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 2025  marzo 21 Venerdì calendario

L’uomo è sempre stato un cyborg, dice il filosofo Sini

Cosa succede se uno scienziato prestigioso è preoccupato per gli sviluppi dell’Intelligenza Artificiale e un filosofo di calibro è molto più cauto nell’immaginare esiti catastrofici per l’umanità? È un esercizio interessante mettere uno a fianco all’altro e confrontare due libri recenti: quello di Stuart Russell, professore di informatica a Berkeley, in California (Compatibile con l’uomo. Come impedire che l’IA controlli il mondo, Einaudi); e l’altro di Carlo Sini, allievo di Enzo Paci e professore emerito all’Università di Milano (Intelligenza artificiale e altri scritti, Jaca Book).
Per Russell l’IA rappresenta una novità assoluta, mentre per Sini è solo l’ultima tappa di una storia millenaria propria della nostra civiltà. L’ «IA superintelligente» verso cui ci avviamo, scrive Russell, è «l’evento più grosso» e, nello stesso tempo, «l’ultimo evento della storia umana». Per lo scienziato di origine inglese la possibilità di creare macchine che si autoregolino ed eseguano obiettivi senza valutare le conseguenze per l’uomo è ormai alle porte, anzi è forse già qui fra noi.
Per Sini, al contrario, vale la massima del Qohélet: Nihil novum sub sole.
Il rischio di soccombere alla potenza di nuove macchine, perdendone il controllo, è qualcosa che ha accompagnato da sempre l’umanità e che ora si pone ad un livello diverso. Ne siamo sempre usciti vincitori, perché questa volta dovrebbe essere diversamente?
Più radicalmente, Sini contesta il “realismo ingenuo” di molti scienziati che li porta a travisare la realtà. Chi è l’uomo? Non è forse da sempre un cyborg perché non può essere concepito senza gli strumenti che usa, a cominciare dal linguaggio e dalla sua trasposizione in quei segnali orientativi e approssimativi che sono le parole? Siamo sicuri che esiste un’entità a sé chiamata “intelligenza” e che essa possa semplicemente essere aggiunta alle macchine, un po’ come il cacio sui maccheroni come direbbero a Roma? Ogni tecnica umana ha in sé opportunità e pericoli per l’uomo e l’IA non si sottrae a questo destino. In un orizzonte di senso molto più catastrofista, anche Russell, nell’ultima parte del suo libro, individua una possibile exit strategy da un futuro distopico in cui gli uomini saranno ridotti a servi delle macchine da loro stessi create. Ma la sua soluzione è tutta interna allo strumento. Per lui bisogna fare in modo che le macchine intoiettino i limiti etici che sono propri dell’uomo e agiscano con cautela! Chi decide poi quali siano i principi etici non negoziabili? Per caso le macchine stesse attingendo dall’enorme mole di dati contenuti in rete, che spesso rispondono ai principi dell’eticamente corretto e della cultura woke? Principi che, fra l’altro, se avessero la meglio, creerebbero un universo altrettanto distopico di quello immaginato da Russell stesso. Sini ha perciò buon gioco a osservare che non esiste un bene in astratto, e quindi “valori etici fondamentali”, ma solo la volontà buona dell’uomo che agisce e decide. Anche il problema delle cosiddette fake news che pure tanto preoccupano Russell, sono considerate da Sini un non problema: cosa c’è di diverso, in esse, dalla normale maldicenza che ha sempre accompagnato i discorsi umani? La prospettiva di Russell è quella regolistica senza se e senza ma, cioè quella che è propria del mainstream progressista globale. Per lui alla politica tocca elaborare “regole per governare la natura delle interazioni” delle macchine “con gli esseri umani, per vietare modelli, per esempio, che manipolino regolarmente le preferenze o producano dipendenze”.
Nonostante la profonda diversità degli approcci di Russell e Sini, un punto accomuna le loro visioni: l’IA può essere usata a fin di bene o a fin di male. In verità per la grande filosofia del Novecento, da Heidegger a Severino per intenderci, ragionare per mezzi e fini, usi “buoni” e usi “cattivi”, è qualcosa di non confacente alla radicalità che deve avere il pensiero speculativo sulla Tecnica. Per Heidegger, ad esempio, “solo un dio potrà salvarci”. Ma forse qui stiamo ad un livello ultimo, mente l’orizzonte dei problemi che l’IA crea si colloca nell’orizzonte delle cose penultime.