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 2025  marzo 21 Venerdì calendario

L’autobiografia di Asimov

È dalla lettura di Isaac Asimov che Elon Musk ha preso la sua ossessione per portare l’uomo nello Spazio. Sicuramente uno dei più grandi scrittori di fantascienza del XX secolo, è un po’ il Jules Verne del XX secolo: erede di quella fiducia nel futuro umano grazie alla scienza di cui era stato fautore il grande creatore del genere. Sono invece autori come Ray Bradbury o Philip Dick, cui Mondadori ha appena dedicato un Meridiano, i continuatori di quel secondo filone lanciato invece da Herbert George Wells, e che dello sviluppo di scienza e tecnologia sottolineano invece soprattutto i pericoli. Eppure, il grande fautore del progresso aveva una paura patologica di volare, e fece fino all’ultimo resistenza all’avanzare della videoscrittura, per rimanere il più possibile legato alla sua amata macchina da scrivere!
È lui stesso a raccontarlo in Io, Asimov: monumentale autobiografia (720 pagina, 34 euro) che Il Saggiatore ha da poco pubblicato in italiano, a trent’anni di distanza dalla sua uscita in inglese. Va detto che in queste pagine Asimov insiste molto nel descrivere un profilo ideologico che è agli antipodi rispetto a quello del creatore del Doge: non solo liberal, ma addirittura socialdemocratico; e poi, ebreo russo arrivato negli Usa a due anni, orgogliosamente ateo, e critico di Israele. Secondo il suo biografo Walter Isaacson, però, Musk prima di diventare quel che diventò passò per una crisi esistenziale che superò leggendo il Ciclo dei Robot di Isaac Asimov. Serie in cui si spiega come i robot, disciplinati da specifiche leggi, a un certo punto iniziano ad acquisire sensibilità e identità di tipo umano, e per questo vengono alla fine esclusi dalla civiltà, man mano che l’umanità si espande nello Spazio.
Ma poi lo stesso Musk ha detto che per dargli la spinta a lanciare SpaceX era stato un altro ciclo di Asimov: quello della Fondazione, di recente trasposto in tv. Ispirato alla Storia della decadenza e caduta dell’Impero romano di Edward Gibbon, tratteggia un futuro Impero Galattico, la cui decadenza cerca di combattere il progetto di Hari Seldon: creatore di una scienza della Psicostoriografia in grado di prevedere il futuro a colpi di equazioni.
In realtà, Asimov poi scrisse apposta alcuni romanzi per legare i due universi narrativi in una saga unica. Ma sono oltre 500 i titoli da lui firmati: non solo fantascienza ma fantasy, gialli, divulgazione scientifica e storica. Tra questi il racconto Notturno, su un pianeta dove calano le tenebre solo una volta ogni duemila anni. Scritto quando aveva solo 21 anni, è stato spesso votato miglior storia di fantascienza di tutti i tempi.
Una prolificità testimoniata anche da queste 720 pagine, e che però riusciva a non annoiare. Merito di uno stile che evitava volutamente slanci letterari, e ricco di umorismo. Ma proprio questa autobiografia ci racconta anche di un progressista però allergico al fisco e alle sue burocrazie. Racconta ad esempio di quando gli chiesero che avrebbe fatto avendo a disposizione un miliardo di dollari. «Entrerei negli uffici dell’agenzia delle Entrate e direi: “Ho appena guadagnato un miliardo di dollari. Eccolo, fino all’ultimo centesimo. È per lo zio Sam. Adesso, per favore, non cercatemi più per il resto della mia vita”».
Figlio di due immigrati in difficoltà con l’inglese e sopravvissuto alla grande crisi grazie a un negozio di dolciumi che doveva gestire tutta la famiglia, Asimov narra di una infanzia e adolescenza in cui non aveva il tempo per giocare a baseball o andare a ballare, ma in compenso poteva leggere vorticosamente libri di tutti i tipi. Primo della classe senza fatica, ma poi con problemi all’università e quando cercò di fare il chimico, proprio perché aveva interessi troppo vasti per fermarsi su un approccio da specialista, trovò però la sua quadra quando alla passione per leggere ci affiancò quella di scrivere, e iniziò a guadagnarci. «Isaac era autenticamente orgoglioso e felice dei suoi traguardi», ha raccontato la amatissima seconda moglie Janet. «Dopo la sua morte, trovai un pezzo di carta sul quale aveva scritto a inchiostro (forse dopo la prima volta che si era ammalato): “Nel corso di quarant’anni, ho venduto un pezzo ogni dieci giorni in media. Nel corso dei successivi vent’anni, ho venduto un pezzo ogni sei giorni in media. Nel corso di quarant’anni, ho pubblicato una media di mille parole al giorno. Nel corso dei successivi vent’anni, ho pubblicato una media di 1.700 parole al giorno”. Scrivere ciò che voleva è stata una gioia per lui, che l’ha aiutato a rilassarsi e dimenticare i suoi guai».