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 2025  marzo 20 Giovedì calendario

Nell’Ucraina senza reclute arrivano i detenuti: “Ci addestriamo per salvare il nostro Paese”

Il ricordo più nitido che Mykyta ha della guerra è l’attacco subito da uno dei suoi più cari amici, Vania Petrenko. Avevano vissuto fianco a fianco per mesi, poi la brigata d’assalto a cui era stato destinato e di cui era comandante è stata attaccata dall’artiglieria russa a Toresk.
Mykyta in quel momento era di stanza a Klishchiivka e quando ha ricevuto la notizia della morte del suo amico, non ha potuto lasciare le sue posizioni per dargli l’ultimo saluto.
Erano insieme il giorno che, usciti dalla fabbrica per cui lavoravano a Dnipro, si sono andati a iscrivere alle liste di reclutamento. L’invasione era iniziata da pochi giorni e Mykyta e Vania, entrambi venticinquenni, non avevano dubbi: avrebbero lasciato la fabbrica per il fronte.
Poi l’addestramento li ha divisi. Mikyta è stato un anno e mezzo nella fanteria e nei gruppi meccanizzati fino ad arrivare alla 93esima.
«Avevamo entrambi capito subito che sarebbe durata a lungo e quando è stato possibile, quando ci hanno detto che saremmo stati spostati, io ho deciso di entrare nella Brigata 93, perché era dislocata sulla linea di combattimento nella zona della mia infanzia». Cioè il Donbass.
La famiglia di Mykyta è originaria di lì, per loro la guerra è iniziata nel 2014 e come migliaia di altri hanno dovuto lasciare la casa in cui vivevano e sfollare altrove. Oggi Mykyta è comandante dell’unità dei droni FPV della 93esima brigata e a turno si occupa di addestrare i detenuti liberati dalle carceri ucraine per andare al fronte.
Sono passati tre anni dalle code per iscriversi al reclutamento che hanno portato Mykyta e il suo defunto amico Vania al fronte. Oggi, il tema del reclutamento, è un taboo.
A dicembre, chiamato a dare conto sulla cifra dei soldati morti e feriti negli ultimi tre anni, il presidente Volodymyr Zelenskyy aveva parlato di 43 mila soldati uccisi e 370 mila feriti.
Secondo le stime degli analisti, tuttavia, i soldati uccisi sarebbero almeno 70 mila, cui vanno aggiunti circa 30 mila dispersi. A spingere Zelensky a rendere pubbliche queste cifre, pochi mesi fa, erano state le stime che aveva diffuso Donald Trump affermando che l’Ucraina avesse perso «in modo ridicolo 400 mila soldati».
Numeri lontani dalla realtà, quelli del presidente statunitense Trump, quello che è vicino alla realtà, invece, è che gli uomini ucraini ormai la guerra l’hanno vista da vicino. Qualcuno non la teme, qualcuno ne è terrorizzato. Per alcuni è necessità, per altri è la caduta delle illusioni. Quale che sia la ragione della crisi del reclutamento, le lacune nei ranghi dell’esercito sono così significative che il governo la scorsa estate ha approvato un decreto prima e una legge poi, che consente ai detenuti di fare richiesta di commutare il resto della pena nella leva.
Un’amnistia che esclude i detenuti per reati molto gravi, gli stupratori e gli assassini e i condannati per reati contro la sicurezza nazionale non possono usufruire della legge.
Il governo è stato a lungo riluttante, poi le perdite e la mancanza di uomini nelle forze armate si sono fatte così importanti che ha dovuto cedere. La legge prevede che le condanne vengano cancellate dopo un anno, e che i detenuti continueranno a combattere finché sarà necessario.
Se i prigionieri disertano, ricevono altri cinque o dieci anni di carcere, oltre alle loro condanne originali. A oggi sono circa 7 mila gli ex prigionieri liberati dalle celle delle carceri ucraine in una pratica che evoca gli aspetti più cinici della condotta militare dell’esercito russo.
La Russia ha iniziato il reclutamento tra i prigionieri nel 2022, portando i numeri degli ex detenuti portati al fronte a 100.000 persone. Molti all’inizio si erano uniti al gruppo Wagner, e al suo capo Yevgeny Prigozhin, dichiarato morto lo scorso anno quando il suo aereo si è schiantato dopo la fallita rivolta contro l’ex ministro della difesa Sergei Shoigu.
Molti dei detenuti arruolati in Russia sono stati spediti come carne da macello nelle prime linee, migliaia di loro sono morti nella battaglia di Bakhmut.
