lastampa.it, 20 marzo 2025
Fuga dei leghisti veneti verso FdI e Forza Italia: “Vannacci vice segretario? Neanche per sogno”
Sono settimane di passione per la Lega di Salvini. L’inner circle del Capitano è concentratissimo sulla preparazione del congresso federale che si terrà a Firenze i prossimi 5 e 6 aprile. Ma la convocazione ancora non c’è. Il fermento, però, è palpabile. Soprattutto tra i militanti della Liga veneta delusi dalla linea trumpiana e sovranista del leader, ma anche poco attenta alle istanze venete in vista delle regionali, e che sembrano aver trovato un nuovo scalo sicuro: la rotta verso FdI e FI.
A palazzo Ferro Fini, a Venezia, sede della Regione – casa di Luca Zaia, per intenderci – mentre si ipotizzano le date per le prossime elezioni (quelle papabili potrebbero essere il 9 e il 10 novembre) si fa la conta dei transfughi verso gli alleati. Le rimostranze verso la segreteria nazionale sono le solite: la Liga veneta da anni si lamenta dell’evoluzione “centralista” e dell’apparente disinteresse per le specificità regionali. Da quelle parti hanno mal digerito anche la scelta del capoluogo toscano per il tanto atteso congresso federale.
Secondo i critici, la trasformazione in “ateneo nazionalista” del partito ha lasciato i fedelissimi della tradizione senza una bussola politica: insomma, da “sindacato del Nord”, come ricordano i leghisti della prima ora, a partito sovranista “fabbrica di slogan nazionali” dove la voce delle istanze locali viene soffocata. Tutto ciò sarebbe già abbastanza senza i malumori per l’ipotesi, sempre più concreta e non smentita dai diretti interessati, di una mossa da parte di Salvini per modificare lo statuto del partito e, in sede congressuale, proporre come quarto vice segretario (al momento sono tre: Andrea Crippa, Claudio Durigon e Alberto Stefani) il generale eurodeputato Roberto Vannacci. «Non ci voglio neanche pensare», dice qualche leghista veneto interpellato sul punto. Ma è chiaro che il malumore c’è eccome. La candidatura a Strasburgo di Vannacci era stata criticata da molti, soprattutto al Nord, dove la spinta autonomista è sentita. Il generale è sempre stato percepito come un corpo estraneo. Qualcuno, mesi fa, gli aveva rimproverato di utilizzare la Lega “come un taxi” per l’Eurocamera senza mai aver preso la tessera del partito.
E insomma, tra i veneti si pensa sul serio alla fuga dalla Lega: verso FdI potrebbero dirigersi il veronese Marco Andreoli ma anche la trevigiana Silvia Rizzotto (che ha commentato criticamente la sua «estromissione» dalle possibili candidature regionali spiegando che è «interessante apprendere dai quotidiani di poter essere esclusi da qualcosa alla quale non si è chiesto di partecipare») e un altro veronese, Tomas Piccinini. Verso Forza Italia, complice il paziente lavoro di tessitura dell’ex sindaco di Verona Flavio Tosi, potrebbe andare il consigliere regionale Enrico Corsi, dopo gli addii al Carroccio di Fabrizio Boron e l’ex parlamentare Paolo Paternoster.
Intanto, dopo l’iniziativa del Comitato Nord fondato insieme all’ex eurodeputato leghista Angelo Ciocca, a sparigliare un po’ le carte c’è il movimento di Paolo Grimoldi (espulso dalla Lega dopo aver detto che Bossi aveva votato per Forza Italia): “Patto per il Nord”. Grimoldi e il suo seguito, presentati come fautori di una politica che “rispetta le peculiarità locali e regionali”, provano a offrire un’alternativa a chi si sente tradito dalla politica centralizzata di Salvini. Il loro messaggio si fa largo in quelle voci stanche di continui “cambi di rotta” e di una retorica che, a dispetto di tanto clamore, appare sempre meno vicina alle esigenze dei territori. Si parla ancora di qualche migliaio di iscritti ma in Lombardia si fa già un gran parlare di quello che sarà.