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 2025  marzo 20 Giovedì calendario

Strage di Paderno Dugnano, la perizia su Riccardo C. : «Parzialmente incapace di intendere e volere, si rifugiava nella fantasia»

Voleva «l’immortalità», da raggiungere solo liberandosi dei propri affetti. Nel momento in cui ha infierito a coltellate su madre, padre e fratello di 12 anni, le sue capacità di intendere e volere erano parzialmente scemate, sospese tra «realtà e fantasia». In questo senso ha concluso la perizia psichiatrica disposta dalla gip per i minorenni di Milano Laura Margherita Pietrasanta, ed eseguita da Franco Martelli su Riccardo C., 18 anni, il ragazzo che il primo settembre scorso, ancora minorenne, ha sterminato la famiglia in una villetta di Paderno Dugnano (Milano).
Una conclusione, quella nel senso del vizio parziale di mente, che potrebbe indirizzare l’esito del processo nel quale il 18enne, difeso dall’avvocato Amedeo Rizza, verrà giudicato con l’abbreviato, portando probabilmente a una riduzione di pena.
Una consulenza sul suo stato di salute mentale prodotta dalla difesa ha accertato invece un’incapacità totale. Nei confronti del ragazzo, il tribunale aveva disposto il giudizio immediato, ma il suo legale, l’avvocato Amedeo Rizza, aveva scelto il giudizio con il rito alternativo. Stando agli accertamenti dello psichiatra Martelli, Riccardo C.  che nella notte tra il 31 agosto e il primo settembre uccise con 108 coltellate i familiari, aveva il suo spazio di libertà limitato, ossia una capacità di intendere ridotta, così come era ridotta la sua capacità di volere al momento del fatto. Voleva rifugiarsi nel suo mondo fantastico della immortalità e per raggiungerlo nella sua mente era convinto di doversi liberare di tutti gli affetti. Viveva tra realtà e fantasia, quest’ultima non intesa come delirio, ma come rifugio. Lo ha accertato, da quanto si è saputo, il perito psichiatra Franco Martelli.
«Volevo proprio cancellare tutta la mia vita di prima», aveva messo a verbale il ragazzo, parlando di un suo «malessere» che durava da tempo, ma che si era acuito soprattutto in estate, e dicendo di sentirsi «estraneo» rispetto al mondo. «Volevo essere immortale, uccidendoli avrei potuto vivere in modo libero», aveva detto ancora, cercando di spiegare una strage senza un movente.
Nelle relazioni degli psicologi che si sono occupati di lui, allegate agli atti delle indagini, si era messo in luce che il ragazzo aveva parlato di un «clima competitivo» che c’era in famiglia, ma anche nello sport e più in generale in tutta la società. Un «clima relazionale – si legge – percepito come critico e competitivo». Le ultime sue vacanze estive, con familiari ed amici, le ha descritte come «serene», o almeno così aveva raccontato. In famiglia, ha spiegato ancora nei colloqui, «se c’era il pretesto di litigare, io cercavo di non farlo».
All’apparenza, dunque, non aveva un motivo per sterminare la famiglia. «È stata la sera della festa che ho pensato di farlo», ha riferito davanti alla giudice che lo aveva interrogato dopo l’arresto. Il perito ha accertato che nel momento della strage la sua capacità era parzialmente scemata, perché viveva pensando di rifugiarsi in un mondo fantastico e per farlo doveva liberarsi della realtà, compresa la sua famiglia.
«Pur non entrando nel merito delle relazioni, che sarà valutato nelle opportune sedi, è stato accertato che il malessere di cui parlava Riccardo ha trovato conferma nella perizia e nella consulenza». Lo ha spiegato l’avvocato Amedeo Rizza. Una consulenza difensiva, invece, il vizio totale di mente. I nonni, così come gli altri familiari, sono sempre rimasti vicini al ragazzo dopo quello che era successo.