Avvenire, 20 marzo 2025
A sorpresa il Congo e il Ruanda si parlano
Invece d’incontrarsi a Luanda, in Angola, il presidente della Repubblica democratica del Congo Felix Tshisekedi e il suo omologo ruandese Paul Kagame hanno pensato di farlo in Qatar. È avvenuto martedì scorso per quelli che sono stati i loro primi colloqui diretti da quando i ribelli filoruandesi dell’M23 hanno scatenato nel gennaio scorso un’offensiva in grande scala nel settore orientale del Congo che ha portato alla conquista delle due principali città delle province congolesi del Nord e Sud Kivu, rispettivamente Goma e Bukavu. È ormai evidente che le petromonarchie del Golfo si stanno imponendo come mediatrici nella risoluzione dei conflitti tra Oriente e Occidente; poco importa che si tratti di Gedda o Doha. Questa volta il faccia a faccia è stato mediato dall’emiro qatarino Sheikh Tamim bin Hamad al-Thani, con l’intento dichiarato di evitare l’escalation del conflitto. Il governo di Kinshasa accusa Kigali di aver inviato truppe ben equipaggiate per supportare i ribelli, la cui offensiva ha fatto precipitare l’ex Zaire nel suo peggior conflitto regionale da decenni.
L’esecutivo ruandese ha di fatto ammesso d’essere intervenuto militarmente in Congo, spiegando che le sue forze stanno agendo per autodifesa contro l’esercito e le milizie ostili a Kigali.
I Paesi confinanti, in queste settimane, hanno fatto di tutto per ottenere un cessate il fuoco. Ma proprio quando sembrava essere giunto il momento opportuno per riunire attorno al tavolo i rappresentanti del governo congolese e i vertici dell’ M23 in Angola, lunedì sera questi ultimi, improvvisamente, hanno declinato l’invito forti delle posizioni acquisite sul terreno dopo dicono – essere stati «ignorati per anni da Kinshasa –.. Sta di fatto che a Doha, martedì, al termine del vertice, le parti in lotta hanno ribadito in una dichiarazione congiunta l’impegno «a un cessate il fuoco immediato e incondizionato».
Viene spontaneo domandarsi come mai tutti gli sforzi profusi dalla diplomazia africana in questi due mesi di guerra siano stati, per così dire, messi da parte per dare invece la possibilità al Qatar di ospitare il negoziato. Fonti ufficiose a Doha hanno affermato che «l’incontro di martedì è stato informale», precisando che la volontà degli organizzatori «non intendeva sostituire gli sforzi esistenti».
Sarà anche vero visto e considerato che il Qatar ha alle spalle una notevole esperienza avendo agito da mediatore in numerosi conflitti, più di recente collaborando per raggiungere la tregua a Gaza poi naufragata. Ciò non toglie che sia legittimo porsi qualche domanda, considerando che dietro le quinte si celano opposti interessi, legati allo sfruttamento delle risorse minerarie congo-lesi, delle due superpotenze: Cina e Stati Uniti. Se da una parte è vero che in forza degli stretti legami tra Qatar e Ruanda, Kagame avrebbe avuto difficoltà a rifiutare un invito al faccia a faccia con il suo antagonista; dall’altra è altrettanto plausibile che Tshisekedi, come indicano fonti ufficiose congolesi, sarebbe stato caldamente invitato a partecipare all’incontro in Qatar dal Dipartimento di stato americano.
Ed è proprio questa la nota dolens. Nel 2002, gli Stati membri dell’Unione Africana avevano istituito l’Architettura africana di pace e di sicurezza quale risposta strutturale a lungo termine ai problemi che affliggono il continente africano in termini di pace e sicurezza. Purtroppo, questo non sta avvenendo perché a dettare le regole del gioco sono i grandi player internazionali. Con il solito copione anche in Congo: quello della guerra per procura.