corriere.it, 19 marzo 2025
I dazi sono un’arma politica, reagire non è rappresaglia
Giorgia Meloni ritiene che non sia opportuno rispondere ai dazi americani con misure analoghe. Sarebbe un’inutile rappresaglia. Non è l’unica a pensarla così in uno sforzo di appeasament con l’amministrazione americana che sente più vicina a lei di quanto non lo siano i burocrati di Bruxelles. Il linguaggio bellico si è ormai impadronito del dibattito quotidiano. In tutto. C’è stato un riarmo delle parole, purtroppo. E tendiamo a dividerci tra bellicisti e pacifisti anche su misure che fanno parte della storia lunghissima del protezionismo economico. I dazi americani sono, per ora, limitati all’acciaio e all’alluminio. Poi da aprile si vedrà come e quanto incideranno sulle esportazioni europee e, in particolare italiane, verso gli Stati Uniti.
Hanno, per ora, una natura più politica che economica. Sono un’arma posta sul tavolo di un negoziato che spesso per Trump ha finalità diverse (controllo dell’immigrazione e del traffico di Fentanyl per esempio). Una guerra commerciale si potrà forse evitare se sarà chiaro, nel minor tempo possibile, che i vantaggi per chi mette i dazi sono largamente inferiori ai danni. I vantaggi sono immediati e di natura politica. Si mantiene una promessa elettorale, si premiano alcune categorie.
I danni sono per tutti (più inflazione e meno crescita) ma a rilascio più lento. Per l’Unione europea (che comunque i dazi li mette su molte importazioni, ma nell’ambito degli accordi previsti dall’Organizzazione mondiale del commercio) non reagire sarebbe come ammettere di avere torto, di essere stata un competitore sleale. E, in più, i governi dell’Unione sopporterebbero un costo politico nel non difendere i settori colpiti dalle misure americane (meno export, meno produzione, meno occupazione). I contro dazi diventano così non una rappresaglia, bensì un’amara necessità. L’idea di penalizzare le produzioni di stati americani a guida repubblicana è politicamente astuta. Sandro Pertini, usava dire «a brigante, brigante e mezzo». Ma siamo veramente ridotti a questo? Speriamo di no.