Uomini come numeri, spediti direttamente nelle brigate d’assalto. Pronti a essere sostituiti da altri numeri. Soldati a cui vengono assegnate le missioni più pericolose, per proteggere le vite degli altri.
Ma sulla possibile analogia con la condotta russa, i capi delle unità e lo stesso Ministro della Difesa ucraino, si sono affrettati a dare spiegazioni e prendere le distanze.
Intervistato sul punto, il Ministro della Difesa ucraino Denis Maliunska ha detto: «Certo, c’è un parallelo, ma è comunque una questione di approcci diversi, da noi gli ex detenuti sono addestrati e la loro vita trattata con lo stesso valore delle altre».
Il Ministero della Difesa dice che l’arruolamento volontario è ancora elevato in Ucraina, ma che è semplicemente insufficiente per competere con il vantaggio demografico e le tattiche di reclutamento a sangue freddo della Russia, che ha una popolazione tre volte e mezzo quella dell’Ucraina e il suo personale militare in servizio attivo ammonta a circa un milione e mezzo di unità, rispetto ai circa 900.000 dell’Ucraina (anche se le stime variano).
L’unità Alcatraz
Un mese e mezzo fa quaranta ex detenuti sono arrivati nella base della 93esima Brigata. Sono usciti dalla colonia penale in fila e sono stati condotti in un campo militare.
È tra Druzkivka e Kramatorsk che oggi addestrano a sparare e a maneggiare i droni. I soldati della 93esima, li hanno chiamati “l’unità Alcatraz”. La maggior parte di loro sembra galvanizzata dall’esperienza nell’esercito. Non tanto e non solo perché iscriversi alle liste dei volontari ha garantito che uscissero dalle celle, quanto perché – a loro dire – si sentono «utili per il Paese».
È la risposta più comune tra i ranghi, ancora disordinati, dei nuovi soldati.
I loro volti sono tutti segnati dall’esperienza della prigione, sono visi consumati, rudi. Alcuni di loro restano in disparte, maneggiano le armi con reticenza. Quando gli istruttori spiegano loro l’importanza di imparare a montare e smontare le armi anche a occhi chiusi, meccanicamente, le guardano come corpi estranei. Sui loro, di volti, la durezza generata dalle celle delle prigioni, diventa timore.
Lo stesso, probabilmente, provato dai tanti che da quando è iniziata l’invasione su larga scala, si sono precipitati al fronte per proteggere i confini del Paese, e sono precipitati in una battaglia feroce, che avevano visto fino ad allora, solo nei film.
Ai detenuti viene insegnato a usare armi automatiche e mitragliatrici. Ricevono lezioni su come riconoscere mine e trappole esplosive e come piazzarle.
Si danno il turno per sparare, due alla volta. La sagoma è a poche decine di metri di distanza. L’istruttore li addestra a sparare in piedi, in ginocchio, poi sdraiati, poi nascosti dietro gli alberi.
Fino a che dietro gli alberi, in mezzo ai boschi, devono nascondersi davvero. Dal cielo si sente il rumore di un drone, i soldati della 93esima brigata chiedono alle nuove reclute di disperdersi velocemente, accucciarsi e nascondersi. Non è la prima volta che i russi colpiscono i centri di addestramento. È così che gli ex detenuti diventati reclute mettono a frutto i primi insegnamenti, strisciando in mezzo agli alberi, finché il rumore del drone si dissolve in lontananza, e tornano verso la posizione di tiro due alla volta, per tornare a sparare alle sagome.
Quando ascolta la retorica e gli inganni delle dichiarazioni politiche, Mykyta tende a cambiare stazione radio o canale televisivo.
«La guerra la capisce chi la fa, e dico solo una cosa: questo nemico è un nemico antico e più volte ha tradito le promesse fatte. Sfruttano il tempo per accumulare le forze, tutto qui».
Se avesse di fronte chi negozia, direbbe solo: se promettiamo qualcosa, noi ucraini lo portiamo a compimento. Ma «con questo nemico che ha più volte disatteso le promesse, purtroppo non è possibile mettersi d’accordo. Vogliono solo potenziare le forze per attaccarci essendo ancora più forti».
Il suo futuro non lo immagina. Di una cosa però è certo: «Se la Russia ottiene quel che vuole, e lo sta ottenendo, ogni soldato che vive in Ucraina, dovrà scappare con le famiglie, con tutta la famiglia allargata: nonni e nonne, tutti. Perché per noi sarà una condanna a morte».