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 2025  marzo 20 Giovedì calendario

Meloni a cena con i suoi a Bruxelles tra roastbeef e acqua: «Ventotene? Li abbiamo fatti impazzire»

«Ventotene? Avete visto le reazioni scomposte? Secondo me quel manifesto non lo hanno letto neanche loro». Calici in su. Uno resta vuoto. «Ho fatto un fioretto di Pasqua...». Giorgia Meloni è a tavola con i suoi. Beve acqua. Al suo fianco una trentina di eurodeputati brindano e ridono in una saletta privata del The Hotel, all’ultimo piano del grattacielo dove spesso fa capolino Volodymyr Zelensky. «Ma vi sembra normale?». Tra un piatto di roastbeef e di tagliata innaffiati dal vino la pattuglia dei “Fratelli” d’Europa sorride del putiferio scoppiato in Parlamento, la mattina. «Ho toccato un nervo scoperto della sinistra» confida la leader ai suoi. Un sorriso le solca il volto. Aveva il «colpo in canna» da giorni, spiega, da quando a Piazza del Popolo hanno distribuito i manifesti di Spinelli e nel quartier generale di FdI a via della Scrofa è partita la controffensiva. Giù a sfogliare carte, blog, sottolineare passaggi.
Di qui il colpo di scena, accolto a suo dire da «reazioni isteriche» per un documento «che ho solo letto e forse invece loro non lo hanno fatto». Si è divertita. Ci ride su in serata. «Li abbiamo fatti impazzire..».
Carlo Fidanza, capodelegazione di FdI a Bruxelles, si alza e chiama un brindisi per la timoniera del partito. «Grazie di essere qui». Gliel’hanno chiesto per mesi. E per mesi è stato impossibile. Finché ieri il blitz è riuscito. Uno ad uno sono saliti sul pullman del Parlamento europeo, gli euro-onorevoli di FdI, modalità gita fuori porta. Lei li ha aspettati su, in cima al grattacielo. Si concede a un breve discorso. Un brindisi formale, sobrio, ché il fioretto incombe. Parla tre minuti Meloni e riavvolge la pellicola. «Siamo rimasti compatti» dice ai suoi ripercorrendo questi otto mesi di legislatura Ue sull’altalena. E quei giorni di passione fra Roma e Bruxelles, quando solo all’ultimo ha dato ordine alla pattuglia nell’emiciclo: «Voteremo no al bis di Ursula von der Leyen».
A confronto dei continui sali-scendi della maggioranza in Parlamento a Roma, gli alleati che puntano i piedi, le nottate a scrivere una risoluzione sull’Ucraina che vada bene a tutti, la vita qui all’Eurocamera sembra una passeggiata. Per ora. Anche se non sono settimane facili. Altroché. Quando Meloni si siede a tavola con i suoi – al fianco c’è il ministro agli Affari europei Tommaso Foti – a Roma è scoppiato un caso Lega. Il Carroccio la sfida sul riarmo di Ursula: «Non ha mandato per votarlo» avvisa il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari. Una telefonata con Salvini nel pomeriggio serve a sminare il terreno, dopo le tensioni. Ma quell’ultimatum resta. «Mandato? Ma non serve nessun mandato, perché in Consiglio europeo non si vota ancora alcun riarmo» dice la premier agli eurodeputati irritati dell’ennesima invasione di campo leghista. «Salvini ha il Congresso del partito il 5...» ragiona Meloni consapevole che fino al redde rationem del segretario leghista con le minoranze interne bisognerà mettere in conto altre uscite fuori dalle righe