «Metti in dubbio la mia conoscenza e quella del presidente, questo è offensivo. Mi pento di aver dato la domanda alla Ap»”.
Ma la Casa Bianca tira dritto, Donald ha vinto le elezioni parlando ai podcaster e ai canali social, per lui i media classici sono o corrotti o falliti e con un seguito sin residuale. Il podcaster Joe Rogan fa 12 milioni di utenti, la Cnn in primetime nemmeno 500 mila. «Esiste ancora il Time?» rispose a chi evidenziava che il celebre settimanale aveva fatto una copertina con Musk seduto al Resolute Desk nello Studio Ovale. «Per chi lavori tu? Sono Michael Birnbaum, Washington Post» il dialogo prima della lama di Donald: «Avete perso molta credibilità».