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 2025  marzo 21 Venerdì calendario

Lucio Corsi per tagliare corto dice «e via»

«E via». Quando Lucio Corsi vuole tagliare corto, forse perché si auto-annoia, lo fa con questo intercalare: «E via». Passiamo oltre: un’altra domanda, un’altra canzone.
Ieri colui che chiamano “rivelazione di Sanremo” che rivelazione non è, in quanto è un artista fatto e finito, non spuntato dal nulla, autentico, ha presentato l’album che porta il titolo del pezzo con cui è arrivato secondo all’Ariston e che lo poterà a Basilea all’Eurovision:
Volevo essere un duro.
Voleva essere ancora più duro? «No. Va bene così. Resto con i piedi per terra, mi focalizzo su quello che ho sempre fatto: la musica», spiega. L’album esce oggi, è il quarto in studio, ha nove pezzi, tutti scritti e composti da lui, Tommaso Ottomano, che ne hanno curato anche la produzione, insieme ad Antonio “Cuper” Cupertino. «Racconta la mia infanzia e la mia adolescenza, gli amori, l’amicizia», dice. È un capolavoro di poesia, scrittura, genio e anche ironia. Almeno due pezzi sono divertentissimi. «Ci sono personaggi veri e personaggi immaginari, ma alcuni non so se lo sono davvero». Non è importante. Let there be Rocko, la quinta traccia, è strepitosa: «Parla della scuola. Di questa figura meravigliosamente mostruosa di Rocco Giovannoni, figlio di spacciatori, bullo della scuola media». Situazione complicata è un pezzo d’amore che recita: «L’unico difetto che ha è suo marito / l’unico difetto che ha lui è che è mio amico».
Mescola fantasia, sogno, Ivan Graziani, Lucio Dalla. «Il racconto dei personaggi è una cosa che oggi si è un po’ persa da parte dei cantautori, ci si concentra più sui sentimenti e sugli stati d’animo», fa notare l’artista. Toscano, 31 anni, ora vive a Milano dove si è trasferito per fare musica, iniziando come cantante di strada. Vive in zona Niguarda. «È bello tornare in Maremma», ammette, «dove ci sono silenzio e buio veri, che in città non ci sono, dove c’è poca differenza tra la pace e la noia». Lucio ha fatto il liceo scientifico, sua mamma dipinge e la copertina del disco è una sua opera. Vive immerso nell’arte, cita Ligabue e Frigidaire, si vede anche in come si veste, tutta farina del suo sacco, niente stylist, è un mix incasinato di tante cose che però insieme si sposano bene. Perché c’è purezza. Così si racconta lui nella canzone che apre il disco: Tu sei il mattino: «Sono nato a mezzogiorno, tra le braccia di mia madre, con lo stesso nome di mio nonno, che non mi ha visto cantare». C’è il sapore degli anni Settanta in alcuni dei pezzi, di Bennato, Rino Gaetano, Fortis. Il re del rave «racconta di un ragazzino della mia gioventù, una figura che mi affascinava». Francis Delacroix narra invece un «personaggio folle, immaginario». La canzone è essa stessa folle, mescola Buddha, Cortina, Papa Giovanni Paolo II: c’è questo tizio della Beat Generation che si taglia un’arteria buttandosi sul tavolo e il giorno dopo va da Mara Venier. «Un pezzo talking blues, mi sono divertito molto a scriverlo, la lingua italiana è un viaggio». E si sente.
Quando Olly, vincitore di Sanremo, ha rinunciato all’Eurovision che spetta di diritto a chi arriva primo, Corsi non ci ha pensato due volte. «Ormai eravamo in ballo. Andrò con lo stesso spirito di Sanremo, senza fronzoli né fuochi d’artificio. Forse avrò in più una fisarmonica». Il successo non lo scuote, si sente saldo come gli alberi della sua Maremma. Risponde pacifico agli attacchi recenti per una canzone di dieci anni fa, Altalena Boy, che recitava: «L’hanno preso gli zingari / E l’han portato in un campo fuori Roma». Politicamente scorretto? «Si tratta di una voce di piazza. Le canzoni ci permettono di riprendere queste voci, una cosa che va fatta».
Il 10 aprile parte il tour, tutto esaurito, a cui seguirà Estate 2025: 25 nuove date – prodotte da Magellano Concerti – che vanno ad aggiungersi agli appuntamenti di “Ippodromi 2025” a Roma e Milano. «Siamo in sette, la stessa banda del liceo. Non vedo l’ora». E via.